Il volume, giunto alla sua VII edizione, si rivolge a quanti devono affrontare l’esame di Storia contemporanea, offrendo un quadro completo e aggiornato del periodo che va dal Congresso di Vienna (1814-1815) ai primi decenni del XXI secolo, soffermandosi sugli eventi e sui protagonisti che hanno maggiormente caratterizzato questo lungo processo storico attraverso un’esposizione organica dei temi affrontati.
In linea con gli orientamenti più avanzati della ricerca storica, il testo non solo propone un’ampia panoramica degli avvenimenti politici e militari, ma approfondisce anche la loro dimensione culturale, religiosa, economica e sociale, cercando di cogliere l’identità delle varie società analizzate. Lo scopo non è solo quello di agevolare l’acquisizione di una preparazione completa sulla materia in oggetto, ma anche di fornire strumenti e spunti per comprendere la realtà attuale e molte delle tematiche affrontate quotidianamente dai mezzi di comunicazione.
La trattazione, condotta con linguaggio sobrio ed essenziale, utile per una facile e rapida assimilazione dei contenuti, si avvale anche di molteplici supporti didattici (piste di lettura, schede di approfondimento, analisi storiografiche, tavole cronologiche alla fine di ciascun capitolo), di cui il lettore potrà avvalersi sia per fissare meglio le coordinate spazio-temporali degli avvenimenti descritti, sia per ampliare ed approfondire ulteriormente, tramite lo studio di aspetti e “curiosità” spesso sottaciuti nella tradizionale narrazione storiografica, le conoscenze effettivamente acquisite.
La sera del 29 ottobre 1922, alla stazione di Milano, tra una folla di giovani armati in camicia nera, il corrispondente dall'Italia del "Chicago Daily News", Edgar Ansel Mowrer, scorse Benito Mussolini. Il giornalista gli si avvicinò e gli chiese: "Signor Mussolini, mi dice cosa succede?". "Non lo sapete?" rispose lui. "Vado a Roma per instaurare il fascismo." "Congratulazioni" soggiunse Mowrer, e salì sul treno che il giorno dopo avrebbe portato il duce del fascismo alla conquista del potere. Inizia così, alla vigilia della "marcia su Roma", questo particolarissimo viaggio nell'Italia di Mussolini, ripercorso, nelle sue tappe cruciali, a partire dalle pagine che giornalisti, studiosi, viaggiatori e scrittori stranieri dedicarono alle vicende del nostro paese negli anni più tragici del Novecento. Un viaggio durato oltre un ventennio, dalla Grande guerra alle lotte operaie e contadine del "biennio rosso", dalle violenze squadriste ai fasti dell'Italia imperiale sino ai giorni bui della seconda guerra mondiale, quando l'Italia finì "sotto le ruote della storia".
Dalle grandi rivoluzioni di fine Settecento alla Prima Guerra mondiale: è la periodizzazione di questo volume pensato esplicitamente per la didattica universitaria. Una periodizzazione che vede l'Ottocento come un "secolo lungo" - dalla rivoluzione americana ai primi anni del secolo - e che è non solo largamente invalsa a livello storiografico, ma anche consacrata dai programmi scolastici e fatta propria dai nuovi ordinamenti universitari e dalla logica modulare che li contraddistingue.
Il Novecento è stato il primo «secolo mondiale» della storia umana, nel senso che tutti i continenti già apparivano uniti da una rete sempre più fitta ed estesa di collegamenti stabili che tendevano a integrare in un sistema globale tutte le regioni del mondo. Ma questo secolo inizia anche come «secolo europeo», perché l'Europa, agli inizi del Novecento, era al culmine della sua potenza e della sua influenza nel mondo: la civiltà moderna, che dal vecchio continente aveva avuto origine e sviluppo, si era estesa con impeto in tutto il pianeta attraverso un'egemonia economica, commerciale, politica e culturale. La guerra appariva la più lontana delle possibilità. Ma con lo scoppio del conflitto mondiale quel sogno di unità e di globalizzazione ante litteram viene meno e scopriamo in questo libro che l'Italia di quegli anni rappresenta un punto di vista privilegiato da cui è possibile osservare i primi segnali della crisi di un intero continente che sta perdendo il proprio ruolo nel mondo, i sintomi del crepuscolo di un'intera civiltà di cui ancora oggi, a distanza di un secolo esatto, viviamo le conseguenze.
Le guerre medievali sono spesso rappresentate come scontri fra cavalieri, di norma risolti tramite eroiche singoiar tenzoni. In realtà, come ai giorni nostri, anche a quell'epoca, mettere in campo e approvvigionare un esercito era un'operazione complessa, che coinvolgeva truppe a cavallo e appiedate, tiratori e artiglierie, genieri e salmerie. Le battaglie e gli assedi, preparati con grande cura, potevano vedere in campo decine di migliaia di uomini. Eccezionali saperi, tramandati nel tempo e rodati in lunghi tornei, facevano di un aristocratico un vero cavaliere; le tecnologie incessantemente affinate mettevano a disposizione dei comandanti armi ed equipaggiamenti sempre più avanzati; mercenari e professionisti della guerra integravano sul terreno le milizie civiche e quelle contadine, in un multiforme quanto affascinante panorama.
Paolo VI è stato l'ultimo papa italiano. Il suo successore, Giovanni Paolo i, ha governato la Chiesa per poche settimane. E il 16 ottobre 1978 venne eletto Karol Wojtyla, primo papa non italiano da più di quattro secoli. Giovanni Battista Montini è stato un papa immerso nella storia d'Italia: ne ha vissuto le vicende con intensità a partire dal suo ambiente bresciano fin da giovane, percependole anche come sfide alla Chiesa. Si è insistito sul «genio italiano» di Montini non per ridurlo ai confini nazionali, ma per sottolineare la vicenda di un papa italiano che realizza un'apertura al mondo dopo il Vaticano II, non solo con i viaggi, ma con gesti, riforme e decisioni importanti. Questo volume non vuole essere una biografia di Montini. Si vogliono approfondire alcuni aspetti decisivi della sua storia personale e del suo governo: insomma, cogliere il suo «genio italiano» al servizio di quell'«internazionale» particolare che è la Chiesa cattolica. Giovanni Paolo II, pur con la sua storia lunga e particolare, si pose in forte continuità con papa Montini, con cui, tra l'altro, il card. Wojtyla ebbe un rapporto molto profondo. Un passaggio decisivo per capire il cattolicesimo tra il XX e il XXI secolo è, quindi, provare a comprendere meglio Giovanni Battista Montini.
Noto per i suoi prodigiosi talenti, la personalità magnetica e la raffinatezza politica, Lorenzo de’ Medici fu al tempo stesso un grande statista, un poeta rinomato e un leggendario mecenate. Seppe circondarsi dei più grandi artisti a lui contemporanei, tra cui Leonardo, Botticelli, Poliziano e Michelangelo. Riuscì a trasformare Firenze nella capitale della cultura d’Europa, ma anche al culmine del suo trionfo non mancarono le contraddizioni: le ineguagliabili vette artistiche e lo squallore dei palazzi affollati; gli eccessi pagani e le prediche di Savonarola; la perfezione ultraterrena della Primavera di Botticelli e il realismo grintoso di Machiavelli nel suo Principe. Incoerenze esemplari sono tramandate anche nella sua vita e nel suo carattere. Un ritratto vivido, colorato e appassionante di un’era caratterizzata da intrighi, fervore religioso e artistico, legata indissolubilmente al nome del Magnifico.
In tutta Europa è in atto una vera e propria contro-rivoluzione che attacca i fondamenti liberali del continente. Alcuni dei 'controrivoluzionari' sono neofascisti, altri sono neocomunisti; alcuni sono contro l'austerità, altri contro i musulmani; alcuni sono secessionisti, altri nazionalisti; alcuni sono moderati, altri estremisti. Ma tutti hanno una cosa in comune: sono contrari all'ordine liberale e ai suoi progetti chiave come l'integrazione europea, il liberalismo costituzionale e l'economia liberista. In tutta l'Europa il sistema liberale pare sgretolarsi. Non solo a Varsavia o Budapest, ma anche a Londra, Roma, Atene e Parigi. I cittadini europei si sentono arrabbiati e in pericolo. La violenza politica è in aumento. Come è possibile che un continente prospero e pacifico stia andando in pezzi? Jan Zielonka, liberale di lungo corso, riflette in modo critico e autocritico sulla caduta del liberalismo e sulla nascita di movimenti populisti in tutto il continente partendo da un dato: i populisti guadagnano voti perché i liberali hanno completamente screditato il loro nobile progetto. La lista delle colpe dei liberali dal 1989 è lunga: le diseguaglianze sono drammaticamente cresciute, l'evasione fiscale si è diffusa, i tagli alla spesa sociale sono ben noti. I liberali non hanno davanti una strada facile: quanto prima capiranno il senso di quel che sta accadendo, tanto maggiori saranno per loro le possibilità di rendere di nuovo credibile il loro progetto.
La caduta di Costantinopoli nel 1453 apparve ai contemporanei come un evento epocale. Mentre gli eserciti turchi sembravano ormai destinati a conquistare Roma e a instaurare un nuovo impero islamico, in tutta l'Europa dilagò un clima di terrore in cui presero a diffondersi profezie che annunciavano conseguenze terribili e perfino la fine del mondo. Con la conquista della capitale imperiale, il sultano Maometto II poteva, a buon diritto, sostenere di essere l'erede del titolo di imperatore romano, e perciò l'unico candidato a ricostituire l'antico impero. Questa volta sotto il segno dell'islam. A nulla valse la lettera di papa Pio II, in cui gli prometteva il titolo e le terre dell'impero romano d'Oriente, a patto che si battezzasse e abbracciasse il cristianesimo. Ciò non impedì, tuttavia, la circolazione della leggenda secondo la quale Maometto il profeta sarebbe stato non solo cristiano, ma papa in pectore. Segno di quanto forte fosse il desiderio di porre fine alle violenze e realizzare un dialogo interreligioso fra cristianesimo e islam.
Giordano Bruno accettò il rogo per eroica coerenza intellettuale? Nei quasi otto anni che trascorse in carcere, prima a Venezia e poi a Roma, il filosofo condusse un'aspra battaglia per non soccombere, non abiurare, non morire. Decise di rovesciare il tavolo solo quando si sentì definitivamente in trappola, nell'impossibilità di salvaguardare se stesso e la sua filosofia. La scelta di salire sul rogo venne, dunque, presa solo alla fine del lungo processo. Cosa accadde esattamente in quel momento, come giunse a quella decisione e perché? Per quale ragione Bruno - a differenza di alcuni suoi illustri contemporanei, tra cui Galileo Galilei - dopo avere tanto a lungo lottato per affermare la sua verità, decise infine di chiudersi nell'ostinazione e accettare le conseguenze ultime della condanna inflitta dagli inquisitori? Perché, dopo aver più volte dichiarato la disponibilità a farlo, non pronunciò un'abiura di facciata? Il libro affronta questi interrogativi ripercorrendo l'itinerario intellettuale di Giordano Bruno nelle corti di tutta Europa e seguendo, anche attraverso documenti inediti, tutte le tappe del processo.
«Città di passione»: con queste parole Gabriele D'Annunzio battezza Fiume nel primo dopoguerra, imponendola all'attenzione internazionale assieme al mito della 'vittoria mutilata'. Altre e più tragiche passioni si scatenano nel secondo dopoguerra. Questa volta nel silenzio e nella distrazione della patria ferita, molti dei fiumani devono prendere la via dell'esilio. Il guscio della città però rimane in piedi e Fiume condivide il suo destino con le altre 'città cambiate', Salonicco, Smirne, Königsberg: le città poste lungo quei confini attorno ai quali si sono accesi i maggiori conflitti europei del XX secolo. Parlare di Fiume vuol dire tuffarsi nel vortice della 'grande semplificazione' che ha travolto l'Europa centro-orientale. Vuol dire anche parlare delle storie accadute tra le pieghe di quelle più appariscenti: accanto alla vicenda di un fiero municipalismo che cerca di resistere al trionfo degli stati-nazione, c'è la storia di una grande illusione. Quella di un piccolo nucleo di operai e intellettuali italiani che, in epoca di guerra fredda, lasciano la madrepatria per edificare il socialismo in una Fiume diventata jugoslava. Ma non vi è lieto fine. Raoul Pupo, raccontandoci la storia di una città-simbolo del '900, ci accompagna attraverso le inquiete transizioni europee del secolo scorso.
Può sembrare curioso, ma attorno al vino ruota una gran parte dell'identità di Greci e Romani: miti, regole di galateo, codici di comportamento, visioni etiche e filosofiche, religione e molto altro ancora. Con il vino gli eroi di Omero pregano, danno ospitalità e siglano accordi; nella Grecia classica il vino è l'imprescindibile fulcro attorno al quale ruota il simposio, quella 'bevuta collettiva' in cui si rafforzano i vincoli d'amicizia, si intrecciano discorsi, si corteggiano ragazzi e cortigiane; nelle città greche e poi a Roma la prima coppa di vino è l'emblema di un vero e proprio rito di passaggio verso l'età adulta. Senza contare che il vino è il dono di un dio. Bisogna saperlo bere: mescolarlo con acqua, condividerlo con gli altri, centellinarlo e mai tracannarlo, consapevoli che è lo strumento con cui misurare di volta in volta la propria capacità di controllo. Con la lievità di un brindisi, questo libro ci offre una visione originale e vivida della straordinaria cultura di cui siamo figli.