
L'idea di impero si è formata nell'antica Roma, e ancora oggi l'impero romano fornisce un'immagine potente per riflettere sull'imperialismo. Le sua vestigia si possono trovare in tutta l'Europa, nel Medio Oriente e in Nordafrica - a volte anche più lontano. Seguendo l'intera espansione del vasto impero e partendo proprio dagli inizi, "Roma. Storia di un impero" mette insieme tre prospettive. Innanzitutto, è una storia completa dell'impero: come è stato creato, come ha resistito alle crisi, come ha plasmato il mondo di coloro che lo reggevano e dei suoi sudditi, dall'VIII secolo a.C. all'alba del medioevo. In secondo luogo, spiega quali segreti del successo dei Romani hanno rivelato le scoperte archeologiche e gli studi storici più recenti. La schiavitù come motore dell'impero; il commercio, le estrazioni minerarie e l'agricoltura, sfruttati per il progetto imperiale; le condizioni ambientali; il potere della religione e dell'ideologia nel motivare le masse; le seduzioni dell'impero, che portarono l'aristocrazia di Roma a barattare la libertà in favore della ricchezza e del potere; e molto altro ancora. E infine, il quesito più rilevante: come mai, fra tutti gli imperi, quello di Roma è durato così a lungo, con un impatto così profondo, e ha fatto da modello esplicito per altri imperialismi? Nessuno ha mai pianificato la creazione di uno stato che sarebbe durato più di un millennio e mezzo, eppure le politiche a breve termine di alleanze tra gruppi sempre più ampi crearono una struttura stabile...
Da sempre la storia del mondo è stata scritta come una storia di ascesa e declino di un esiguo numero di culture dominanti. Fra queste, nel corso degli ultimi secoli, e facendo riferimento a parametri quali potenza, ricchezza e creatività culturale, l'Europa e l'Occidente atlantico hanno ricoperto un ruolo indubbiamente centrale. Questa nuova "Storia del mondo" in sei volumi, diretta da un'équipe di importanti storici internazionali, si discosta radicalmente da tale tradizione. Pur non rinnegando le grandi conquiste dell'Occidente, essa le pone in rapporto con i più importanti sviluppi che hanno avuto luogo nella stessa epoca in altre parti del mondo. Da tale impostazione emerge con ogni evidenza la graduale, problematica nascita dell'età contemporanea come frutto di una complessa e pluralistica rete di relazioni mondiali. Per la prima volta autorevoli specialisti dei vari campi disciplinari mettono a disposizione del lettore i risultati di decenni di ricerca internazionale sulla preistoria della globalizzazione, sullo sviluppo delle società e sugli ordinamenti politici dei vari continenti. La storia del mondo che ne emerge, lungi dal risultare una mera concatenazione di singole storie specialistiche, ricostruisce piuttosto relazioni trasversali e interazioni finora poco esplorate dagli studiosi: le migrazioni di singoli e di gruppi e la fondazione di nuove società, la diffusione intercontinentale delle tecnologie, religioni o idee politiche, le reti di connessione globale.
Quasi tremila morti, migliaia di dispersi e deportati: fu questo il Risorgimento per i vinti nel Mezzogiorno d'Italia. Dallo sbarco di Garibaldi fino alla capitolazione dell'esercito delle Due Sicilie a Gaeta passarono appena nove mesi. Tanto bastò a sfaldare un regno, che la dinastia dei Borbone aveva guidato per 127 anni. Su quel tracollo solo ora emerge, finalmente nella sua interezza, uno spaccato da conquista militare: diplomazia, forza delle armi e politica riuscirono a creare le condizioni per un'annessione al Piemonte, che violava le norme del diritto internazionale, realizzata con i fucili senza il consenso delle popolazioni. In poco tempo le regioni meridionali, con 9 milioni di abitanti, furono "italianizzate": azzerati monete, codici penali e civili, burocrazie. Tra il 1860 e il 1861 gli sconfitti, protagonisti di questa ricostruzione storica, furono soprattutto migliaia di pastori, carbonari e contadini del Matese, delle Puglie, delle campagne salernitane, della Sicilia, dei Tre Abruzzi, del contado del Molise, della Calabria, di Napoli. Un esercito di oltre 50 mila uomini: meridionali, a difendere quella che allora era la loro Patria. Su quei mesi, sui militari, sulla generazione che realizzò in concreto il Risorgimento, sia nella vittoria sia nella sconfitta, l'Archivio Borbone è una miniera ancora poco esplorata.
Famiglia e indissolubilità del matrimonio sono al centro del dibattito che inizia, all'indomani della Seconda guerra mondiale, nell'Assemblea Costituente. Si riaccende in quella sede il duro scontro sul divorzio che già nell'Italia postunitaria, fuori e dentro il Parlamento, aveva contrapposto progressisti e conservatori. L'urto sul divorzio è il drammatico specchio delle contraddizioni della politica e del bisogno di cambiamento della società italiana. Dopo la proposta di legge presentata dal socialista Fortuna a metà degli anni Sessanta, la contesa fra divorzisti e antidivorzisti è destinata a dividere il paese diventando un'aspra disputa fra oscurantismo e modernità. Basandosi su fonti archivistiche inedite, come le migliaia di lettere e cartoline dei "fuorilegge del matrimonio" inviate a Loris Fortuna per sostenere il suo progetto di legge, la crociata del divorzio viene qui indagata assumendo per la prima volta anche l'angolo visuale della gente comune. Quella del divorzio è infatti una battaglia esplosiva che si innesta su una sofferenza sociale diffusa: oltre ai maggiori partiti politici e ai vertici della Chiesa, impegnati, ciascuno a suo modo, a difendere la propria egemonia, entrano in campo con forza inaspettata anche le persone.
In un'esperienza di viaggio confluiscono esigenze anche molto diverse, come differenti possono essere gli esiti che da essa scaturiscono. Il viaggio che Patrizia Runfola ci propone è molto particolare: sul filo di un racconto suggestivo e intenso rivive un momento preciso nella storia di Praga, cioè quelli che potremmo definire gli anni di Kafka. Si tratta di un periodo di grande vivacità creativa, nato dalla magia dell'incrocio di lingue e tradizioni diverse (ceche, tedesche ed ebraiche), e dall'interesse appassionato per quanto avviene nel resto d'Europa in ambito letterario, artistico e poetico. Insieme a Kafka, Max Brod, ai fratelli Capek, a Jaroslav Hasek, a poeti come Nezval e Werfel, ma anche ad architetti, pittori e scenografi, entriamo nelle case, nei circoli letterari, nelle redazioni delle riviste, nei caffè e nei teatri della città, diventando spettatori partecipi di amicizie, amori e storie, molto spesso destinate a concludersi con la morte o la fuga in Palestina e in America. Il tramonto dell'impero austro-ungarico, la prima guerra mondiale e il montare della furia devastatrice di Hitler incombono infatti sulla vita di tutti. Quella che l'autrice ci propone è una felice immersione in un mondo che sarà presto cancellato dalle tragiche vicende della storia. Con una conversazione con Claudio Magris e un testo di Gérard-Georges Lemaire.
In Spagna l'ondata persecutoria antiebraica del 1391, con le sue successive propaggini, provocò un susseguirsi di conversioni, quasi sempre insincere. La cacciata degli ebrei del 1492 provocò da una parte una grande fuga dal paese e dall'altra una nuova messe di conversioni da parte di coloro che non si sentivano attrezzati per una partenza verso l'ignoto. In Portogallo, nel 1497, la scelta fra esilio e conversione fu resa impossibile e il battesimo fu impartito a forza a tutti gli ebrei. Nacque così in tutta l'Iberia l'avventura marrana, variamente vissuta a seconda dei casi e dei luoghi, comunque foriera di nuovi atteggiamenti religiosi segreti, spesso vere e proprie invenzioni. Questo vale per i conversos rimasti nelle rispettive patrie iberiche, che le stesse istituzioni distinguevano ufficialmente, anche dopo varie generazioni, come nuovi-cristiani, considerati inferiori rispetto ai vetero-cristiani e bollati in quanto ritenuti portatori di un sangue impuro. Ma in modi diversi, e non uniformi, il fenomeno marranico si manifestava ancora tra coloro che, dopo varie generazioni di conversione forzata, fuggivano nelle Terre di Libertà, dove era possibile la pratica dell'ebraismo. Questo libro è una somma di vari saggi recentemente pubblicati in alcune riviste, opportunamente riordinati ed aggiornati, in modo di dare, anche a un grande pubblico, un assaggio di quel grande fenomeno culturale che è il marranesimo.
Questo libro è il romanzo famigliare dei Medici dal 1492 al 1527, ma anche una storia d'Italia abbreviata, quasi un noir schiuso sui misteri del Rinascimento. E non ce niente di inventato: i dettagli più inverosimili, gli avvenimenti più incredibili, le coincidenze più improbabili, i presagi più inverificabili sono tutti veri e provati. Dalla morte di Lorenzo il Magnifico al Sacco di Roma, si compone davanti ai nostri occhi la grande fortuna e il fallimento finale della generazione dei Medici, che potè vantare ben due pontefici e due duchi. Fu una "età dell'oro ", ma anche un periodo burrascoso, così che ripercorrerlo consentirà per esempio di cogliere un'inquietante somiglianza tra la "corte dei miracoli" di Leone X, il primo papa de' Medici, e la Roma dell'ultimo ventennio. Certi personaggi coloriti e disonesti sembrano usciti dalle cronache contemporanee: cardinali e lenoni, banchieri e buffoni, faccendieri e puttanieri, sbirri e criminali, cortigiane e impuniti. All'incrocio fra politica e finanza allegra si situa allora la straordinaria figura di Filippo Strozzi, banchiere, avventuriero, seduttore, che è il protagonista occulto del libro. A lui si può attribuire l'idea che lo stato è cosa nostra (espressione diplomatica e commerciale dell'epoca). Mentre Machiavelli, anche se non fa la parte del leone, e neanche della volpe, è onnipresente in spirito, se non in carne e ossa.
La fama planetaria del "Milione" ha dato origine a una bibliografia smisurata a fronte della quale i profili biografici di Marco Polo sono pochi. Colpa dei dati oggettivi scarni che abbiamo sul personaggio. Sappiamo che rimase in viaggio, lontano da Venezia per circa 25 anni, ma all'interno di quel periodo della sua vita poche sono le scansioni cronologiche sicure. Gli studi filologici e storici hanno portato ad affinare le nostre conoscenze sul testo, e quindi indirettamente, sul suo autore, ma il "Milione" resta un libro misterioso. È un diario di viaggio? Un mélange di fantastico e di reale? È un testo di pratica di mercatura arricchito dalla prosa del Rustichello? Per rispondere a queste domande partiremo dal contesto originario del veneziano: il Mediterraneo nella seconda metà del Duecento e lo seguiremo in viaggio, lungo la via della seta, fino alla Cina e all'India. Ripercorreremo con lui i luoghi che visitò per scoprire uno sguardo molto più attento alla realtà di quanto non si creda; uno sguardo che non si soffermava solo sulle merci e le ricchezze, ma che comunicava all'Occidente particolari inediti sull'antropologia, i costumi, i riti, delle società osservate. Se ancora oggi emergono dubbi sulla realtà del viaggio di Marco Polo, la posizione di questo libro è chiara: il veneziano visitò l'Asia e la descrisse come nessuno aveva mai fatto prima di lui. E poiché la vita è un viaggio, il viaggio di Marco Polo sarà la sua biografia.
Questo libro racconta alcuni momenti della diffusione del cristianesimo al di fuori dell'Europa e si interessa in particolare alle trasformazioni che la predicazione cristiana ha subito nel contatto con le popolazioni extraeuropee e alle reazioni che essa ha provocato in "loro" e in "noi". Dalle guerre dei conquistadores nelle Americhe alle missioni dei gesuiti in Oriente ai culti del cargo nel Pacifico, emerge un insieme di storie che mette avanti la dimensione religiosa dell'incontro fra culture diverse ma insieme non nasconde la rete di connessioni sociali, economiche, politiche, militari a cui la religione fa talvolta da paravento - ma quanto costitutivo può invece essere un simile paravento? Come tutte le storie anche questa contiene vicende di uomini e donne che hanno commesso errori spaventosi, hanno compiuto gesti di altissimo eroismo, si sono abbassati a compromessi vergognosi. Sul piano della lunga durata, il risultato dei loro atti è il nostro mondo odierno, il cui sviluppo, comprese le guerre e le contraddizioni, pare ancora conseguenza di passi compiuti nel passato, spesso in buona fede, quasi sempre "in nome di Dio".
Un libro popolato dai protagonisti che nel corso dei secoli, da Vasari ai nostri giorni, in Europa come negli Stati Uniti, hanno contribuito alla costruzione di una nuova disciplina: la storiografia artistica nei suoi molteplici indirizzi di ricerca. Emergono i profili dei tanti metodi messi in campo per analizzare e interpretare le opere, dall'attribuzione all'iconografia e all'iconologia, dalla critica formalista alla storia sociale dell'arte, dalla ricerca ancorata ai documenti a quella ispirata alla storia delle idee, delle religioni, della cultura, fino all'assunzione di modelli attenti all'antropologia come alle scienze naturali. Un volume che mancava ma di cui si avvertiva la necessità perché, tenendo presente che il mestiere dello storico dell'arte è differente da quello del filosofo di estetica e del teorico, sono stati riannodati gli aspetti del lavoro più squisitamente storiografico con tutte quelle sollecitazioni attivate dagli stessi oggetti di studio. Le autrici hanno ricostruito infatti la proficua simbiosi tra la scrittura e il lavoro sul campo nei musei, nei territori, nel mercato, nelle collezioni private, nelle esposizioni, nelle scelte di tutela e di restauro. Tutte attività che hanno concorso a valorizzare, conservare e trasmettere alle generazioni a venire la ricchezza di un patrimonio identitario.
Negli ultimi anni della sua vita, Niceta Coniata, che aveva occupato posti di rilievo nella burocrazia bizantina, abitò a Nicea. L'impero era crollato (1204): i Latini si erano divisi le spoglie di Bisanzio; e, nell'abbandono e nella desolazione, Niceta raccontò ciò che aveva visto e appreso, con un odio, una furia e una ferocia, che fanno della seconda e terza parte di "Grandezza e catastrofe di Bisanzio" uno dei capolavori sconosciuti della letteratura universale. Il mondo non era altro che male: violenza, malvagità, sfrenatezza, oscenità erotica, corruzione, stereo, rovina. Come uno dei grandi storici del potere, Niceta Coniata rappresentò la tirannia che degradava e contagiava il mondo: raffigurandola soprattutto nel meraviglioso ritratto di Andronico, questo malvagio vestito di viola, scaltro, cialtrone, lacrimoso e teatrante, che possedeva la stessa disperata fantasia nel male dei grandi malvagi di Shakespeare. Rappresentò la turbolenta e crudelissima plebe di Costantinopoli, che massacrava poveri e imperatori; e gli "stramaledetti Latini", gli spavaldi e boriosi Normanni, che assalivano le città greche. Dovunque, in cielo, c'erano segni sinistri. Niceta Coniata interrogava e cercava la presenza di Dio nella storia: avvertiva in ogni istante il mistero religioso della realtà; ma da ogni parte il Cielo gli rispondeva che non c'era salvezza: o almeno non c'era speranza per lui. "Grandezza e catastrofe di Bisanzio" è uno spettacoloso racconto teatrale, di cui Niceta era insieme il narratore e il regista. Impregnava tutte le cose con il suo odio: ma l'odio, tra le sue mani di grande letterato, diventava furia visionaria, ossessione morale, splendore retorico, solennità metaforica, atroce precisione ritrattistica. Qualche volta, nei momenti in cui il genio di Niceta è più libero, abbiamo l'impressione che Tacito, Psello e Saint-Simon si siano fusi nella penna dell'antico burocrate bizantino.
Il secondo volume della "Grandezza e catastrofe di Bisanzio" è stampato nel classico testo a cura di Jan-Louis van Dieten, che l'autore ha rivisto e corretto per questa edizione. Mentre Riccardo Maisano aveva composto il complesso e vivace commento del primo volume, il commento del secondo è opera di Anna Fontani, che ha reso mirabilmente la densità, l'arcaismo e l'audacia espressiva di Niceta Coniata.
Queste pagine rievocano il sesto secolo, vale a dire il momento buio e drammatico che segna la definitiva dissoluzione della civiltà romana e l'avvio del Medioevo. Ci raccontano di un'Europa corsa dai barbari, di città abbandonate, del territorio che torna selvatico, di una popolazione in balia delle malattie e delle calamità, atterrita dai lupi oltre che dai mostri e demoni della sua stessa fantasia. Ma nel sapiente incastro di notizie, aneddoti, leggende che l'autore sa cavare dalle pieghe delle fonti antiche, poco a poco cominciano a intravedersi nuove figure, come gli eremiti, che nel silenzio e nella solitudine dei monasteri lavorano a porre le basi di una nuova epoca.