Il passaggio dal politeismo a un monoteismo innescato dalla cristianizzazione e dall'islamizzazione è uno dei maggiori passaggi evolutivi del mondo antico, come l'urbanizzazione, la formazione dello stato e l'invenzione della scrittura. Assmann distingue le religioni cosmiche o «naturali» da quelle rivelate o «positive» individuando il loro elemento comune nell'idea dell'esistenza di un Dio (un Uno), che viene tuttavia compreso in modi diversi, come testimoniano alcune fonti religiose dell'antico Egitto. Dall'Uno preesistente e universale provengono la creazione e la molteplicità degli dèi, anche se l'affermazione della trascendenza dell'Uno varia in relazione ai periodi, in un percorso che vedrà alla fine prevalere la concezione di un Dio della vita che anima il cosmo.
Il velo che cinge il capo delle donne, siano esse suore o cattoliche a messa, ebree o musulmane, è divenuto l'emblema di una sorta di schiavitù mentale, un simbolo più o meno forte della sottomissione di un sesso all'altro. Ma davvero quel triangolo di stoffa è solo un mezzo per nascondere, per rinchiudere, per celare nell'umiltà, per segnare una sorta di proprietà privata e riservata, per separare o educare alla docilità? Non potrebbe, invece, essere anche un oggetto che dichiara una scelta libera e consapevole?
L'idea di città evoca complessità, intrecci di relazioni, spazio pubblico in cui si confrontano visioni e stili di vita diversi. Ogni città appare realtà ambivalente: include ed esclude, raccoglie e separa, rassicura e spaventa. Come se la abitassero parte delle promesse legate a Gerusalemme e parte dell'eredità di Babele. Al rapporto tra la città (nella sua densità simbolica e nel variare delle sue figure storiche) e le espressioni religiose (riferite, in particolare, al cristianesimo) sono dedicati i saggi del volume, i cui autori appartengono a più aree disciplinari. Il tema si ritrova dunque illuminato da prospettive diverse, anche se emerge il tentativo comune di interpretare le trasformazioni di quel rapporto nel corso del tempo, di indagarne i motivi, gli aspetti e le forme, di evidenziare le chances e i problemi che alla città e allo spazio pubblico derivano dall'esprimersi della dimensione religiosa. Affiora, percorrendo il volume, l'urgenza dell'interrogativo: che cosa sono oggi, per noi, «città» e «religione»?
Il volume racconta in che modo le religioni sono diventate oggetto di studio di una scienza relativamente giovane come la sociologia. A partire dagli autori più rappresentativi - da Comte a Luhmann - l'intento è fare emergere i concetti fondamentali che dalla seconda metà dell'Ottocento a oggi costituiscono la cassetta degli attrezzi perun'analisi sociologica dei fenomeni religiosi. Due testi classici di Durkheim e Weber e due grandi inchieste recenti di tipo quantitativo consentono di osservare il passaggio dalla teoria all'analisi dei fenomeni e deic omportamenti, mentre lo studio della religione come organizzazione permette di illustrare come da un messaggio originario si sviluppino vie spirituali e modelli profondamente differenziati. Ciò consente, tra l'altro, di individuare analogie e differenze tra il cristianesimo, l'ebraismo, l'islam, l'induismo e il buddhismo.Ma che cosa significa concretamente studiare e analizzare con gli strumenti della sociologia della religione alcuni temi oggi emergenti? Conflitti religiosi, guerra e martirio, ma anche genere, comunicazione, politica, economia e carisma vengono messi sotto osservazione al fine di cogliere prospettive originali per la comprensione del mondo contemporaneo.Il volume si colloca in una collana di testi rigorosi e agili a un tempo, rivolti soprattutto al pubblico di università, facoltà teologiche, istituti di scienze religiose e seminari.
Per "comprendere l'incomprensibile del XX secolo" - i milioni di morti delle due guerre mondiali e lo sterminio del popolo ebraico nei campi nazisti serve, a giudizio di Michel Serres, un modello "antropologico e tragico" come quello elaborato da René Girard. Esso è incentrato sul carattere mimetico, cioè imitativo, del desiderio - un processo da cui derivano sia la trasmissione del sapere sia la violenza - e sul nesso che lega in modo inscindibile il sacro alla logica arcaica del sacrificio e al ruolo del "capro espiatorio". Sul filo che interseca il tragico e la pietà si svolge il discorso con il quale Serres accoglie l'amico Girard tra gli eletti dell'Accademia di Francia. Girard, a sua volta, secondo la tradizione della storica istituzione, fa il suo esordio ricordando il suo immediato predecessore defunto. È il domenicano Ambroise-Marie Carré, celebre predicatore che negli anni della guerra aveva svolto un ruolo importante nella resistenza ai nazisti. Girard si sofferma sul dramma spirituale che ha accompagnato la sua vita: una profonda e intensa esperienza mistica, avvenuta alla precoce età di quattordici anni, orienta tutte le sue scelte ma, nonostante le attese, non si ripeterà più generando un irrequieto senso di fallimento personale. A padre Carré serve tempo per comprendere che l'ambizione e l'orgoglio rischiano di travolgere la grazia e per convertire il suo progetto di santità in una resa alla misericordia divina.
Prima dell'avvento del monoteismo - sostiene Assmann - le religioni "pagane" avevano il loro centro in un culto spesso cruento e violento, ma non distinguevano gli uomini in amici e nemici e le guerre si combattevano per avidità, vendetta o paura, non per motivi religiosi. Il quadro è mutato con l'avvento della "religione totale", incarnata, per esempio, nell'ebraismo dai movimenti zeloti, nel cristianesimo medievale dal dominio del papa, nel cristianesimo riformato da Calvino e Oliver Cromwell e nell'islam odierno da gruppi fondamentalisti. "Il principio che relativizza, sia pure rispettandole, le differenze religiose e culturali è un principio non religioso, ma laico, e si appella non a Dio e alla rivelazione, bensì alla ragione e al discernimento. Ma queste non dovrebbero essere contrapposizioni", sostiene Assmann. "Nella misura in cui anche le religioni fanno propri questi obiettivi, non polarizzano, ma umanizzano".
Il tema del Dio misericordioso non appartiene solo al cristianesimo. Il volumetto presenta alcuni testi tratti dalla tradizione delle religioni monoteiste e orientali, che, con prospettive diverse, raccontano della misericordia di Dio. L'approccio risulta particolarmente interessante in vista di un Giubileo della misericordia in chiave anche interreligiosa, che ambisce a convocare i credenti e gli uomini di buona volontà da ogni angolo della terra.
Una navigazione tra le tante isole dell'Italia multireligiosa consente di esplorare il pluralismo confessionale che si sta faticosamente affermando anche nel Paese in cui "non possiamo non dirci cristiani". È una ricerca sui ponti di comunicazione e sui luoghi di incontro che favoriscono l'integrazione e la coesione sociale in un tempo attraversato anche da radicalismi e fondamentalismi, ma anche un'indagine per cogliere gli elementi di continuità, le fratture e le novità nelle espressioni religiose degli italiani. A partire dall'"effetto papa Francesco", che ha avviato dinamiche sorprendenti e inedite sia all'interno della comunità cattolica sia nei circuiti del dialogo ecumenico.
L'idea che al di fuori di noi gli uomini o altri enti possano influenzare il corso delle cose nella natura e nella storia è presente in tutte le culture. Ma è nel bacino del Mediterraneo, nel corso del primo secolo avanti Cristo, che diviene popolare la pratica di rappresentare gli dèi in forma umana. Poiché essi compiono azioni destinate ad avere effetto sugli uomini, vengono ricordati i grandi avvenimenti in cui non manca l'intervento di un dio chiamato in soccorso. La cultura greca offre la possibilità di rendere pubblici questi racconti sia nel teatro che nelle espressioni tradizionali della poesia e del canto. È in questo contesto che i miti si configurano come storie o, più semplicemente, come "esposizioni". Essi, infatti, sono essenzialmente racconti tradizionali rilevanti per chi parla e per chi ascolta, caratteristiche che consentono di interpretare le narrazioni di molte culture come miti, di compararle e di sottoporle allo sguardo della storia delle religioni. Tuttavia, un'unica disciplina non basta a esaurire il fenomeno della narrativa tradizionale nel mondo antico poiché i miti sono un punto di intersezione culturale - un crocevia - in cui si incontrano la prassi e la riflessione religiosa, la semantica e l'immagine della storia, le forme di comunicazione e la vita quotidiana degli antichi.
L'esigenza di una nuova era, di una rinascita dell'umanità in grado di produrre quasi una nuova creazione, pervade i secoli XVI e XVII. Lasciatasi alle spalle la società signorile, l'Italia è progressivamente assorbita nell'orbita della dominazione straniera. Guerre, epidemie, un generale decadimento della vita laicale, religiosa ed ecclesiastica postulano la riforma e il rilancio della cristianità, al quale dà ulteriore impulso la vittoria di Lepanto. Il concilio di Trento restituisce alla spiritualità un robusto ancoraggio teologico, sacramentale e disciplinare, rimotiva la catechesi, consacra il culto dei santi. Nell'elaborazione delle dottrine e nella comunicazione delle proprie esperienze spirituali gli autori italiani, a differenza di quelli spagnoli, non elaborano trattati ma danno una visione d'insieme sia della precedente letteratura ascetico-mistica, sia degli aspetti esperienziali. Nella visione del cammino spirituale domina il riferimento a Cristo, con una particolare sottolineatura dell'eucaristia e della croce. L'equilibrio latino caratterizza l'ascesi italiana, mentre la mistica punta all'unione con Dio, trovando impulso sul terreno della carità apostolica; caratteri tipici di questa spiritualità sono l'apertura alla catechesi e l'attenzione alla povertà.
Il saggio, concepito espressamente per il pubblico italiano, illustra la direzione che ha assunto negli ultimi anni la riflessione di Charles Taylor sulla secolarità. Da un lato il filosofo canadese sembra interessato a contestualizzare ulteriormente la traiettoria secolarizzante moderna proiettandola sull'orizzonte di un ampio tempo storico. Poiché i successi incontestabili della modernità occidentale hanno da sempre esercitato, al suo interno e all'esterno, un fascino quasi ipnotico, per lo studioso è importante resistere al loro potere di suggestione diluendone l'impatto e la significatività grazie all'effetto calmierante della lunga durata. La seconda leva utilizzata da Taylor per rendere meno ovvio l'orientamento secolarista della mentalità moderna consiste nella moltiplicazione dei significati della modernità, della reiterazione del suo progetto in una prospettiva globale: in una parola, nel "provincializzare l'Europa". Davvero esiste un unico modello di laicità? O un solo prototipo di libertà, individualismo, autorealizzazione? Per chi è scettico riguardo alla pretesa arrogante della civiltà occidentale di aver esaurito l'intero spettro delle possibilità di espressione umane, una delle principali fonti di interesse è rappresentata proprio dagli effetti imprevedibili, e spesso rigeneranti, della migrazione da un angolo all'altro del pianeta delle teorie e pratiche escogitate in risposta a specifiche difficili sfide storiche.
Non vi è nulla di più difficile del trattare la spiritualità protestante: è curioso infatti notare che sono soltanto i protestanti più o meno cattolicizzanti ad ammettere l'esistenza di una spiritualità protestante. Gli altri, tra i quali Barth, Ebeling, Nygren, Brunner, affermano che la mistica è la realtà più lontana dal vero protestantesimo. Il motivo addotto è una forma di religiosità essenzialmente pagana, estranea alla Bibbia e inconciliabile col Vangelo. L'autore mostra che tale tesi si basa su degli a priori giustificati solo da una serie di confusioni e controsensi. Partendo dai principi spirituali dei riformatori, si sofferma in modo particolare su figure del pietismo protestante e del movimento religioso romantico. Mette in evidenza come lo sviluppo della spiritualità anglicana sia strettamente legato a quello della spiritualità protestante, pur non coincidendo, come taluni cattolici sono portati a pensare. L'opera contribuisce a dissipare dubbi, chiarire equivoci, attenuare criteri di giudizio troppo rigidi, e quindi, ad approfondire il dialogo tra fratelli separati.