Testi scaturiti durante la meditazione silenziosa in cui, certe volte, è possibile percepire di attraversare delle soglie. Il silenzio apre uno spazio interiore, conduce verso la parte profonda dell'anima sempre radicata nella sorgente da cui fluisce la vita. Nello stato di resa e di annichilimento della volontà, in cui tutto tace, il nostro essere spirituale si svela a se stesso, ci apre alla vita delle creature spirituali. In aggiunta, passi del testo biblico, di opere apocrife del Vecchio Testamento e dei vangeli apocrifi, in cui si riscontrano occorrenze degli arcangeli Michele, Raffaele, Gabriele, Uriele. Riguardo a Me?a?ron, sono riportate occorrenze riscontrate in alcune opere della tradizione rabbinica. Gli arcangeli giungono quando si sentono chiamati. Si risvegliano nell'anima di chi li ama lasciando tracce della loro presenza. Facendo trovare le loro immagini in ambiti inconsueti. Rispondendo con segni quando si sentono invocati. Attirando verso i luoghi dove più sono pregati. Finché cominciano a parlare nel cuore durante i risvegli notturni e mattutini rivelando i misteri della vita degli spiriti. L'anima li riconosce attraverso l'angelo custode, che è la sua propria natura spirituale, e si pacifica ristorandosi nella luce da cui proviene e alla quale sempre e soltanto aspira. Quando gli arcangeli parlano risvegliano memorie antiche che riemergono dall'oblio come velami che si aprono su sfondi sempre più luminosi in cui la verità appare viva in se stessa e come familiare e sempre più nuda. Più si svela più si fa intensa d'amore libero di amare. Cosicché niente più si nasconde, ma è nel suo essere. Amen.
Questo libro è un viaggio nei penitenziari italiani che offre a chi legge la possibilità di capire qualcosa di più sulla questione carceraria.
Ascoltando le storie dei reclusi, si entra in contatto con uomini e donne in carne e ossa con i loro sentimenti, i loro bisogni, le loro contraddizioni. Persone che si portano dentro la sofferenza di aver generato violenza. Persone che, all’interno della struttura detentiva, devono però elaborare anche la sofferenza che il carcere fa loro subire. Una riflessione sulla pena, sulla giustizia, sul rapporto tra carcere e società va fatta a partire da questa consapevolezza.
«Le nostre prigioni sono la fotografia di una giustizia punitiva, luoghi dove è quasi impossibile il recupero della persona. Disinteressarsi a quanto avviene all’interno delle carceri significa gettare la spugna sulle fondamenta della nostra giustizia» (dalla Prefazione di Lidia Maggi).
Davide Pelanda è insegnante, giornalista free-lance presso numerose testate nazionali e piemontesi. Come saggista e scrittore ha al suo attivo cinque libri: Acqua (Emi, 2006); ‘A Munnezza ovvero la globalizzazione dei rifiuti (Sensibili alle Foglie, 2008, con prefazione di Maurizio Pallante); La Fede nel Piatto. Saperi e sapori del cibo dei poveri (Edizioni Paoline, 2008, scritto a quattro mani con Paola Bizzarri); La Chiesa e i rifiuti. Tra teologia e pastorale dell’immondizia (Effatà Editrice, 2009); Il Cavaliere dell’Arcobaleno (Ananke, 2009).
Raccolta di meditazioni per interpretare le incertezze e le paure che stiamo vivendo alla luce della Parola di Dio.
Il viaggio è un tema universale: è ricerca, trasformazione e educazione all'incontro; è storia di un movimento dal noto verso l'ignoto e di un ritorno al noto con una consapevolezza nuova. Per le donne ha rappresentato un momento di ricostruzione del percorso accidentato e non lineare che le ha condotte all'emancipazione. Fra i testi delle 320 autrici presenti nel fondo librario «Gino Doria» della Biblioteca Nazionale di Napoli - dalle poetesse del '500 alle saggiste e romanziere degli anni '70 del Novecento - si trovano anche trentatré scritti di donne che documentano tour, soggiorni o brevi permanenze in Italia tra il XVIII ed il XX secolo. Provengono da tutta Europa e dall'America e usano diversi generi letterari e storiografici: lettere, diari e memorie, reportages e guide turistiche. Grazie al viaggio conoscono altre culture e affermano la propria libertà nel pensare e nel comportarsi; osservano, descrivono usi e costumi locali, ricostruiscono vicende storiche del loro tempo e affrontano questioni politiche. Qual è il rapporto tra storia e finzione nelle loro ricostruzioni? Esiste una specificità di genere del Gran Tour femminile? Il libro cerca una risposta a queste domande raccontando le loro vite, i loro viaggi, la loro epoca e i contesti in cui si sono imbattute.
La forma della felicità, il nuovo libro di don Fabrizio Centofanti e Sabrina Trane, non può non sorprendere il lettore. Partendo da un'idea diffusa di felicità psicologica, e descrivendola con competenza, allarga sempre più l'orizzonte, fino a sovrapporre al livello semplicemente umano quello che si può evincere dalla lettura del Vangelo e della tradizione cristiana più attendibile: dal progetto dell'uomo, potremmo dire, al progetto di Dio. Ne risulta una visione totalmente nuova dell'obiettivo più comune e condiviso da ogni essere umano. Il breve saggio si legge quasi come un romanzo: a un certo punto, il ritmo si fa incalzante, sembra di essere arrivati al gran finale, ma - e questo è il vero assunto del libro - c'è sempre un oltre. Perché per essere felici bisogna «passare all'altra riva», come Gesù dice, così frequentemente, nel Vangelo. Dalla Prefazione di don Fernando Altieri La felicità è un obiettivo comune a tutti gli esseri umani. In questo libro, scopriremo se e come sia possibile vincere questa scommessa, in un tempo in cui tecnologia, informatica e digitalizzazione globale ci spingono a ripensare dalle fondamenta un tema ineludibile per ogni persona consapevole di sé.
Lasciarsi muovere verso l'abbraccio è la condizione necessaria per sentire l'amore. Dio è amore. Egli abbraccia continuamente l'umanità attraverso l'amore di Gesù, il Figlio amato, che ama con tutto se stesso, donandoci il suo corpo, mostrando all'umanità intera la potenza dell'Amore vero, appassionato, totale, ferito. Questo libro si sviluppa a partire dalla contemplazione del corpo di Gesù, ci porta a sentire una sempre più forte comunione con Lui, a costruire la comunione e la pace tra noi, a essere segno della sua tenerezza e della sua bellezza nel mondo. È dalla relazione umana tra noi e il corpo di Cristo che ci possiamo aprire alla comunione d'amore con l'Unico Dio.
La luce del Signore ci guida, ci dona pace e gioia, ci libera dal turbamento e dalla paura.
Il nostro allontanamento dalla luce ci conduce, invece, alla distruzione. Più l'individuo rincorre il potere, la prevaricazione, l'odio, l'ingiustizia, più va incontro ad un grande vuoto, all'angoscia, all'inquietudine.
Riscoprendo la centralità della figura di Gesù, dobbiamo avvertire l'urgenza di reimpostare la nostra vita sulla Parola di Dio, per ritrovare il senso più profondo e autentico delle cose.
Contributi di Francesco Belletti, Giancarlo Bregantini, Gianfranco De Luca, Sergio Nicolli, Pietro Santoro
Il testo prende l’avvio dal vangelo di Matteo, là dove si afferma che i cristiani devono essere «il sale della terra e la luce del mondo», una sfida che interpella tutti e che, secondo le parole di Gesù, è insieme un “dono” e un “compito”. La famiglia, alla luce di questo insegnamento evangelico, sembra assumere un ruolo particolare. Essa si colloca al centro della testimonianza cristiana per il bene del mondo e stabilisce relazioni con altre famiglie e con la città, vivendo il suo essere missionaria nella società, in tutti i luoghi in cui si articola e si svolge la vita dell’uomo. Il libro, che offre spunti di riflessione e piste per il dialogo tra le coppie (La famiglia nel sociale; Emergenza educativa; Lavoro, festa e famiglia; Famiglia e accoglienza della vita), è un utilissimo strumento per chi opera nel campo della pastorale familiare.
Emidio Cipollone, Maria e Nicola Gallotti sono responsabili della Pastorale familiare della diocesi di Avezzano (AQ) e della Consulta regionale di Pastorale familiare della Conferenza Episcopale Abruzzo-Molise (CEAM).
Il nostro pellegrinaggio nella fede attraverso l'arte, non termina qui: si prolunga nel pellegrinaggio della vita.
Non smarriremo il cammino verso il Regno dei Cieli, se seguiremo la Via della Bellezza.
Un percorso di oltre cinquant'anni, dentro le vicende del mondo del lavoro, del movimento cattolico, della Chiesa, durante l'età liberale: è l'alveo nel quale scorre la vita dell'Unione Operaia Cattolica di Torino (UOC), dalla sua fondazione nel 1871 al suo confluire nella Federazione Italiana Uomini Cattolici nel 1923. L'associazione fu tra le prime società di mutuo soccorso cattoliche sorte in Piemonte e divenne col tempo la più consistente e attiva: dal punto di vista del numero dei soci essa, per un certo periodo, fu in grado di non sfigurare di fronte alle organizzazioni liberali e socialiste. Per questi motivi, e anche per la sua primogenitura, divenne un modello per altre società non solo della regione, ma pure a livello nazionale, fin verso la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, quando il movimento operaio cattolico prese ad organizzarsi per categorie professionali, sulla base del tipo di lavoro svolto dalle maestranze. A questo punto l'UOC dovette cedere il campo, nel movimento operaio cattolico torinese, ad altre modalità organizzative: le Unioni professionali, la Lega del Lavoro, l'Ufficio del Popolo e infine l'Unione del Lavoro, nuclei più combattivi, disposti ad intraprendere azioni di resistenza e talvolta anche di sciopero, sorti nel solco dell'esperienza democratico-cristiana alla quale del resto l'UOC aveva contribuito a preparare il terreno.Tra i suoi meriti si devono collocare il contributo portato alla maturazione di una coscienza operaia tra le file cattoliche, l'opera di formazione di molti laici del ceto popolare all'apostolato attivo, l'apporto fornito allo sviluppo del movimento cattolico torinese e piemontese di fine secolo e dei primi del Novecento.Gli sforzi di quei decenni non risultarono vani: nella Chiesa era diventato più visibile il ruolo del laicato, le società di mutuo soccorso avevano preparato la strada ai sindacati, il movimento cattolico si era diversificato in varie espressioni, compresa quella partitica. Con il fascismo la stagione della libertà avrebbe conosciuto una lunga interruzione, ma le idee e l'impegno di molti avrebbero saputo superare l'inverno del ventennio per germinare in una nuova primavera.
La nuova società robotizzata, dove l'intelligenza è affidata all'efficienza delle macchine, produce una diffusa nostalgia dell'umano, così duramente messo alla prova dalla pandemia. Siamo entrati in un cambiamento d'epoca, come ricorda papa Francesco. Occorre coglierne le opportunità e immaginare nuovi scenari. «Chiesa in uscita» è un programma chiaro e inequivocabile: andare a tutti i giovani, non aspettare che vengano, sapendo che i primi missionari sono essi stessi e che linguaggi e proposte aggregative sono competenze che le nuove generazioni possiedono in abbondanza. Questo libro raccoglie riflessioni e proposte che si sono sviluppate nell'arco di una lunga storia di tentativi di pastorale giovanile in uscita, direbbe papa Francesco, oppureoutdoor per dirlo con il linguaggio sociologico. Serve comprendere a quali condizioni l'aggregazione diventi incubatore di immaginari per l'evangelizzazione, pur di essere lievito nella pasta, come chiede il Vangelo. L'innesco di interesse reale per le nuove generazioni sono le esperienze ad alto contenuto emozionale. Occorre applicare con rigore il metodo pastorale offerto dallaLumen gentium e riassunto nei tre verbi assumere, purificare, elevare(cfr. LG 17) per cogliere le opportunità, per esercitarsi a immaginare i nuovi scenari che si aprono.
"La globalizzazione, e l'apertura di nuove prospettive che con essa si concretizza, rappresenta un valore aggiunto e una straordinaria opportunità per tutti: i nuovi legami tra i popoli, i mercati, la produzione, il trasferimento della tecnologia e delle merci, la circolazione e la diffusione del sapere. Ma occorre, per vivere in un mondo più giusto, creare le condizioni affinché questa nuova dinamica mondiale si traduca in una globalizzazione dei diritti, dei benefici, delle opportunità, in una redistribuzione delle ricchezze, in modo tale che coloro che stanno ai margini dello sviluppo possano trarre opportunità e occasioni per uscire dalla loro condizione di marginalità e trovare piuttosto una dignità di vita, di valore e di esistenza.Per mettere a disposizione delle parti più deboli del pianeta e delle nostre città le risorse e gli strumenti per crescere, occorre promuovere, anche e soprattutto a livello locale, politiche capaci di governare il cambiamento. Occorre costruire politiche per i giovani, i quali vivono naturalmente un'età di transizione, e realizzare reali attività di cooperazione decentrata.Ecco perché un progetto europeo come Mirando al Mundo, che ha trovato terreno fertile in Argentina, Brasile e Bolivia e che ha saputo tenere insieme entrambe queste politiche, può costituire un'esperienza singolare di promozione di una cultura globale e condivisa dei diritti e della democrazia, che diventi capace di leggere il mutamento, interpretarne le cause e governarne gli effetti anche sulle nuove generazioni." (Piero Fassino)