Di fronte ai profondi cambiamenti della famiglia, regna oggi una grande incertezza. Ci si chiede: la famiglia naturale, ovvero normo-costituita, è una istituzione del passata oppure ha ancora davanti a sé un futuro? Questo testo va alla ricerca di risposte plausibili, basate su fatti sociologici. La tesi di fondo è che la famiglia così concepita, nonostante i mutamenti in atto, rimane una istituzione del futuro. Le ragioni che vengono qui presentate sono di vario ordine, ma fondamentalmente si basano sull'argomento che la famiglia possiede un "genoma" proprio, che non è biologico, ma sociale. Se questo genoma viene seriamente modificato, fino a perdere la sua identità, la società ne risente in termini di perdita di coesione sociale e di alienazione umana. La società dopo-moderna risente di queste modificazioni, ma deve anche elaborare delle risposte di empowerment del genoma familiare. Il testo spiega come ciò avvenga, con quali conseguenze e quali siano le possibili prospettive per la famiglia di domani.
Dopo un'ampia introduzione storica, in cui trovano posto studiosi e pensatori di diversa formazione culturale e di differente - quando non opposta ispirazione religiosa e politica, l'autore della ricerca viene a toccare il punto centrale del discorso, cioè l'insegnamento sociale della Chiesa sulla famiglia e sul lavoro, attraverso l'esame dei numerosi documenti apparsi in un secolo e più, dalla "Rerum Novarum" di Leone XIII (1891) alla "Centesimus Annus" di Giovanni Paolo Il (1991), che quella prima e lontana enciclica volutamente richiama, riconoscendola - anche per i tempi in cui apparve - come innovatrice.