Questo libro ricostruisce la storia di due dei principali centri cristiani dei primi secoli: Antiochia e Roma.
L'autore, in questo volume, conduce il lettore attraverso una paziente e intelligente ricostruzione delle origini, della vita, delle lotte interne ed esterne della comunita giovannea.
Todos los críticos consideran esta obra como definitiva. La presentación de los relatos sobre la Infancia, más próximos a la tradición popular que a la discusión de los teólogos, supone un gran acierto. Es avanzada la Edad Media cuando estas escenas cobran fuerza en la piedad del pueblo y entran en los hogares con imágenes del pesebre, los ángeles y los pastores. El tema es enfocado con profundidad, y se reúne todo lo que hoy puede decir la crítica literaria y la exégesis acerca de estos relatos. Su propósito es científico: tras un proceso de estudio y análisis histórico y lingüístico se elabora un comentario exegético de cada pasaje, indicando sus antecedentes en el Antiguo Testamento, su función en la Iglesia primitiva, y su significado para el hombre de hoy. En este libro se encuentra el primer gran comentario a los capítulos iniciales de Mateo y Lucas, que desde ese momento servirá de referencia a otros autore
Articulando las cuatro narraciones evangélicas en un relato unificado, Raymond E. Brown nos ofrece
un estudio simultáneo de los relatos de la pasión y muerte de Jesús hecho desde la perspectiva de lo que los cuatro evangelistas quisieron transmitir. De esta manera logra “traducir” los respectivos mensajes
evangélicos y hacerlos más comprensibles para el lector moderno. La información que proporciona es amplísima y las opiniones emitidas están sólidamente fundadas.
La muerte del Mesías contiene un estudio simultáneo de los relatos de la pasión y muerte
de Jesús, efectuado desde la perspectiva de lo que los cuatro evangelistas quisieron
transmitir. Desde esta perspectiva, Raymond E. Brown logra «traducir» los respectivos
mensajes evangélicos y hacerlos más comprensibles para el lector moderno. Articulando
las cuatro narraciones evangélicas en un relato unificado, pero destacando sus diferencias
en el comentario, la presente obra se constituye como un estudio erudito y exhaustivo,
que, sin embargo, resulta inteligible a cualquier persona culta.
Nel 1955, a dieci anni, Edwars Espé Brown fece visita alla zia Alice, in Virginia, che gli fece mangiare il suo pane fatto in casa. Fu un incontro che avrebbe cambiato la vita del bimbo, destinato a diventare un celebre maestro Zen americano: da allora Edward volle imparare a riprodurre quel sapore genuino e pieno d’affetti. Perché se davvero siamo quello che mangiamo, e se non c’è nulla di più buono e semplice del pane, anche impastare e cuocere una pagnotta può avere un significato spirituale, può metterci in contatto con il nostro io più profondo. È questo lo spirito del Libro tibetano del pane, scritto nel centro Zen di Tassajara, in California: un ricettario ricco di idee per cucinare, alimentarsi e vivere all’insegna del vero benessere.
Un libro che vuole esortare i genitori a vivere all'aria aperta e praticare attività con i propri figli: escursioni, arrampicata, campeggio libero, rafting e lunghissime e rigeneranti camminate. In palio c'è la bellezza della natura, vi pare poco? A volte l'eccesso di protezione è un deterrente per questa filosofia di vita. Ma la vita all'aria aperta è per i bambini e i ragazzi una necessità e una fonte per sviluppare la personalità e la fantasia. Niente più orologio ma, al suo posto, i ritmi delle stagioni: si mangerà quindi quando si sentirà la fame, si andrà a dormire quando si sarà stanchi e, alla sera, davanti al fuoco, tutti racconteranno le loro storie. E attraverso queste piccole cose che, racconta l'autore, si arriva a capire ciò che davvero è importante. Migliorare il proprio carattere. Essere aperti a nuove persone, attività, idee. La meta non conta, conta piuttosto la strada che percorriamo insieme. Non si tratta solo di noi! Un libro da leggere insieme ai propri figli e poi da lasciare a casa perché nello zaino... pesa!
Londra, 1649. A sentir parlare la gente, Rachel Lockyer si definisce solo in base a ciò che non è: non è sposata benché non sia più giovanissima, non è molto istruita, non è una buona cristiana. Non sono certo viste come virtù la sua indipendenza - si guadagna da vivere come apprendista guantaia - né la sua andatura decisa, e tanto meno la fierezza con cui accetta, pur senza rassegnarsi davvero, un'esistenza ben diversa da quella che sperava. Inevitabile, quindi, che tutti siano subito pronti a puntare il dito contro di lei quando il corpo senza vita di un neonato viene rinvenuto nei boschi dietro il mattatoio. La creatura sarebbe stata il frutto della relazione clandestina tra Rachel e un uomo sposato, padre di una famiglia numerosa e mente di una fazione di agitatori politici. Nessuno, in realtà, ha la certezza che lei portasse in grembo un figlio; nessuno può provare che lei abbia tolto la vita a quella bambina dopo avergliela donata. Anche perché, nel frattempo, Rachel tace. Non ammette, né smentisce. Malelingue e ipocrisia non possono che avere la meglio, nell'Inghilterra governata dai Puritani, dove la giustizia è spietata verso le madri nubili, trattate al pari di streghe. Ma mentre tutta la città si mobilita intorno al processo che potrebbe condannarla al patibolo, Rachel saprà sfidare con il suo coraggio e il suo silenzio le leggi degli uomini. E il destino stesso.
Ambiguo e contraddittorio almeno quanto scettico e disperato, Qohelet sembra scoraggiare ogni tentativo di commento, a maggior ragione tradizionale, soprattutto se volto alla ricerca di una precisa coerenza interna che ne difenda l'autorevolezza testuale. Il carattere provocatorio di questo libro biblico così spesso incompreso e svalutato nonché la sua saggezza non di rado iconoclasta sembrano piuttosto invitare allo scontro critico e all' opposizione, nel tentativo di arginarne gli elementi più problematici. Per William P. Brown, tuttavia, un commento fedele all'essenza di "Qohelet" deve porsi lungo una sottile linea di dialogo tra una spiegazione del testo che non debba necessariamente difenderlo e una critica che non lo rifiuti in toto, lasciando che esso diventi fonte di interrogativi che stimolano la riflessione esistenziale e teologica.