Le pagine qui raccolte contribuiscono alla ricostruzione del pensiero di un prete scomodo a lungo incompreso. Nelle sue riflessioni sul sacramento della confessione, sulla povertà, la guerra, la famiglia, le opere di Antonio Rosmini, il laicato, la giustizia, emerge la passione riformatrice di don Primo Mazzolari (1890-1959), progressivamente diventato, molti anni dopo la sua morte, un punto di riferimento per il Concilio Vaticano II e per il rinnovamento della Chiesa del XXI secolo.
Un "maestro nell'arte di pensare, di vivere e di pregare". All'Angelus del 29 aprile 1975 Paolo VI rievocava con commosse parole la figura di Jacques Maritain. La loro amicizia, iniziata nel lontano 1925 e intensificata tra il 1945 e il 1948, quando il filosofo fu nominato Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, era essenzialmente "intellettuale". L'ipotesi storiografica che sta alla base del libro è che il ruolo svolto indirettamente da Maritain e direttamente da Montini nella cultura italiana degli anni centrali del Novecento sia stato lo "sdoganamento" della modernità, con tutte le sue implicazioni, dallo schietto riconoscimento della libertà di coscienza alla fondazione della legittima laicità dello Stato. La "svolta" impressa alla storia della Chiesa dal concilio Vaticano II non sarebbe stata possibile, o si sarebbe diversamente orientata, senza il contributo di pensiero di questi due eminenti intellettuali, che nel confronto ideale sul rapporto tra cristianesimo e civiltà hanno scritto un importante capitolo della storia delle idee del secolo scorso.
Nella vasta gamma delle riviste e dei giornali pubblicati da quella sorta di organizzazione di massa che è stata, fra il Secondo dopoguerra e il Concilio, la Gioventù italiana di Azione cattolica (Giac), spicca la testata "Gioventù", espressione della componente adulta dell'associazione (i Seniores). Negli anni Cinquanta e Sessanta, Giorgio Campanini, allora delegato nazionale Seniores, collabora con "Gioventù" nell'edizione rivolta ai "professionisti" (studenti universitari e giovani all'inizio del loro percorso professionale). Questa lunga collaborazione trova tra le pagine di "La gioventù cattolica" e la "svolta" conciliare la prima raccolta antologica di articoli, strutturata su una base prettamente tematica. Ciò che emerge da questi scritti è la componente di novità introdotta nel dibattito ecclesiale di quegli anni dalla Giac e il contributo dell'associazione alla preparazione del Concilio Vaticano II. Una esigenza, peraltro, già da tempo maturata dai giovani laici dell'Azione cattolica, che auspicavano un profondo e radicale rinnovamento della cultura e della stessa spiritualità del cattolicesimo italiano.
È una sensazione condivisa, di questi tempi, nelle nostre comunità cristiane: un senso di oppressione, quasi mancasse il respiro. Come per una Chiesa piuttosto in affanno, fino ad avere il “fiato corto”. Si attribuisce spesso l’inizio di tutti i mali presenti alla svolta segnata dal concilio Vaticano II, ma è una tesi non giustificata. Se ci fu un momento in cui il respiro della Chiesa si fece ampio, fu proprio quello: ricuperando le dimenticate profondità della Scrittura e della Tradizione, riattivando i legami con le altre Chiese cristiane, aprendo le finestre verso un mondo in fermento. Si era tornati, insomma, a respirare a pieni polmoni, utilizzando le molteplici risorse che lo Spirito mette a disposizione del Corpo di Cristo. Poi, per una serie di motivi che qui, almeno in parte, si cerca di individuare e documentare, si ebbe forse timore di osare troppo, impauriti, come l’apostolo Pietro, per un vento che soffiava forte. E ci si è rassegnati ad un piccolo cabotaggio, in un rassicurante andirivieni tra una sponda e l’altra. Eppure il vento soffia ancora.