"Le professioni in cui si trova maggior opera d'ingegno o grande vantaggio, come la medicina, l'architettura, l'insegnamento delle arti liberali, sono decorose per coloro alla cui condizione si addicono. Il commercio poi, se esercitato alla spicciola, è da considerarsi indecoroso; se poi lo è in grande, importando moltissime merci da ogni dove e distribuendole a molti senza ricorrere a frode non è affatto da biasimare." (Marco Tullio Cicerone)
Questo celebre, fortunatissimo dialogo ciceroniano (Laelius de amicitia, 44 a.C.), che s'immagina condotto da tre illustri interlocutori, affronta argomenti di sempreverde attualità: che cos'è l'amicizia, da che cosa nasce e a quali fini tende, come deve essere vissuta al meglio, quali difficoltà può incontrare - per esempio, le differenze d'età o di condizione sociale - e di quali cautele conviene avvalersi in un rapporto che resta pur sempre delicato e complesso. La tesi di Cicerone, ispirata soprattutto a "fonti di orientamento platonico e stoico, è assai nota: contro certe posizioni utilitaristiche propugnate dagli epicurei, la vera amicizia è per lui, un sentimento del tutto disinteressato, un rapporto insostituibile che, dopo la sapienza, rappresenta il massimo bene cui l'uomo possa aspirare".
Sobre el orador (completado en el 55 a.C.) es el más valorado de los tratados que Cicerón dedicó a la materia de la oratoria, de la que describe los principios generales para instrucción de los jóvenes que vayan a desempeñar cargos públicos en el estado. Está estructurado en varios diálogos, situados en la villa que Craso poseía en Túsculo y en los que los principales participantes son Craso, Marco Antonio, Q. Mucio Escévola el Augur (gran abogado como Cicerón), el cónsul Q. Cátulo y el orador C. Julio César Estrabón.
Craso sostiene que el orador debe poseer un amplio conocimiento de las ciencias, de la filosofía y, sobre todo, del derecho civil (un ideal ambicioso que sin duda expresa el criterio de Cicerón); Antonio, menos exigente en sus demandas y según un planteamiento utilitarista, se contenta con que sea capaz de agradar y convencer, sin que por ello precise de grandes conocimientos, y se extiende sobre los métodos para persuadir a los jueces (aunque al día siguiente reconoce que sólo ha contradicho a Craso por el gusto de discutir) ; César trata del ingenio y el humor, que le habían dado gran fama, con un repertorio de chistes que refleja los gustos y la mentalidad de los romanos, y una clasificación de recursos humorísticos en setenta y cinco capítulos (216-90); Craso, por último, se ocupa de los estilos y las figuras de dicción (de especial interés es el tratamiento de la metáfora): se advierte en estos razonamientos que Cicerón valoraba el lenguaje en relación con la poesía. En conjunto, se concluye que el perfecto orador ha de ser un «hombre íntegro» formado en una educación liberal sin precedentes.
Uomo eminentemente politico, rientrato dopo un anno di esilio a Roma, Cicerone si dedicò alla scrittura delle sue opere maggiori. I suoi trattati sono improntati a un forte impegno civile, che assoggetta l'educazione etica alla convivenza sociale. Nel "Fato" affronta la contraddizione tra la concezione stoica del destino, inteso come ferrea necessità, e il libero arbitrio, per definire lo spazio decisionale - e le responsabilità - dell'uomo. Nel "Sogno di Scipione" avvalora la vita attiva come fondamento e presupposto della futura felicità ultraterrena, che spetta solo a coloro che hanno agito per il bene comune in funzione della patria.
Il volume raccoglie "Le tusculane" e "De senectute - De amicitia". "Le tusculane" sono cinque trattati filosofici, scritti sotto forma di dialoghi, con i quali il celebre retore romano affronta i grandi problemi della vita. De senectute - De amicitia" sono due fondamentali trattati filosofici composti da Cicerone un anno prima della morte.
Il volume sulle "opere politiche di Cicerone contiene il trattato "Dei doveri", ultima delle grandi opere di politica e di morale di Cicerone, un appassionato richiamo ad arginare la decadenza dei costumi e a coltivare quegli ideali di virtù e onestà che avevano fatto la grandezza di Roma. Il volume ospita inoltre il trattato "Dello stato", solo nel XIX secolo parzialmente ritrovato, sintesi della riflessione filosofica e dell'esperienza politica del grande oratore. Cicerone ricerca la possibilità di attuare il migliore Stato reale e la vede in un'opportuna fusione delle tre forme di governo, attuata nell'ordinamento romano dei tempi antichi. In appendice al volume, "Le Catilinarie": attraverso una fitta trama di situazioni, personaggi, caratteri, problemi sociologici, intrecci politici d'interesse, simpatie e antipatie viscerali, motivi propagandistici ricorrenti e osservazioni finemente ironiche, le orazioni attorno a una vicenda nota come la 'congiura di Catilina' costituiscono uno dei testi più densi e più celebri dell'oratoria politica romana.
Quella attuale è senza dubbio la società della comunicazione, ma gli odierni corsi universitari non aggiungono molto di nuovo a quanto ben conoscevano gli oratori antichi, che con lo studio dell'eloquenza avevano elevato la comunicazione a vera e propria arte. Principe degli oratori latini era Cicerone, che nelle sue opere ha lasciato veri trattati di comunicazione, ricchi e organici. Raccogliendo brani di diversi scritti, questo agile volume offre una serie di consigli molto pratici e delinea un ritratto del perfetto comunicatore valido ancora oggi, dopo oltre duemila anni e incommensurabili mutamenti sociali e culturali.
Il volume raccoglie le appassionate e drammatiche orazioni (14 giunte fino a noi) che Cicerone pronunciò tra il 44 e il 43 a.C. per indurre il Senato a dichiarare il console Antonio "nemico della patria" a causa delle sue mire oligarchiche.
Si può leggere quest'opera in due prospettive: come "fonte" per ricostruire la storia religioso-filosofica antica in uno dei suoi aspetti più suggestivi, o come espressione del pensiero, dell'ideologia politico-religiosa e dell'arte di Cicerone, in uno dei periodi della sua vita più fecondi di opere e insieme più travagliati biograficamente e politicamente. Cicerone smaschera l'ipocrisia degli indovini, sostenendo che è meglio ammettere la propria ignoranza piuttosto che, per non volerla riconoscere, tentare l'ignoto e postulare la presenza del divino quando è proprio questo misterioso divino che inquina con dubbie pratiche di superstizione la schiettezza della religione.
Si tratta di una breve composizione che presenta un commento a sei affermazioni paradossali del pensiero stoico, che Cicerone tenta, con la sua arte retorica, di rendere accessibili al grande pubblico dei lettori. L'impresa è stimolante per il grande oratore, soprattutto se si tiene conto che gli Stoici adoperavano sovente un linguaggio sintetico e difficile, se non addirittura astruso. La trattazione filosofica si arricchisce di una vasta esemplificazione tratta dalla storia nazionale e dai suoi personaggi più famosi nonché di una serie di ritratti, ricavati dalla vita di ogni giorno.