"Nella Roma repubblicana l'oratoria era il sapere più strettamente legato alla politica: riflettere sulla pratica oratoria e sulla fisionomia dell'oratore significava quindi intervenire in un campo di problemi intrecciato e in parte sovrapposto all'ambito della politica. Occuparsi della formazione dell'oratore, in particolare, equivaleva a occuparsi della formazione del cittadino romano nel senso più pieno: il modello di oratore ideale che il 'De oratore' si propone di delineare coincide perciò con quello del cittadino (e uomo di governo) ideale. Cicerone affrontò questo tema nel 55 a.C., in un momento in cui, parallelamente alla grave crisi delle istituzioni repubblicane, anche i modelli culturali tradizionali erano in discussione, e saperi specializzati e professioni tecniche emergevano a minaccia di quella cultura unitaria la cui difesa è uno degli obiettivi dell'opera."
Dai trattati sul destino di Cicerone, dello pseudo-Plutarco e di Alessandro di Afrodisia - gli unici che l'antichità ci ha trasmesso - emergono dei temi divenuti classici. Il conflitto fra un'ontologia "chiusa" (dove l'essere è un tutto già da sempre compiuto) e un'ontologia "aperta" (con molteplici e indipendenti fattori del divenire) all'interno del pensiero ellenistico verte sul ruolo da attribuire al principio di causalità, ed è questa la sua specificità rispetto al modo in cui l'idea del "destino" si presentava non solo in Omero o nei Tragici ma anche nei pensatori più antichi come Pitagora, Eraclito o Parmenide, dove la nozione di causa è del tutto assente. In gioco è il rapporto fra destino universale e libertà particolare, fra l'esteriore e l'interiore, fra Dio e l'uomo o fra la natura e lo spirito, e in particolare la legittimità di ritagliare all'interno di un mondo condizionato da rapporti causali necessari uno spazio vuoto tale da poter essere gestito da soggetti autonomi. Ma se l'uomo è libero nella misura in cui svolge liberamente la parte assegnatagli dal destino, come dobbiamo spiegare i comportamenti negativi?Una dialettica necessità/libertà rimasta sostanzialmente inalterata nella cultura occidentale, prolungandosi con altri linguaggi e altri autori nel pensiero cristiano e nella filosofia moderna.
"Le professioni in cui si trova maggior opera d'ingegno o grande vantaggio, come la medicina, l'architettura, l'insegnamento delle arti liberali, sono decorose per coloro alla cui condizione si addicono. Il commercio poi, se esercitato alla spicciola, è da considerarsi indecoroso; se poi lo è in grande, importando moltissime merci da ogni dove e distribuendole a molti senza ricorrere a frode non è affatto da biasimare." (Marco Tullio Cicerone)
Questo celebre, fortunatissimo dialogo ciceroniano (Laelius de amicitia, 44 a.C.), che s'immagina condotto da tre illustri interlocutori, affronta argomenti di sempreverde attualità: che cos'è l'amicizia, da che cosa nasce e a quali fini tende, come deve essere vissuta al meglio, quali difficoltà può incontrare - per esempio, le differenze d'età o di condizione sociale - e di quali cautele conviene avvalersi in un rapporto che resta pur sempre delicato e complesso. La tesi di Cicerone, ispirata soprattutto a "fonti di orientamento platonico e stoico, è assai nota: contro certe posizioni utilitaristiche propugnate dagli epicurei, la vera amicizia è per lui, un sentimento del tutto disinteressato, un rapporto insostituibile che, dopo la sapienza, rappresenta il massimo bene cui l'uomo possa aspirare".
Il volume sulle "opere politiche di Cicerone contiene il trattato "Dei doveri", ultima delle grandi opere di politica e di morale di Cicerone, un appassionato richiamo ad arginare la decadenza dei costumi e a coltivare quegli ideali di virtù e onestà che avevano fatto la grandezza di Roma. Il volume ospita inoltre il trattato "Dello stato", solo nel XIX secolo parzialmente ritrovato, sintesi della riflessione filosofica e dell'esperienza politica del grande oratore. Cicerone ricerca la possibilità di attuare il migliore Stato reale e la vede in un'opportuna fusione delle tre forme di governo, attuata nell'ordinamento romano dei tempi antichi. In appendice al volume, "Le Catilinarie": attraverso una fitta trama di situazioni, personaggi, caratteri, problemi sociologici, intrecci politici d'interesse, simpatie e antipatie viscerali, motivi propagandistici ricorrenti e osservazioni finemente ironiche, le orazioni attorno a una vicenda nota come la 'congiura di Catilina' costituiscono uno dei testi più densi e più celebri dell'oratoria politica romana.
Il volume raccoglie le appassionate e drammatiche orazioni (14 giunte fino a noi) che Cicerone pronunciò tra il 44 e il 43 a.C. per indurre il Senato a dichiarare il console Antonio "nemico della patria" a causa delle sue mire oligarchiche.