Con l'istituzione del Congresso Sionista nel 1897 Thwxlor Herzl diede voce e forma alle molteplici anime dell'ebraismo, traghettando l'antica questione ebraica dalla sfera social-religiosa alla più appropriata dimensione giuridico-diplomatica internazionale. Egli riuscì così a imporsi all'attenzione dei grandi della terra e a far sì che dall'ottocentesca idea di nazione gli ebrei non fossero esclusi. Dando vita al "Parlamento della nazione ebraica", che avrebbe ininterrottamente presieduto fino alla morte (1904) e, quindi, attraverso sei congressi, Herzl avrebbe anticipato così la successiva fondazione dello Stato e la legittimazione del territorio sul quale Israele sarebbe poi effettivamente nato. Come già intuito all'indomani della Prima guerra mondiale da Francesco Ruf-fini, il ruolo di Herzl nel risveglio nazionale ebraico può esser paragonato a quello svolto da Giuseppe Mazzini nella storia italiana: entrambi si fecero promotori di una sfida alla realtà e al realismo dei loro tempi, entrambi seppero esprimere straordinaria dedizione alla cosiddetta politica dell'irrealtà. Prefazione di Francesco Cossiga.
La distinzione consapevole ed esplicita tra fazioni e partiti, e con essa la moderna idea dei partiti, risale al costituzionalismo inglese del XVIII secolo, segnatamente ad Edmund Burke ed alla sua rivendicazione di “onorevoli connessioni” per il buon funzionamento del sistema politico. Un'idea, quindi, legata alla storia, alle istituzioni, alle procedure di quel governo rappresentativo e responsabile che, come nuova prassi costituzionale, aveva segnato l'esperienza dell'Inghilterra di Walpole. Invece in Francia si considerano i partiti "parti" contro il "tutto": alla cultura politica dell'illuminismo francese il modello inglese parve fondamentalmente legato alla court, lontano dal country, ristretto ad una oligarchia imperniata sulla corruzione parlamentare, povero di tensione ideologica. Di qui uno dei più irriducibili motivi di antitesi fra "evoluzione" inglese e "rivoluzione" francese: da un lato l'esigenza dei partiti, dall'altro lato l'avversione ai partiti. L'Autore ne ha ricostruito i diversi aspetti, anche alla luce di quel che ha significato la riflessione sui partiti nella storia del liberalismo e della democrazia
Sieyès e Burke, la rivoluzione francese del 1789 e quella inglese del 1688, costituiscono l'irriducibile opposizione che ha segnato storia e geografia degli ordinamenti liberali: da un lato i diritti da dichiarare , dall'altro i diritti da preservare. Passando dal piano della storia a quello della filosofia, della sociologia, della politologia, della giurisprudenza. Compagna segue l'evolversi di queste due tradizioni che, divise dal momento della crisi dell'assolutismo, si sarebbero reincontrate nella comune lotta al totalitarismo.