Quella qui presentata per la prima volta in traduzione italiana è l'edizione commentata della straordinaria corrispondenza (1920-1936) intrattenuta da Étienne Gilson (1884-1978) col suo discepolo Henri Gouhier (1898-1994), con un saggio (1904-1907) del giovane Gilson, studente alla Sorbona, su Malebranche e la Scolastica, corredato dalle osservazioni di Victor Delbos (1862-1916), suo professore. Malebranche è il filo conduttore di quest'opera, che documenta la genesi di due avvenimenti cruciali della storiografia filosofica novecentesca: il riconoscimento di una vera cittadinanza accademica a Malebranche in storia della filosofia, che si deve alla tesi dottorale sull'oratoriano che Gilson suggerì al suo discepolo; le ricerche sui rapporti fra Scolastica e filosofia moderna, cui un impulso decisivo fu dato, come noto, dall'Index scolastico-cartésien, pubblicato da Gilson nel 1913, ma la cui intuizione di fondo Il Momento Malebranche ravvisa già nel saggio giovanile su Malebranche. Questa edizione italiana vede la luce in un frangente di rinnovato interesse, in ambito internazionale, nei confronti dell'opera di Gilson: nel 2019, è apparso presso Vrin il primo volume delle OEuvres complètes, cui fa seguito il Nouvel Index scolastico-cartésien di Igor Agostini.
Questo libro, al suo apparire nel 1924, s'inquadrava in un progetto di ricerca, intenzionalmente perseguito dall'autore come lotta contro il pregiudizio «razionalistico» di un medioevo privo di originalità filosofica, ma anche contro un certo conformismo neo-scolastico tendente a far confluire sulle posizioni tomistiche la varietà delle posizioni degli altri esponenti della tradizione scolastica. Lo scopo di Gilson era mostrare l'esistenza di un pensiero medievale degno del nome di filosofia, cioè di sapere fondato nell'evidenza della ragione, ma anche correggere, in nome della storia ridata a se stessa, una certa ideologia del medioevo filosofico-teologico che s'inibiva di cogliere tutta la ricchezza e la complessità della storia stessa di questa convivenza di teologia e filosofia per incanalarsi troppo rapidamente in una sorta di reductio diversarum doctrìnarum ad Thomam. Il primato di Tommaso, più che un «dogma» fondato su una venerabile tradizione di ammirazioni, doveva essere qualcosa da riscoprire nella circolarità tra il rigore storiografico e un impegno teoretico-dialettico di confronto.
Nell'affrontare il pensiero dantesco Gilson evita di apporgli una comoda etichetta classificandolo tra le filosofie già costituite del tempo, si impegna piuttosto nel tentativo pienamente riuscito di comprenderlo secondo i tratti che gli sono singolari e unici. Per Gilson collocare storicamente il pensiero dantesco non significa ricondurlo al tomismo o all'averroismo, come si è maldestramente preteso, quanto invece mostrarne l'impianto teoretico originale e solidamente giustificato nei suoi propri principi in un continuo confronto con le principali e tra loro molto varie correnti filosofiche del tempo. Attraverso una penetrante disamina del "Convivio", della "Monarchia" e della "Commedia" viene messa a fuoco l'idea dantesca fondamentale dell'armonia dei tre ordini: politico, filosofico e teologico. Armonia che per Dante si realizza soltanto attraverso il riconoscimento della completa autonomia, pur in una gerarchia di dignità, di ognuno dei tre ordini e del loro specifico ruolo assegnato dalla Provvidenza divina.
Quella che qui è pubblicata è la sesta e ultima edizione de Le thomisme di Étienne Gilson, che segnò nel 1965, data di apparizione, il termine di un lungo percorso apertosi nel 1919 con la prima edizione. Tra le numerose monografie del filosofo e storico della filosofia francese, Le thomisme è senza dubbio quella che si può considerare il libro di una vita, una specie di viatico che si muove e si rinnova, anche molto sensibilmente, con gli anni che passano fi no ad esprimere nelle ultime edizioni insieme con la maturità di certe intuizioni giovanili anche autentiche prospettive di innovazione. Nell’assiduo lavoro di storico (non solo medievale) e di teoreta, Gilson si è sempre confrontato, anche quando il suo studio si incentrava su altri autori, altri aspetti o altri periodi, col pensiero avvincente e sicuro di Tommaso d’Aquino. Istruttivo soprattutto per i filosofi cristiani e particolarmente per quei neo-tomisti nel cui novero tuttavia Gilson faticava a riconoscersi. Egli infatti sottolineava che l’autentico «sistema» filosofico di Tommaso traeva significato e forza dal fatto storico che Tommaso fosse anzitutto “teologo”, fortemente motivato a far risplendere la verità della sua fede nella sua integralità. Ciò stimolò, per Gilson, il contemporaneo costituirsi di una grande e intensa teologia che non poteva non includere una grande filosofia, resa solida dalla duplice critica (interna) della ragione e (esterna) della fede, entrambe in grado di attraversare i secoli, e ancora disponibili nel presente, per il valore intrinseco della loro consistenza. Il neo-tomismo tendeva ad una valorizzazione invece della «filosofia» tomista a prescindere dal suo contesto genetico che è quello di un credente-teologo impegnato nel dirsi e nel dire la verità, la bontà, la bellezza della sua fede. Si contava sul risultato «filosofico» di Tommaso, ritenuto nel suo valore spendibile nel dialogo critico con la modernità, senza chiedersi – ciò che invece Gilson ha fatto fin dall’inizio senza temere le incomprensioni dei «razionalisti» – a cosa fosse dovuto. Gilson era convinto che nel medioevo si fossero elaborate una molteplicità di filosofie, nuove e originali per effetto della fede, di livello autenticamente filosofico e così diverse rispetto a quelle dell’antichità nate in un contesto storico in cui fu assente la fede cristiana e rispetto a quelle della modernità che per principio si distanziarono dal contesto teologico e dalle sue stimolazioni.
Lo scozzese Giovanni Duns Scoto (1265-1308), contemporaneo di Dante Alighieri, figura tra i più conosciuti pensatori del medioevo. Divenuto francescano, si formò a Oxford e a Parigi e vi insegnò la teologia commentando ripetutamente il libro delle Sentenze del Lombardo. Operò un trentennio dopo la morte di Tommaso d'Aquino, risentendo del clima profondamente mutato a partire dalle condanne parigine e oxoniensi del 1277. Dopo un periodo di incertezze, il suo credito crebbe presso i teologi dell'ordine di san Francesco, dando origine, al pari di san Tommaso, a una vera e propria scuola scotista che attraversò i secoli. Etienne Gilson (1884-1978), il grande storico della filosofia medievale, non potè non incontrarlo di continuo nel corso della sua longeva vita di studi, ma il suo interesse si concretizzò in una monografia tutta dedicatagli solo molto tardi. Infatti tra gli ancora validissimi e fondamentali volumi gilsoniani su alcuni dei principali pensatori medievali (Il tomismo - con le sue sei edizioni dal 1919 al 1965 che ci offrono in realtà libri molti diversi -, La filosofia di san Bonaventura del 1924, Introduzione allo studio di sant'Agostino del 1929, La teologia mistica di san Bernardo del 1934), quello su Giovanni Duns Scoto, apparso nel 1952, è cronologicamente l'ultimo.