"Storia sentimentale del telefono" è il racconto lungo 150 anni del nostro romantico e turbolento rapporto con questa invenzione rivoluzionaria. Un album di ricordi composto dalle telefonate che ci siamo scambiati da ogni parte del mondo. Tutto è iniziato quasi per caso. Da una donna malata e un marito che non voleva lasciarla sola mentre lavorava in un'altra stanza. L'esigenza che aveva spinto l'emigrato italiano Antonio Meucci a progettare il «telettrofono» è rimasta la stessa attraverso tutta l'evoluzione di questo prodigioso oggetto: comunicare, annullare le distanze. Ma come siamo cambiati noi, mentre cambiava il modo di farlo? Che esseri umani erano quelli che entravano nelle cabine telefoniche armati di un sacchetto di monetine? E quanto siamo diversi da chi allungava il filo a spirale della cornetta da una stanza all'altra in cerca di un po' di privacy? Ci hanno fatto perdere di più la pazienza la linea che cade o le insistenti chiamate dei call center? Bruno Mastroianni ci guida in un viaggio che da Meucci e Bell conduce sino al dispositivo fisso con la rotella e ai primi cellulari, per approdare infine all'era degli smartphone, in cui telefonare è diventata l'ultima necessità per cui utilizziamo il telefono: una narrazione che si snoda tra storia e costume, musica e pubblicità, per raccontare come, in uno strumento così semplice e geniale, abbiamo trovato il mezzo per esprimere la nostra anima.
Questo libro non vuole essere un manuale di comunicazione gentile, ma il suo contrario: un corso di "lotta di strada" per imparare a stare nei conflitti quando ci si sente circondati, quando si è fatto qualche passo falso e tutto sembra andare storto. Perché non bisogna aver paura della naturale tendenza umana a litigare, occorre solo guardarla in faccia per quella che è: una forma di violenza (verbale) che è l'ultimo rifugio degli incapaci (a discutere), parafrasando Asimov. In una società iperconnessa che oscilla tra il cittadino "silenzioso" che, per eccesso di politicamente corretto, non ha più voglia di discutere, e il cittadino "urlatore" immobile nelle sue posizioni impermeabili a ogni confronto, abbiamo bisogno di persone che sappiano fare la differenza discutendo. Dalle ceneri fallimentari dei nostri litigi possono nascere, infatti, dispute felici piene di soddisfazione. Basta imparare dagli errori: come quando sbagliamo, anche litigando si impara.
Questo libro parla di noi, persone connesse tramite i social network con le parole, forse lo strumento più immediato e potente che abbiamo a disposizione in quanto esseri umani. Eppure, spesso le usiamo in maniera frettolosa e superficiale, senza valutarne le conseguenze. Poiché le possibilità di fraintendimenti, ostilità e interpretazioni distorte dei fatti sono massime laddove non possiamo guardarci in faccia, in rete e in particolare sui social network le parole che scegliamo hanno un peso maggiore, su di noi e su chi ci sta attorno. Infatti oggi la comunicazione sul web appare avvelenata dal bullismo, dalle notizie false e dai continui conflitti. Ci sentiamo intrappolati dall'odio, dalla paura e dalla diffidenza. La verità è che siamo diventati iperconnessi, viviamo contemporaneamente offline e online ed è una condizione complessa, che occorre imparare a gestire. Non esistono formule magiche ma, nel suo piccolo, ciascuno di noi può fare la differenza, curando con più attenzione il modo in cui vive - e quindi parla - in rete: di sé, di ciò che accade, degli altri e con gli altri. La nostra vita interconnessa non dipende, in ultima istanza, dagli strumenti e dagli algoritmi, e nemmeno dai proprietari delle piattaforme: sta a noi scegliere chi siamo e cosa vogliamo in rete. Una sociolinguista e un filosofo della comunicazione, esperti naviganti della rete, ci indicano una delle strade da percorrere per vivere in modo finalmente libero le ricchezze che il web e i social ci offrono: imparando a padroneggiarli senza lasciarcene schiacciare, a decifrarne i messaggi senza farci manipolare, a capire e farci capire attraverso una scelta accorta e consapevole delle parole.
«Questo libro è un esperimento. Di san Josemaría Escrivá esistono molte biografie valide e ben scritte. Esistono anche diverse pubblicazioni fotografiche ricche di immagini. Quello di cui si sentiva il bisogno era un testo che riuscisse a mettere assieme le due cose: la vita di san Josemaría narrata attraverso immagini e racconti. Un testo che ricreasse ciò che accade quando si sfoglia un album fotografico in famiglia e, indicando le foto, si chiede a genitori e parenti di raccontare le storie delle persone che vi sono ritratte.
Sono state scelte oltre un centinaio di immagini. Quelle più significative. Quelle che rappresentano momenti, luoghi e persone che hanno avuto un posto nella vita del fondatore dell’Opus Dei. A ciascuna immagine è stato abbinato un testo. Per ogni istantanea un pezzo di storia.
Il libro inizia dall’infanzia di san Josemaría e, attraverso le tappe principali della sua vicenda umana – dalla chiamata che sentì ancora giovanissimo alla fondazione dell’Opus Dei, dagli anni romani alla diffusione dell’Opera nel mondo –, finisce con il raccontare che cos’è l’Opus Dei oggi. Le due cose sono profondamente legate. Non si può capire infatti questa “mobilitazione di cristiani disposti a sacrificarsi con gioia per gli altri, a rendere divini tutti i cammini umani della terra” – come il fondatore stesso la definiva – se non a partire dall’esempio cristiano e dall’amore per il mondo creato da Dio che egli stesso apprese dai suoi genitori.
Una sezione è stata riservata alla storia dell’Opus Dei in Italia, alle persone che per prime iniziarono le attività apostoliche e alle iniziative sociali che ancora oggi sono al servizio di tutti nel nostro paese. E non poteva mancare un capitolo dedicato a monsignor Álvaro del Portillo, primo successore di san Josemaría, di cui è in corso il processo di beatificazione.»
Bruno Mastroianni
Nota sull'Autore: Bruno Mastroianni (1979), laureato in filosofia, si occupa di comunicazione e di relazioni con i media. Lavora presso l’Ufficio Informazioni della Prelatura dell’Opus Dei (www.opusdei.it) dove cura le relazioni con i giornalisti italiani. è docente incaricato di Media Relations presso la facoltà di comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce (www.pusc.it). Scrive su quotidiani e periodici su temi di religione, società e cultura.
*************LA NOSTRA RECENSIONE*************
Colui che mai non vide cosa nova
produsse esto visibile parlare,
novello a noi perché qui non si trova.
(Purg X, 94-96)
Dante, scortato dal suo maestro Virgilio, nello scalare il monte del Purgatorio, giunge dinnanzi ad un qualcosa di meraviglioso e strabiliante per gli occhi di un uomo. Dopo la prima salita, Dante raggiunge il girone in cui le anime vengono purificate dalla superbia. Guardandosi intorno egli scopre sulla parete della montagna un bassorilievo dalle forme stupende, così belle da sembrar vere e gli nasce la meraviglia per qualcosa che sulla terra non è realizzabile o sperimentabile. Avvicinandosi scopre che ciò che lui vede scolpito nella roccia realmente è capace di dialogo, di comunicazione con l'osservatore.
Questa suggestione dantesca spesso è stata applicata o alla scrittura o alle arti estetiche. La scrittura come elemento visibile, su carta, pergamena, roccia o bronzo e così via, è capace di trasmettere qualcosa al lettore nelle forme più varie del testo scritto e nella principale azione del leggere. Anche le immagini, con un livello comunicativo differente, sono in grado di entrare in dialogo con l'osservatore, catturandone l'attenzione e fornendogli le suggestione mediate dai colori, dalle pennellate e dalle forme che in esse sono composte.
Sollecitati dalla Commedia e restando ancorati all'ambito della lettura, ci troviamo dinnanzi ad un'iniziativa editoriale sulla quale è possibile fermare l'attenzione a partire da due rilievi.
In primo luogo il volume curato da Bruno Mastroianni, San Josemaría Escrivá. Una biografia per immagini del fondatore dell’Opus Dei, edito da Lindau nella collana i “I pellicani”, pensato e voluto come un testo agiografico in cui si intrecciano la forte santità del Balaguer e la familiarità che di lui hanno i membri dell'Opus Dei, è un generoso contributo per la comprensione della santità come esperienza concreta: la vita di fede, di preghiera e di conversione non fanno riferimento a degli ideali astratti ma sono le categorie di un vissuto concreto ed autentico alla sequela del Signore. La Verità diviene quindi la regola della propria esistenza. Il secondo rilievo ha come oggetto la suggestione dantesca con cui abbiamo iniziato. Questa nuova raccolta biografica su san Josémaria Escrivà ha il pregio di ricondurci all'esperienza di Dante nel primo girone del Purgatorio. Come egli si era lasciato prendere dalle immagini scolpite e dalle battute che alternativamente si scambiano, così il lettore può stupirsi nel vedere le immagini di san Josémaria lette alla luce del testo che le accompagnano. In molti potranno riconoscere e fissare nella memoria l'opera stupenda che Dio ha compiuto nel suo servo José. Le sue intuizioni e la sua testimonianza evangelica, trasmesse con la mediazione del testo scritto, si imprimono nella memoria e nell'anima come tutte le cose autentiche. Una biografia di un santo come il Balaguer costituisce allora un visibile parlare.
Inoltre nel girone del Purgatorio il bassorilievo ha la precisa funzione di ricondurre le anime all'umiltà, alla coscienza della propria condizione dinnanzi alla potenza creatrice di Dio. Possiamo trovare una funzione al visibile parlare di san Josémaria? La funzione principale è l'invito a vivere il Padre nostro, a rendere reale in ogni comportamento quotidiano il fiat voluntas tua; la vita e l'opera dell'Escrivà sono anche uno sprone a credere nell'efficacia dei sacramenti e della Parola di Dio come mezzi essenziali per realizzare la santità della propria vita nel quotidiano che ci attende. Dalla vita di san Josémaria, che Bruno Mastroianni ha raccontato e mostrato in una lodevole sintesi, si percepisce tra le linee una delle caratteristiche della realtà ecclesiale che ha creato l'Opus Dei.
Parlare dell'opera di Dio rammenta il versetto evangelico “Gesù rispose loro: "Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato" (Gv 6, 29) e la Regola di san Benedetto quando tratta dell'Ufficio divino e delle celebrazioni liturgiche e afferma: “non si anteponga nulla all'opera di Dio" (43,3) . La fede nel Figlio di Dio e la liturgia sono quindi indissolubilmente unite e diventano un potente mezzo d'azione sugli uomini. Quando infatti il culto della Chiesa è celebrato con arte e vissuto, quando la fede professata diviene il modo in cui si declinano le scelte e le opere degli uomini tutto questo produce un effetto grandioso e luminoso dal quale non ci si può sottrarre.
La vita di san Josémaria è stato un farsi rivestire della grazia per accompagnare, soccorrere, consolare, accogliere e formare all'opera di Dio. Una vita eloquente nella semplicità del Vangelo e della sua perenne radicalità.
Francesco Bonomo