"Il titolo scelto per questo saggio di autocomprensione sottolinea i due tipi di limite cui l'impresa è sottoposta. In primo luogo, l'aggettivo intellettuale avverte che l'accento principale sarà posto sullo sviluppo del mio lavoro filosofico e che saranno richiamati soltanto quegli eventi della mia vita privata che sono suscettibili di illuminarlo. In secondo luogo, parlando di autobiografia tengo conto delle trappole e dei difetti che attengono al genere. Una autobiografia è, innanzitutto, il racconto di una vita; come una qualsiasi opera narrativa, essa è selettiva e, pertanto, inevitabilmente angolata. Inoltre, una autobiografia è, in senso vero e proprio, un'opera letteraria; a questo titolo essa riposa sullo scarto talora benefico, talaltra nocivo, fra il punto di vista retrospettivo dell'atto di scrivere, di inscrivere il vissuto, e lo svolgimento quotidiano della vita; proprio questo scarto distingue l'autobiografia dal giornale. Infine, un'autobiografia riposa sull'identità, e dunque sull'assenza di distanza fra il personaggio principale del racconto, che è se stesso, e il narratore, che dice io e scrive alla prima persona singolare". (Paul Ricoeur)
Un'architettura degna e una città decente sono la sola alternativa possibile al degrado dell'urbano e dell'umano: questo emerge dalle riflessioni di Paul Ricoeur sulla città, per la prima volta raccolte insieme e tradotte. Tra insicurezza e alienazione la vita nella città si fa sempre più difficile e ingiusta. La diffidenza e la paura che crescono nei rapporti umani trovano corrispondenza nella bruttura dell'edificato urbano, vera e propria congestione di spazi. La città dimenticata l'accoglienza e il costruire perde la memoria del proprio gesto.