Due sono state le grandi rivoluzioni degli ultimi decenni: quella dei costumi sessuali e quella biologica o bioetica. La prima ha rimesso in discussione il rapporto tra i sessi, la struttura della famiglia e la sua stessa esistenza. La seconda ha offerto alla società umana nuovi modi per procreare, nascere e morire. Così come gli Stati europei cercano di adattare la loro legislazione a questi cambiamenti radicali, anche la Chiesa cattolica è direttamente impegnata in queste battaglie giuridiche e scientifiche perché vede in esse una minaccia alla sua funzione e alla sua missione. Il matrimonio fra omosessuali, la crisi del celibato sacerdotale, la contraccezione, l'aborto, la procreazione assistita, la clonazione, il trapianto di organi e il testamento biologico rimettono in discussione il suo insegnamento morale, le sue tradizioni e la sua funzione di "notaio" nelle tappe fondamentali della vita. Non sorprende quindi che in queste nuove sfide della modernità, che rischiano di ridurre la sua autorità e il suo ruolo, la Chiesa si ponga come una forza frenante e di opposizione di cui tutti gli Stati, anche se in misura diversa, dovranno e devono tenere conto. In questo libro, Sergio e Beda Romano, oltre a risalire la corrente del lungo fluire dei rapporti tra la Chiesa e gli Stati europei, ripercorrendone le tappe storiche fondamentali, ne esplorano anche la foce, individuando gli attuali argomenti di frizione.
La Francia degli ultimi decenni è andata incontro alla modernità e si è per certi aspetti "americanizzata", difendendo però orgogliosamente, spesso contro gli Stati Uniti, il suo profilo nazionale e culturale. Da questa dialettica fra progresso e tradizione emerge l'immagine di un paese che cerca nel passato le chiavi del futuro. Questo saggio, che ripercorre il cammino politico-istituzionale, sociale e culturale compreso fra la caduta di Napoleone lIl e l'inizio della presidenza di Nicolas Sarkozy, si propone di dimostrare che tutti i regimi francesi dal 1870 a oggi sono "restaurazioni" e che il progresso in Francia è un moto continuo e inquieto verso modelli incompiuti di perfezione perduta: la società della monarchia prerivoluzionaria, la repubblica giacobina, la grandezza dell'impero, la monarchia liberale degli Orléans, il populismo autoritario del secondo Napoleone ("il piccolo", secondo un brillante pamphlet di Victor Hugo), l'utopia libertaria della Comune. Paese "immobile" perché teso a ricostituire il passato, la Francia è tuttavia decisa a difendere il proprio equilibrio e la propria identità in un mondo che cambia (e questo nonostante alcune battaglie perse in partenza come quella contro lo strapotere linguistico dell'inglese; ma, come dice Sergio Romano, "vi è più nobiltà in una battaglia perduta di quanta non ve ne sia in certe vittorie").
Buon compleanno, Italia. Centocinquanta di questi anni, verrebbe da dire. Ma qualcosa non torna. I tempi sono quelli che sono, di crisi non soltanto economica ma culturale, di prospettiva. Il passato è un parente alquanto lontano, e il futuro un’equazione a più incognite. Viviamo alla giornata in un permanente equilibrio precario, privo di orizzonti stabili. A dirla tutta, l’impressione è che non si sa bene che cosa celebrare. Un secolo e mezzo dopo, siamo sempre in bilico tra identità nazionale e radici locali, teoria degli insiemi e campanili. Con tutto ciò che ne consegue.
Sergio Romano, Marc Lazar e Michele Canonica ne sono consapevoli, naturalmente, e il loro confronto non esclude il disaccordo, anzi se ne alimenta. Un viaggio che tocca tutte le stazioni nello spazio e nel tempo, e che soprattutto esplora la realtà quotidiana, dello Stato e dei cittadini, in ogni aspetto: sanità, pensioni, giustizia, pubblica amministrazione, trasporti, infrastrutture, forze armate, scuola, cultura, informazione, turismo, spettacolo, sport, gastronomia, moda, design, piccole e medie imprese. Ne risulta, tra domande, risposte e ipotesi, un quadro completo e fedele (anzi, una radiografia) del Bel Paese e del rapporto che gli italiani hanno con la loro memoria storica, più o meno condivisa.
“La nostra storia è stata fatta da noi,
rispecchia i nostri vizi e le nostre virtù.
Non possiamo accettarne soltanto alcuni
pezzi perché ne siamo tutti, anche se
in misura diversa, responsabili.
Ha molte brutte pagine, ma anche momenti
di cui possiamo andare legittimamente
orgogliosi.”
Una storia comune degli italiani non esiste più. A quasi 150 anni dall’unità nazionale si è frantumata in tante piccole schegge, ognuna delle quali rispecchia l’ideologia, le passioni, le radici familiari dei cittadini. Uno scollamento che si riflette nei quesiti contenuti nelle undicimila lettere che giungono ogni mese nella redazione del “Corriere della Sera” alla rubrica di Sergio Romano. Le risposte “non formano una ‘storia d’Italia’, ma ciascuna di esse descrive una persona, un evento, un problema, segna un punto su una immaginaria carta cronologica della storia nazionale”. In questo modo vengono messe in luce proprio le costanti e i temi ricorrenti che continuano ad appassionare (e dividere) gli italiani: dal rapporto tra Stato e Chiesa agli scandali che periodicamente scuotono il mondo politico, dalla collocazione dell’Italia sullo scacchiere internazionale alle tante fratture mai sanate (tra Nord e Sud, fascisti e antifascisti, comunisti e anticomunisti). Sotto la guida esperta di Romano, unendo un punto all’altro, il lettore comporrà un disegno – per una volta unitario – e scoprirà non la storia “scientifica” dei libri degli studiosi, “ma quella dei monumenti e delle targhe commemorative, dei riferimenti alla nazione nei discorsi delle ‘autorità’, delle conversazioni quotidiane degli italiani. È una storia più modesta, ma è stata fatta da noi, rispecchia i nostri vizi e le nostre virtù”.
La Francia degli ultimi decenni è andata incontro alla modernità e si è per certi aspetti "americanizzata", difendendo però orgogliosamente, spesso contro gli Stati Uniti, il suo profilo nazionale e culturale. Da questa dialettica fra progresso e tradizione emerge l'immagine di un paese che cerca nel passato le chiavi del futuro. Questo saggio, che ripercorre il cammino politico-istituzionale, sociale e culturale compreso fra la caduta di Napoleone lIl e l'inizio della presidenza di Nicolas Sarkozy, si propone di dimostrare che tutti i regimi francesi dal 1870 a oggi sono "restaurazioni" e che il progresso in Francia è un moto continuo e inquieto verso modelli incompiuti di perfezione perduta: la società della monarchia prerivoluzionaria, la repubblica giacobina, la grandezza dell'impero, la monarchia liberale degli Orléans, il populismo autoritario del secondo Napoleone ("il piccolo", secondo un brillante pamphlet di Victor Hugo), l'utopia libertaria della Comune. Paese "immobile" perché teso a ricostituire il passato, la Francia è tuttavia decisa a difendere il proprio equilibrio e la propria identità in un mondo che cambia (e questo nonostante alcune battaglie perse in partenza come quella contro lo strapotere linguistico dell'inglese; ma, come dice Sergio Romano, "vi è più nobiltà in una battaglia perduta di quanta non ve ne sia in certe vittorie").
Questo libro racconta una storia incompiuta. Dal Libano all'Iran, dalla Siria alla Palestina, dall'Afghanistan all'Iraq, senza dimenticare i conflitti etnico-religiosi nella ex Jugoslavia e in Cecenia, gli ultimi decenni hanno visto una serie di eventi legati l'uno all'altro come gli anelli di una catena ineluttabile, che ha determinato l'attuale situazione. Il Medio Oriente, afferma Sergio Romano, "non è ancora riuscito a creare la propria versione dello Stato moderno". Tutto ciò non vuoi dire che le società musulmane siano naturalmente allergiche alla democrazia. Anche quella europea è il risultato di una lunga gestazione, ma la libertà nasce quando è necessaria agli obiettivi di un ceto emergente. Di fronte a un così lungo processo di trasformazione, il miglior contributo che l'Occidente può dare è "stare alla finestra", vale a dire evitare interventi intempestivi e non desiderati. Certamente l'Isiam non può essere la soluzione di tutti i problemi, ma le "lezioni" occidentali avranno solo l'effetto di regalare nuovi adepti al nazionalismo più radicale; e tuttavia l'Europa e gli Stati Uniti hanno responsabilità a cui non possono sottrarsi. La maggiore di esse è ancora, sessant'anni dopo la costituzione dello Stato d'Israele, la questione palestinese.
"La nascita di alcuni movimenti fondamentalisti nel mondo islamico, gli attentati e il terrorismo suicida hanno contribuito a rendere l'Islam ancora più esotico e minaccioso di quanto già non fosse nella tradizione occidentale. Diventa sempre più difficile, in queste circostanze, comprendere che altri popoli possano avere altre memorie, altre esperienze e quindi altri sguardi. Ne abbiamo avuto conferma, negli scorsi mesi, quando alcuni intellettuali europei e israeliani hanno proposto, per interpretare l'ultima guerra arabo-israeliana, confronti impropri con situazioni europee della prima metà del Novecento. Bernard-Henri Lévy ha bollato Hezbollah di 'fascismo islamico' e ha evocato, per descrivere le giovani reclute israeliane, 'il gioioso caos dei battaglioni di giovani repubblicani descritti da Andre Malraux'." Sergio Romano rilegge gli ultimi decenni delle vicende medio-orientali con occhi diversi da quelli di buona parte dell'opinione pubblica occidentale, presentando originali paralleli con le vicende della storia d'Europa.
LA STORIA PER SPIEGARE IL PRESENTE.
DA UN ACUTO OSSERVATORE DELLA SCENA MONDIALE LE RISPOSTE ALLE QUESTIONI PIÙ PRESSANTI DEL NOSTRO TEMPO.
La storia, per gli italiani, non è più quella che si insegna nelle scuole. Non è più, come è stata per molto tempo, la religione civile della nazione. Non alimenta più l'orgoglio di un popolo e la sua unità. Si è frantumata in tante piccole schegge, facendo dell'Italia il "Paese delle molte storie": una nazione in cui ogni cittadino vorrebbe interpretare il passato a modo suo, tagliandolo su misura per il proprio gruppo sociale, le radici familiari, le affiliazioni ideologiche. Un vero e proprio mosaico di appartenenze, che si ricompone giorno dopo giorno nella rubrica della posta del "Corriere della Sera", in cui dal gennaio 2005 Sergio Romano risponde ai quesiti dei lettori. La sua guida esperta permette di stabilire un rapporto tra grandi temi del presente ed esperienze del passato, di individuare tracce, contatti, somiglianze e differenze che rendono più comprensibile la realtà complessa e spesso minacciosa in cui viviamo. In questo libro vediamo sfilare personaggi ed eventi cruciali del Novecento: da Rasputin a Churchill, dal massacro degli armeni al concilio Vaticano II. Una varietà di approfondimenti che le risposte di Romano rendono attuali quanto i fatti del giorno, mostrando come la storia possa modellare la nostra esistenza. A patto di guardarla con il dovuto distacco, di usarla come strumento di comprensione e non di polemica perché, avverte Romano, "una overdose di storia può essere letale".
Questo libro contiene molti ricordi, ma non è propriamente un'autobiografia. Le vicende di cui si parla nelle sue pagine sono molte, quasi tutte le più importanti che hanno attraversato la vita italiana e internazionale nel corso degli ultimi decenni. Lungo il percorso si trovano i nomi di molti degli uomini che hanno fatto la storia del secolo scorso, da Mussolini a De Gasperi, da de Gaulle a Gorbacëv, fino ai nostri giorni, con il capitolo dedicato ai personaggi di Tangentopoli. Incontri, retroscena e giudizi vengono raccontati ed espressi con un equilibrio che l'esperienza non priva di un innato humour.
Lo sterminio degli ebrei consumato dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale sembra farsi sempre più visibile e presente, al punto di diventare un genere storiografico permanente. Perché? Perché, tra i molti genocidi perpetrati nel corso degli ultimi decenni, quello degli ebrei è andato rivestendo un significato storico sempre più rilevante? L'"olocausto" continua a turbare le coscienze e a sollecitare l'attività degli studiosi: soltanto per senso di colpa? In questa nuova edizione del volume pubblicato nel 1997, Romano cerca di dare una risposta laica a tali domande, sforzandosi di leggere il passato e il presente senza pregiudizi ideologici, non per condannare o assolvere né tantomeno per giustificare, ma più semplicemente per comprendere.
Giovanni Gentile, filosofo tra i maggiori d'Europa, aderì al fascismo, varò come Ministro della Pubblica istruzione un'importante riforma della scuola superiore, fu presidente e ispiratore dell'Enciclopedia Italiana e direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa. Dopo il 25 luglio 1943, tentò di promuovere una sorta di solidarietà nazionale, ma scelse di aderire alla Repubblica Sociale. Fu ucciso a Firenze il 14 aprile 1944 in un agguato condannato dal CNL, rivendicato dal Partito comunista e attorno al quale aleggia ancora il mistero. Il volume illustra il pensiero di Gentile e il suo ruolo decisivo nella cultura italiana del Ventennio, ma anche l'influenza esercitata nel dopoguerra sugli intellettuali e nel mondo politico.
Sergio Romano ha fatto parte del corpo diplomatico dal 1954 al 1989, pur continuando a coltivare il gusto per la ricerca storica. Quest'opera è il frutto di entrambe le carriere: è una storia della politica estera italiana contemporanea fondata sulle impressioni e sulle conoscenze di un testimone privilegiato. Nella prima edizione, che risaliva a più di dieci anni fa, Romano ripercorreva i meandri della politica estera italiana dall'armistizio del 1943 alla caduta del Muro di Berlino. Oggi questa nuova stesura, profondamente rivista, prosegue il racconto esaminando il ruolo dell'Italia nel mondo delle "guerre umanitarie" e dei fondamentalismi.