La questione della scrittura, che occupa una posizione cruciale nella filosofia di Sini e alla quale è interamente dedicato il terzo volume delle sue Opere, negli scritti raccolti in questo secondo tomo del volume viene affrontata nella prospettiva inedita di ciò che l'autore chiama "foglio-mondo". Con questa espressione, liberamente mutuata da Charles Sanders Peirce, Sini si riferisce anzitutto al segreto della soglia filosofica e alle peculiarità della sua scrittura. Le trasformazioni storiche che l'hanno caratterizzata da Pitagora a Socrate e Platone, da Aristotele sino a Kant e a Hegel, culminano nel tentativo di trascrivere la verità del mondo nelle figure ultimative del logos concettuale: tentativo che sempre di nuovo ripropone l'incolmabile cesura fra la vita del sapere e le sue transeunti scritture. Il foglio-mondo diventa allora, più in generale, metafora di ogni sapere in quanto evento di scrittura ed elaborazione nascosta dei suoi mutevoli supporti, vanamente tesi a circoscrivere il mondo dal quale si originano e nondimeno efficaci e irrinunciabili nell'inscrivere percorsi di vita nel mondo a cui appartengono. La seconda parte del libro e le Appendici ripensano in questa luce l'eredità fenomenologico-ermeneutica, pervenendo a un confronto critico con Husserl e Heidegger e con i loro cammini fruttuosamente aporetici.
Dice Kant che la filosofia non si può imparare, si può imparare solo a filosofare. Non scienza, ma esercizio ripetuto, la filosofia vive di incontri e di vicende biografiche e autobiografiche, nelle quali è sempre di nuovo in esercizio e in questione la verità. Per questo la filosofia propriamente non ha luogo, non ha garanzie istituzionali o riprove scientifiche. Essa ha invece cammini che percorrono in errore le contrade della verità e che lasciano in dono mappe e diari di viaggio, per segnalare pericoli e descrivere tesori sconosciuti. Ogni percorso è una nuova occasione di incontro che modifica il senso dell'esercizio filosofico e che ne ridisegna le figure. Così accade qui con Parmenide e Platone, Nietzsche e Husserl, Darwin e Wright, Preti e Paci, Gadamer e Derrida: figure di un domandare e di un dialogare autobiografico, testimone dei suoi debiti, persuaso della sua precarietà, fiducioso di continuare nondimeno a frequentare un destino di pensieri che viene da lontano e che si assegna, sia pure in errore, la speranza del futuro.
Se c'è una cosa che mi dispiace è che la trascrizione non consenta di ascoltare il suono della sua risata contagiosa né di mostrare l'espressione infantile dei suoi stupori. Risate e stupori di un filosofo, questo essere non completamente reale.
Fabio Anibaldi
Il volume di Carlo Sini e Fabio Anibaldi inaugura la nuova collana Palafitte delle Edizioni Gruppo Abele. Una collana fatta di dialoghi, pensieri, discussioni.
Quando due persone si incontrano e ragionano insieme, nasce qualcosa di nuovo e vitale
Posto di fronte ai problemi del nostro tempo - a partire da quella crisi che emerge ormai come un redde rationem per l'intero Occidente - un filosofo mostra in concreto cosa significhi fare filosofia. Non solo riflettere sulle "cose", ma chiedersi a quali condizioni sia possibile farlo. Da quale luogo parliamo? E che valore di verità hanno analisi che pretendono di parlare del mondo come se non fossero anche loro eventi del mondo? Il pensiero di Carlo Sini porta questa riflessione alle estreme conseguenze. Ed è perciò - ribadisce Sini - un esercizio etico prima che teoretico. Denunciare i paradossi delle scienze "oggettive" significa mettere in dubbio la nostra stessa consistenza di "soggetti". Esercizio certo perturbante ma salutare, perché capace di aprire l'esistenza individuale alla coscienza della vita anonima che sempre ci abita: vita di tutti e di nessuno, libera dall'ipoteca dell'identità e dalle sue funeste ansie di possesso
Carlo Sini ha insegnato per oltre trent'anni filosofia teoretica presso l'Università Statale di Milano. Ha scritto una quarantina di libri. Tra i più recenti L'uomo, la macchina, l'automa (Bollati Boringhieri, 2009), Del viver bene (Jaca Book, 2011), Il sapere dei segni (Jaca Book, 2012). Presso Jaca Book è in corso la riedizione delle sue opere.
Fabio Anibaldi è stato condirettore di Narcomafie e responsabile dell'ufficio stampa del Gruppo Abele. Ha pubblicato La quiete sotto la pelle (Frassinelli, 1996)
Con il quarto volume delle Opere ci si affaccia su quella rivoluzione metodologica e tematica che prende il nome di "pensiero delle pratiche". I successivi cammini della filosofia siniana ne saranno segnati in modo decisivo, ma qui ciò che emerge in primo piano è il vivente percorso di gestazione da cui ha avuto origine tale svolta. Questo primo tomo del volume mostra infatti in presa diretta il lavoro didattico di Sini, offrendo una rara testimonianza del metodo di ricerca che ne caratterizza l'impianto e lo stile espositivo. In "Spinoza o l'archivio del sapere" assistiamo così alla magistrale organizzazione di un corso di lezioni che trae dall'idea dell'archivio e dal libero riferimento alla filosofia spinoziana una originale esemplarità relativa ai rapporti fra la costruzione del sapere e la vita, il soggetto filosofico e la verità. Nelle sette Appendici veniamo invece accompagnati lungo i percorsi simultanei e paralleli nei quali il lavoro di ricerca ha trovato la sua sedimentazione in forme espositive più tradizionali. L'Introduzione, come sempre in forma di intervista, si focalizza sul contesto entro il quale il "pensiero delle pratiche", inteso come esercizio filosofico, è venuto delineandosi, in dialogo critico con l'ermeneutica del Novecento. Al centro di tale dialogo emerge il compito di una ricomprensione dell'intero sapere moderno segnato dalla rivoluzione copernicana.