Le parolacce sono i palliativi verbali delle molteplici miserie e angosce che segnano l'umano arrancare. Con vivacità e ironia, il volume racconta la storia del colorito frasario volgare e mostra che il linguaggio basso e sprezzante, per la sua straordinaria potenza emotiva, esiste da sempre. Negli ultimi decenni, però, il turpiloquio ha infranto le barriere che ne regolavano la circolazione: non è più "una cosa da uomini" né una risorsa espressiva di uso marginale, ma è sconfinato dal privato al pubblico, nella fluviale comunicazione social e perfino nel dibattito politico. Ecco perché la nostra è stata definita «l'epoca d'oro dell'ingiuria».
I protagonisti di questo libro sono dieci nuclei generativi dell'immaginario nazionale: cucina, moda, opera lirica, cinema, televisione, politica, burocrazia, sport, letteratura per l'infanzia, religione. L'attenzione si rivolge soprattutto alla lingua di una schiera di mediatori culturali che hanno concorso a fornire agli italiani le coordinate per un progetto di destino comune: il Collodi di "Pinocchio", l'Artusi della "Scienza in cucina", i librettisti, gli uomini di governo e di chiesa, i giornalisti, i registi, fino a Mike Bongiorno. Sul tessuto connettivo di questo artigianato della lingua e della cultura è maturata nel paese un'identità di memorie più salda della sua stessa identità politica, sottoposta anzi a nuove tensioni destabilizzanti. Nella nuova edizione si è aggiunto un contributo panoramico di Luca Serianni sulle forze in gioco nella storia linguistica italiana, di cui va sottolineato il legame con il sottotitolo del volume: "Una storia sociale dell'italiano". La nuova edizione è inoltre corredata di un utilissimo indice delle forme notevoli.
La capitale d'Italia ha una storia linguistica turbinosa: l'originario dialetto di tipo meridionale ha conosciuto un'autentica metamorfosi nel Rinascimento, accostandosi al toscano, e poi ha continuato a modificare il suo volto, fino al neoromanesco "coatto" di oggi. Il testo mette in evidenza come, a dispetto di un'oleografica immagine bonacciona, queste incessanti trasformazioni riflettano i profondi contrasti sociali di una città proteiforme, caput mundi di michelangiolesco splendore e chiavica der monno bellianamente plebea.