Nel saggio intitolato "L'uomo e la tecnica", frutto di una conferenza del 1931, Oswald Spengler è stato il primo a porre una domanda nuova e fondamentale per la filosofia: "Che significa tecnica? Quale è il suo senso nella storia, quale il suo valore nella vita dell'uomo, quale il suo posto morale o metafisico?". In anticipo su Heidegger, che inizierà la sua interrogazione sulla 'questione della tecnica' a partire dal dopoguerra - e in anticipo anche su quella autentica 'bibbia' della riflessione sulla tecnica che è l'Operaio di Ernst Jünger (1932) - Spengler è il primo ad accostare, in linea con le ardite sperimentazioni musicali di quegli anni, due elementi pericolosamente dissonanti, filosofia e tecnica, o più precisamente, come si esprime nel testo citato, tecnica e metafisica.
Il Settennato di Francesco Cossiga (1985-1992) è stato segnato da vicende di forte intensità sia in politica interna che in politica estera. Sono gli anni in cui si assiste ad un lento declino dei partiti tradizionali, una rivoluzione negata dalla classe dirigente del Paese, destinata invece a sconvolgere l'intera mappa del potere politico. Sul piano internazionale si verifica un rivolgimento epocale con il crollo del muro di Berlino nel 1989 e la successiva dissoluzione dell'Unione Sovietica. Un importante e cruciale passaggio della storia repubblicana, che nel diario di Ortona trova una inedita dimensione.
Una nuova frontiera della ricerca economica si situa all'intersezione fra le diverse dimensioni della società. Sempre più si esplorano territori di confine fra economia, storia, diritto, politica, istituzioni, letteratura. È uno sviluppo da salutare positivamente. Il volume propone approfondimenti su temi quali i fattori non economici della crescita, la centralità dell'ordinamento giuridico per l'efficienza della produzione e degli scambi, la storicità del pensiero e dei sistemi economici, le specificità strutturali e politiche del caso italiano. Per impostazione di metodo e scrittura queste pagine si rivolgono a chi si accosta all'economia movendo da altre esperienze culturali, non meno che agli economisti.
Il libro raccoglie i ritratti di alcuni personaggi. Ciascuno con una sua propria individualità. Sono esistenze che, attraverso i secoli, hanno 'inventato', tra luci e ombre, la cartografia esistenziale e intellettuale degli europei. Sulle loro 'gesta' e sulle loro opere, secondo punti di vista, condivisibili o deprecabili, nel bene e nel male, si è andata formando l'identità di un continente. Alcune di queste vite, nel giudizio dei posteri, non sono proprio onorevoli icone. Tutte le famiglie, fortunatamente, hanno le loro pecore nere. I ritratti degli europei raccontati in queste pagine, pur nelle loro personalità, sono tuttavia emblematici. Nel privato e abusivo pantheon di 'grandi', di 'notabili' e 'pellistorte', che è Daguerréotype, esplorando le giornate di luminose e geniali figure, alternate a quelle di deprecabili 'legere', di cui siamo gli eredi, ci si potrà sentire più in sintonia con l'uno o l'altro, in ovvia quanto personale prospettiva. Ogni europeo del tempo nostro potrà giudicare le personalità di cui ormai si contemplano, con occhio storico, eroismi e misfatti. Si torca quanto si voglia, i personaggi di questo libro hanno creato i nostri caratteri. Sono gli antenati di un possibile albero genealogico, etico e morale.
"La Banca è un'impresa sui generis, che porta un'enorme responsabilità sulle sue spalle. Le sue cautele non sono mai troppe, i suoi errori sono sempre troppo gravi. La sua azione deve essere audace e cauta insieme, legata alla realtà di oggi, ma in armonia alla prevedibile realtà di domani". (Raffaele Mattioli)
Questo "Commentario penniano" è il primo commento integrale alla poesia di Sandro Penna che si va sempre più rivelando come uno dei maggiori poeti italiani del'900. Amato da alcuni dei più illustri scrittori e artisti del nostro tempo, la sua opera va lentamente penetrando nel gusto dei lettori più sensibili, compresi gli studenti delle nostre facoltà letterarie. Un commento non è un saggio critico. Un saggio critico è come un cavallo. Se ha buoni garretti, e per quanto focoso possa essere, il cavaliere lo porterà, al trotto o al galoppo, dove vuole. Il commento invece è sempre lui che ci porta; e non troveremo una sola meta, ma tante, che potrebbero reagire l'una con l'altra e proporci cose che non credevamo di trovare. Leggere non chiude, ma apre: il lettore si troverà di fronte a un poeta completamente rinnovato.
Superati ormai da qualche tempo i cinquant'anni, morirà appena compiuti i cinquantasette, pressoché conclusa la sua carriera politica dopo i disastri della Lega di Cognac, il sacco di Roma e il papa Clemente VII asserragliato col collegio cardinalizio in Castel Sant'Angelo, Guicciardini, nella solitudine della sua villa di Santa Margherita in Montici, iniziò quella sua "Storia d'Italia" che non solo fu la prima storia del nostro paese studiata nel suo complessivo svolgimento sullo sfondo di tutte le vicende europee, ma che fu soprattutto avvertita come la storia stessa della fine della preminenza italiana durata per almeno tre secoli: con la metà circa del secolo decimosesto siamo infatti alla pressoché definitiva sanzione della supremazia spagnola sia da noi sia in tutta Europa. L'Italia di Lorenzo il Magnifico, morto nel 1492, non esiste più; poco più di quarant'anni dopo, nel 1534, data della morte di Clemente VII e ultimo traguardo della narrazione guicciardiniana, il primato europeo passerà prima alla Spagna e quindi alla Francia: questa Storia pertanto, è il tragico ritratto della scomparsa di un paese - il nostro - che aveva educato il mondo, se non a reggersi come Stato, a istituirsi come fonte di civiltà, di cultura, di sapere giuridico e, non da ultimo, come sorgente di arte bella e di libero pensare.