Pensieri, aforismi e sentenze: è in forma breve il diario intimo che Simone Weil tenne fra il 1940 e il 1942. Ogni suo pensiero racchiude un afflato universale che riverbera l'assoluto, la certezza che soltanto l'amore sovrannaturale è libero, lecito e naturale. Il resto appartiene al qui e ora, con tutto il peso dell'immanenza. Weil ci dice che la totale permanenza così come l'estrema fragilità restituiscono il senso dell'eterno, e le sue parole ci sono di conforto: le sentiamo vibrare dell'urgenza di dare al nostro vivere un senso più alto.
La «Consolatio» è una spietata autoanalisi, che affronta le cause di una crisi storica attraverso un esame spregiudicato degli affetti e della storia personale di un suo protagonista. Boezio scopre di essersi costruito un falso sé, una falsa personalità, senza rendersene conto: lui, il filosofo, si è lasciato sedurre da una società caotica e irrazionale, del tutto estranea ai suoi desideri e alle sue aspettative. Il reale è preda del caso e qualsiasi successo al suo interno è effimero. Il vero scopo dell'uomo è riscoprire la parte migliore di sé, la scintilla divina soffocata dagli affanni quotidiani, immergendosi nell'armonia del cosmo che cancella la disarmonia del mondo.
La nuova traduzione del capolavoro di Max Stirner (1806-1856) ha la pretesa di essere una ''bella fedele'', contro le ''belle infedeli'' che l'hanno preceduta. Ancora oggi l'anarchico Stirner, pensatore controcorrente della sinistra hegeliana, è considerato da molti un matto e ancora oggi molti altri fanno iniziare da lui una nuova epoca dell'umanità, appunto perché era un anarchico. Stirner in realtà fu un uomo silenzioso, nobile, che nessun potere e nessuna parola sarebbero riusciti a corrompere, un uomo così unico che non trovò un posto nel mondo, e di conseguenza visse in povertà. L'obiettivo della sua opera fu quello di difendere l'unicità di ogni individuo, soprattutto dei diseredati, dei misconosciuti, dei calpestati in primo luogo ad opera dello Stato, della legge, delle religioni, dei sistemi etici e di tutte le istituzioni sorte con fini positivi, ma che fin troppo spesso, già solo per l'imperfezione umana (ma per Stirner di per se stesse, sempre), deragliano e richiedono continuamente interventi correttivi. Nella sua forma paradossale ed eccessiva, spesso urtante e urticante, espressione della sua indignazione e ribellione morale, ''L'unico'' difende un'esigenza umana fondamentale, che viene fin troppo spesso negata o elusa dai fanatismi, dai veri egoismi, che si abbeverano e si ubriacano di devastanti astrattezze.
Il più rilevante e noto trattato rinascimentale sulle qualità morali, fisiche e divine dell'uomo fu redatto da uno fra i più poliedrici e dotti umanisti del Quattrocento. Il ''De dignitate et excellentia hominis'' è l'opera capitale di Giannozzo Manetti (Firenze, 1396 - Napoli, 1459), ricco mercante, politico, autore di numerosi scritti in latino, e traduttore di Aristotele dal greco e dei Salmi dall'ebraico. Fu per un ventennio ambasciatore della repubblica fiorentina, quindi segretario pontificio e, infine, cortigiano presso la corte dei re d'Aragona a Napoli. Proprio su committenza di Alfonso il Magnanimo, Manetti portò a compimento nel 1452 la sua summa enciclopedica di quanto scritto dagli autori classici e cristiani sul miracolo del corpo umano e dello spirito divino che vi alberga. L'opera rappresenta un imperituro monumento alla più perfetta tra le creature divine, posta al centro delle meravigliose bellezze dell'Universo e dotata di un corpo e di un'anima che sono riflesso del macrocosmo. L'esaltazione dei prodotti dell'ingegno umano e delle arti figurative, la contestazione della tradizionale posizione medievale che individuava nella morte l'unica via d'uscita dalle sofferenze terrene, la glorificazione delle virtù e delle prerogative dell'uomo, e soprattutto la riflessione sui privilegi e gli oneri della ''dignitas hominis'' fanno di questo scritto il manifesto del Rinascimento italiano. Il volume offre per la prima volta al lettore italiano una traduzione integrale dell'opera a cura di Giuseppe Marcellino, specialista della letteratura latina umanistica, preceduta da un saggio introduttivo di Stefano U. Baldassarri, Direttore dell'ISI Florence e studioso del Rinascimento di fama internazionale.
Il volume contiene la traduzione di tutti gli scritti filosofici e teologici di Nicolò Cusano (1401-1464) e la prima versione italiana dei suoi più importanti scritti matematici. La traduzione, condotta sul testo dell'edizione critica curata dall'Accademia delle Scienze di Heidelberg, è corredata di note esplicative, che illustrano tutti i riferimenti contenuti nei testi e le loro fonti, sia dirette sia indirette, e di un ampio e accurato commentario sistematico, mentre il saggio introduttivo ripercorre i temi fondamentali del pensiero e dell'opera di Cusano.
Prevedendo l'imminente fine del mondo, sette saggi provenienti dai quattro angoli del mondo si incontrano a Tulanka, un monastero sperduto tra le montagne tibetane, per trasmettere a Tenzin e Natina, due giovani adolescenti, le chiavi della saggezza universale. Al di là delle differenze culturali e storiche delle loro rispettive tradizioni, i sette saggi si lasciano ispirare da quella che i filosofi dell'antichità chiamano "l'anima del mondo": la forza misteriosa e buona che mantiene l'armonia dell'universo. Il loro messaggio filosofico e spirituale risponde agli interrogativi cruciali che si pone ogni essere umano: qual è il senso della mia esistenza? Come conciliare le esigenze del mio corpo con i bisogni della mia anima? Come imparare a conoscere me stesso e a realizzare il mio potenziale creativo? Come passare dalla paura all'amore e contribuire alla trasformazione del mondo?
I ricordi scolastici, a volte poco piacevoli, ci hanno abituato a pensare che la filosofia sia di casa tra volumi polverosi e nei pensieri astratti di studiosi lontani dalla realtà. Maria Bettetini, con piglio divertito e rigore scientifico, riporta finalmente il pensiero filosofico alla dimensione che fin dall'antichità le è propria: un benefico esercizio della mente, utile per affrontare anche i problemi di tutti i giorni. Intrecciando le nostre vite con quelle, spesso molto ordinarie, dei filosofi, ci stupiremo forse nel ritrovare molti dei vizi e delle debolezze che ci contraddistinguono. Ma in questo divertente dialogo a distanza scopriremo anche l'importanza di porre le domande giuste, prima di cercare frettolose risposte. Un invito a scoprire la bellezza con cui la filosofia può colorare le nostre vite, in cui può accadere di sorprendere Aristotele nella cucina di casa, dialogare con Agostino sotto l'ombrellone, e persino incontrare Hegel in coda al supermercato.
L'opera di Unamuno, che presenta tutti i tratti di organicità e sistematicità, non sarebbe comprensibile pienamente se non se ne evidenziassero le basi filosofiche e le preoccupazioni teologiche. È infatti alla luce di una filosofia della religione che le ricerche incentrate sull'unico problema, quello dell'ansia immortale di immortalità dell'uomo concreto, pervengono ad una prospettiva coerente ed unitaria anche se ciò non esclude un'evoluzione intellettuale ed esistenziale. Unamuno è un autentico uomo religioso che ha vissuto una struggente quanto tragica ansia di eternità, di sete di Dio, pur non avendo abbracciato totalmente nessun credo religioso positivo, giacché egli ha sempre reagito con veemenza contro ogni tentativo di volerlo incasellare. Unamuno è fautore di una religione poetica, issata sull'esperienza della parola creatrice, mediante la quale non soccombe alla tentazione del nulla. I nuclei fondamentali della riflessione unamuniana ruotano intorno a due temi, i quali rappresentano, per così dire, due facce della stessa medaglia: l'ansia per il destino umano e la preoccupazione per la personalità, da non intendersi in senso psicologico, ma etico-esistenziale, come emerge sia nell'opera sul "Sentimento tragico della vita" (1913) sia nei celebri poemi dove ribadisce che "Il fine della vita è di farsi un'anima".