Nell'estate del 1941 le truppe tedesche invadono la Bielorussia e occupano la capitale, Minsk. Gli eroi di questo libro sono bambini e ragazzi bielorussi e russi che hanno vissuto la terribile quotidianità di quegli anni di guerra e sono cresciuti nell'orrore del più disumano dei conflitti, Pubblicato per la prima volta nel 1985 e censurato dal regime sovietico, "Gli ultimi testimoni" compare oggi nella sua versione definitiva, per raccontarci una storia diversa da quella ufficiale, letta attraverso i ricordi e gli occhi innocenti dei più piccoli. Le loro parole, che per semplicità e immediatezza hanno una forza evocativa ancora più sconvolgente, cancellano ogni ideologia e modificano il nostro sguardo sul mondo. Un bambino che è stato strappato alla sua famiglia e defraudato della sua infanzia resta ancora un bambino? Che interpretazione può dare della guerra, suo unico orizzonte di vita? Quali sono le immagini che più l'hanno segnato? Sono questi gli interrogativi a cui il premio Nobel Svetlana Aleksievic cerca di dare risposta attraverso le sue interviste. Ma la conclusione è che non c'è azione attuata per il bene universale che possa giustificare anche "una sola lacrima di bambino".
Se la guerra la raccontano le donne, quando prima l'hanno raccontata solo gli uomini... se a farla raccontare è Svetlana Aleksieviéc... se le sue interlocutrici avevano in gran parte diciotto o diciannove anni quando, perlopiù volontarie, sono accorse al fronte per difendere la patria e gli ideali della loro giovinezza contro uno spietato aggressore... allora nasce un libro come questo. 22 giugno 1941: l'uragano di ferro e fuoco che Hitler ha scatenato verso Oriente comporta per l'URSS la perdita di milioni di uomini e di vasti territori e il nemico arriva presto alle porte di Mosca. Centinaia di migliaia di donne e ragazze, anche molto giovani, vanno a integrare i vuoti di effettivi e alla fine saranno un milione: infermiere, radiotelegrafiste, cuciniere e lavandaie, ma anche soldati di fanteria, addette alla contraerea e carriste, genieri sminatori, aviatrici, tiratrici scelte. La guerra "al femminile" - dice la scrittrice - "ha i propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti e anche parole sue". Lei si è dedicata a raccogliere queste parole, a far rivivere questi fatti e sentimenti, nel corso di alcuni anni, in centinaia di conversazioni e interviste. Cercava l'incontro sincero che si instaura tra amiche e quasi sempre l'ha trovato: le ex combattenti e ausiliarie al fronte avevano serbato troppo a lungo, in silenzio, il segreto di quella guerra che le aveva per sempre segnate...
Un'antologia di appunti e ricordi. I viaggi di Gillo Dorfles raccolti capitolo dopo capitolo come un diario ordinato per città e paesi frequentati. Dorfles racconta la sua storia dalla nascita a Trieste allo sfollamento in Toscana fino alla scelta di Milano come città elettiva perché la ''più attiva d'Italia''. L'autore narra con semplicità e senza indulgere nei personalismi numerosi passaggi storici del Novecento, come la fondazione di Brasilia nel 1960, o spaccati di vita quotidiana, come la sua visita ad Harlem, quando i neri avevano fontanelle pubbliche diverse dai bianchi. Ogni pagina esprime amore per culture lontane come quella russa e giapponese o visite lampo in piccoli paesi vicini e remoti. Attraverso numerosi racconti inediti che percorrono per intero tutto il Secolo breve, Gillo Dorfles narra le sue frequentazioni e le amicizie con uomini come Toscanini e Montale e donne come Leonor Fini. Un libro prezioso, che più di tanti trattati o testi accademici restituisce l'immagine vivida e potente di un uomo dalle molteplici esperienze.
Quante volte ci siamo domandati che cosa passa nella testa degli animali? Se l'è chiesto anche Charles Foster e per darsi una risposta ha scelto di vivere davvero come una creatura selvaggia: alla pari di un tasso si è rintanato nelle Black Mountains del Galles e si è nutrito di vermi, imparando a fare esperienza dell'ambiente attraverso il naso piuttosto che con gli occhi; ha nuotato nel fiume East Lyn come una lontra, catturando pesci con i denti; ha frugato tra i bidoni della spazzatura dell'East End come una volpe di città alla ricerca di cibo; si è lasciato cacciare da un segugio nell'Exmoor come un cervo e ha seguito i rondoni nella loro rotta migratoria attraverso l'Europa fino all'Africa occidentale. Foster ha sperimentato per noi cosa vuol dire appartenere a un'altra specie e ci ha raccontato mondi diversi ma forse non irrimediabilmente lontani. Un'esplorazione affascinante che è anche un invito a entrare in connessione con la natura, a "essere un animale per diventare un uomo migliore."
L'innovazione è stata a lungo italiana e lo è ancora, ma schiacciati come siamo dalla propaganda da Silicon Valley che confonde consapevolmente innovazione con successo commerciale ce ne siamo dimenticati, o forse non l'abbiamo mai saputo. Massimo Sideri, firma del "Corriere della Sera" ed esperto di innovazione, sfoglia il passato remoto e prossimo isolando una serie di cortocircuiti scientifici e tecnici che sono da attribuire a uomini di genio italiani e che curiosamente sono poco noti. Dagli occhiali al vuoto, dal pianoforte alla matita, dal copyright ai primi libri tascabili, dal microchip alle cellule staminali, una lista curiosa che rivela i risultati della creatività italiana all'opera.
Il David di Michelangelo, la cupola del Brunelleschi, la Venere del Botticelli: capolavori che suggeriscono ideali di armonia ultraterrena e spiritualità purissima. Ma non tutto è come sembra, e in queste pagine Alexander Lee ci mostra le contraddizioni nascoste sotto l'elegante superficie dell'arte rinascimentale italiana. Perché dietro alle sue opere simbolo ci sono le storie misconosciute legate al brutale ambiente degli artisti dell'epoca, ai meschini interessi dei loro mecenati e a inconfessabili pregiudizi sulla "scoperta del mondo". Un ritratto duro e anticonvenzionale dell'"epoca della bellezza", i cui splendidi frutti sono indissolubilmente legati all'uomo, alla sua carne e alle sue bassezze.
Che cos'è il genio? Come nasce? Perché certi luoghi, in certi momenti, hanno prodotto una grande quantità di menti brillanti e di buone idee, mentre altri no? Oggi sappiamo che le persone geniali non nascono singolarmente, a caso, bensì a gruppi. Il genio tende a fare massa, e la genetica c'entra pochissimo: le epoche d'oro vanno e vengono molto più rapidamente di quanto cambi il patrimonio genetico. Quali sono le cause, quindi? Il clima? La ricchezza? Con piglio sicuro e humor irriverente, Weiner esamina le connessioni, anche le più inaspettate, tra l'ingegno e l'ambiente in cui si sviluppa, e lo fa accompagnandoci in sette luoghi esemplari: alcuni sono enormi metropoli, come la Vienna del 1900, altri sono piccoli centri, come la Firenze del Cinquecento. Certi, come l'antica Atene, sono ben noti; altri, come la Calcutta del XIX secolo, lo sono meno. Ciascuno di questi posti, tuttavia, ha rappresentato un momento culminante nella storia dell'umanità. E quasi tutti sono città: possiamo essere ispirati dalla natura, ma è chiaro che il contesto urbano ha qualcosa di particolarmente favorevole alla genialità, che questo libro ci invita a ripensare come il frutto di una cultura che la incoraggia, non come atto individuale ma come responsabilità collettiva.
Per la generazione di Giampiero Mughini, che ha vissuto in pieno gli anni della contestazione, i libri non erano semplicemente libri: erano l'obiettivo e l'emblema della vita stessa. E nelle biblioteche di quei ragazzi, pareti coperte di bianchi dorsi Einaudi o piccole raccolte di testi fondamentali, era racchiusa la loro identità. Così è stato per Mughini, che per i libri ha sempre nutrito una passione smodata e che ora rifiuta il sapere liquido che scorre incessantemente sui nostri schermi. Come può una fruizione bulimica di grosse quantità di nozioni sostituire il rapporto profondo e riflessivo con testi accuratamente scelti, che vivono per molto tempo tra le nostre mani e che diventano parte di noi?
Qual era la lingua parlata da Adamo ed Eva nel Giardino dell'Eden? L'ebraico, il greco, il latino? Olender ripercorre il dibattito delle grandi discipline (filologia, linguistica comparata, storia delle religioni), mostrando come nel momento di massima "positivizzazione" delle scienze umane emerse una biforcazione tra Ariani e Semiti, decisiva per tutto il sistema culturale occidentale. Lo studioso ci conduce alle radici della nostra identità religiosa e culturale, e ci consente di intravedere come all'incrocio tra filologia e mitologia, tra religione e scienza si stagliano, già nell'800, come scrive Jean-Pierre Vernant nell'introduzione "quasi sullo sfondo oscuro di un quadro le ombre dei lager e il fumo dei forni".
Quando siamo costretti a dire di no alle persone con le quali condividiamo l'esistenza (gli amici, i colleghi e persino gli stessi famigliari), spesso la situazione che ci troviamo a vivere diventa imbarazzante, talvolta insopportabile, e inevitabilmente il nostro rifiuto ci sprofonda nei dubbi e nei sensi di colpa. Con le regole e i consigli di questo manuale, Patti Breitman e Connie Hatch hanno elevato il saper rifiutare al rango di arte, un'arte semplice che tuttavia può cambiare radicalmente la nostra vita. Prefazione di Richard Carlson.
Nel mondo nuovo ognuno di noi è "indaffarato": sia nell'ansioso tentativo di restare sempre connesso sia nel condividere, nello scambiarsi qualcosa. La cultura umanistica, ridotta a materia per specialisti è tradita da se stessa per aver giustificato la barbarie, interroga oggi la nostra concreta esistenza. La tradizione può tornare a parlare. Le sue parole, scritte sui muri della metropolitana e nello spazio immateriale della Rete, invocano di essere messe alla prova. Le nuove generazioni leggono poco, appaiono smemorate, fanno troppe cose simultaneamente e sono meno abili a manipolare la lingua, però chiedono alle idee di incarnarsi in pratiche di vita (altrimenti non vi si appassionano), e tentano di rideclinare il concetto di intelligenza (come coerenza tra ciò che uno dice e ciò che uno fa) e quello di impegno (legandolo al quotidiano, non all'ideologia). E almeno nelle minoranze più attive l'etica vissuta prevale sul "culturalismo" e sul sapere libresco, l'umanità tangibile su un umanesimo disincarnato, l'esempio concreto sulle idee astratte.
Nella prima edizione di questo fortunato volume (1998), che ha venduto oltre 200.000 copie, uno scrittore spiegava alla sua bambina di dieci anni che cose il razzismo, come nasce, perché è un fenomeno così tristemente diffuso, dando vita a un dialogo capace di trascendere i confini dell'occasione intima e famigliare e porsi come lezione di vita per tutti i lettori. Sono passati ormai più di dieci anni dal libro di allora, ma il problema del razzismo non ha fatto che aggravarsi. Da una parte l'inasprirsi del terrorismo islamico ha rafforzato un clima di sospetto sempre più forte, dall'altra l'aumento dell'immigrazione ha progressivamente cambiato il paesaggio europeo, rendendolo sempre più multiculturale. In questo nuovo contesto, il razzismo si è banalizzato: non fa più scandalo. Questo è il fattore più grave che Ben Jelloun vede nei razzismi degli ultimi anni - e l'Italia non ne è esente, anzi. Sono numerosissimi gli episodi di questo tipo che l'autore ricorda e commenta. Rivolgendosi con questa nuova edizione anche agli adulti che educano i nostri figli, Ben Jelloun li invita dunque a stare all'erta: la convivenza si impara, è un fatto di educazione, e se gli adulti dei prossimi anni non apprenderanno oggi, da bambini, questa lezione, la vita sarà molto difficile per tutti.