Fin dalle origini, in ogni cultura e civiltà, l'uomo ha sempre sentito il bisogno di conferire un significato alla propria esistenza: animale simbolico e metafisico, attraverso la scrittura, la legge e l'organizzazione sociale egli ha forgiato il mondo a propria immagine attraverso la costruzione di un senso condiviso, in grado di regolare la vita in comune e di giustificare il posto di ciascuno su questa terra. La storia dell'Occidente può essere letta come la storia di questo senso condiviso e vincolante, come la storia delle credenze fondatrici dell'essere umano: il rispetto della parola data e di una legge uguale per tutti. Attraverso un'appassionante analisi dei fondamenti del diritto e della dogmatica giuridica, Alain Supiot rilegge questa storia singolarissima e complessa in un'epoca in cui il declino della sovranità, l'infeudamento delle libertà e il progressivo scollarsi di potere e autorità minano più che mai la centralità del diritto e dunque i fondamenti stessi della nostra cultura.
Il libro sviluppa una originale riflessione sui fondamenti della riparazione di una colpa a partire dalle matrici originarie della violenza e della giustizia, misurandosi con una meditazione più profonda sul nesso "offesa/riparazione". Sono prese in considerazione, tra le altre, le linee tracciate da Walter Benjamin, René Girard, Michel Foucault, Jacques Lacan. Attraverso un'analisi della posizione dell'offeso, vengono declinati gli aspetti giuridici e psicologici dell'argomento, anche alla luce dell'esperienza formidabile della Commissione Sudafricana sulla Verità e la Riconciliazione. Nell'ultima parte del testo sono sviluppate le diverse componenti della riparazione, attraverso la teoria e la prassi del conciliare.