Nei campi nazisti ci si uccideva per un pezzo di pane. Ecco quello che il tuo Dio ha lasciato fare, ecco a cosa ci ha ridotti. Se vuoi, puoi andare a vivere con lui. Io non lo perdonerò mai!». L'autore non ha mai dimenticato queste parole e ha scritto questo testo per coloro che non riescono a dimenticare il problema del male nel mondo.
«Se Dio c'è ed è come ce lo racconta la Parola, non può che essere nascosto, celato, defilato. E, nel contempo, raggiungibile. Abbiamo in noi stessi tutti gli strumenti per diventare cercatori di Dio. Esploratori dell'Assoluto». Tutti abbiamo un'idea di Dio, un'idea costruita a partire dal nostro carattere, dalla nostra esperienza, dall'ambiente in cui siamo cresciuti. E tanti di noi tendono a proiettare su Dio i loro bisogni e le loro speranze, o a chiamarlo in causa per le ingiustizie e le sofferenze che subiscono o colpiscono gli innocenti. Chi è dunque il Dio in cui crediamo (o non crediamo)? È la domanda che Paolo Curtaz ci pone in queste pagine, invitandoci a mettere fra parentesi tutto ciò che crediamo di credere per cercare di conoscere il Dio che Gesù racconta nei Vangeli. In una sorta di introduzione al cristianesimo, amichevole e ricca di umorismo, il teologo ci mostra, ripercorrendo i testi biblici, come liberare la testa da vecchie e asfittiche convinzioni religiose, imparare ad ascoltare la testimonianza evangelica, cercare con costanza, nella nostra vita, quel tesoro nascosto che è la presenza di Dio. Chi accoglie la prospettiva di Gesù incontra un Padre che lo ama e lo rende capace di amare, lo fa partecipe di un grande progetto d'amore, gli apre le porte su una vita più autentica, gioiosa, intensa. Una riflessione rivolta ai credenti, ai dubbiosi e perfino agli atei che sfida a iniziare una propria, originale, ricerca spirituale.
In questo saggio Umberto Curi prova a rispondere a interrogativi che intercettano problemi ineludibili, eppure trascurati in nome di una malintesa laicità intellettuale. Può accadere che si discuta delle radici culturali dell'Europa, o delle implicazioni politiche dell'integralismo religioso, senza neppure sfiorare il presupposto che ne è alla base, vale a dire quel nucleo teorico decisivo che è costituito dal modo in cui si parla di Dio. Così, proprio quando l'emergenza climatica e le prospettive di armi di distruzione di massa mettono in discussione la sopravvivenza del genere umano, il dibattito si arresta alle soglie della questione che più di ogni altra coincide con una fondamentale richiesta di senso. Già nella più antica definizione di teologia, risalente a Platone, è possibile individuare una distinzione fra due diverse modalità di intendere il lógos riferito a Dio, e cioè non solo come parola su Dio - inevitabilmente esposta al rischio di una pur involontaria blasfemia - ma come parola di Dio, rispetto alla quale si impone la necessità di un rigoroso, e insieme umile, lavoro di interpretazione. Lontano dall'apologetica confessionale o ideologica, Curi offre qui un serrato confronto con alcuni punti nodali della tradizione giudaico-cristiana e l'approfondimento di concetti particolarmente densi, come il perdono e il dolore, la misericordia e la speranza, la libertà e la verità.
Dietrich von Hildebrand, definito da Papa Pio XII: "Il Dottore della Chiesa del ventesimo secolo, con questo testo fondamentale scritto nei primi anni di post-Concilio, volle portarsi al di là dall'antitesi fra "conservatorismo" e "progressismo" nel cattolicesimo; una sua essenziale preoccupazione fu di mettere in evidenza le idee di base legate alla Rivelazione cristiana, abbandonando le quali non si ha più alcun diritto di dirsi ancora cattolici perché ci si espone al pericolo della "secolarizzazione", della negazione di tutto quel che è veramente sovrannaturale. Però l'interesse principale viene portato soprattutto sui problemi riguardanti la religione nei suoi aspetti non di teologia speculativa bensì di vita morale, di devozionalità vissuta in funzione di Cristo. L'amore supremo della Chiesa per tutti gli uomini esige la condanna degli errori in vista di un'unità effettiva che può essere raggiunta solamente nel segno della Verità. L'opera di Von Hildebrand si rivolge quindi sia a chi è strettamente legato all'ortodossia cattolica, sia a chi è interessato alle drammatiche vicende attuali della Chiesa.
In questo libro, a un tempo importante e coinvolgente, W. Eugene March, studioso di Antico Testamento, sviluppa una teologia della terra, sostenendo che, poiché il mondo appartiene a Dio, noi non "possediamo" la terra. Piuttosto, la terra è un prestito di Dio e noi abbiamo il compito di usarla in modo responsabile e giusto. March esamina poi in dettaglio il rapporto tra Israele e palestinesi, ripercorrendone la storia e l'influenza sul conflitto odierno.
Pensare che Dio sia "soltanto" una parola non significa ridurne il valore nella storia. Al contrario, può significare dare contenuto di realtà alle radici profonde che hanno indotto, nei secoli, comunità di esseri umani a lavorare intorno a questa immagine, costruendo una foresta di simboli, tracciando cammini di conoscenza e di relazione tra gli uomini. Ma poiché ogni pensiero deve fare i conti con la contemporaneità, è necessario capire se la parola «Dio» sia oggi sfibrata, svuotata di senso oppure se sia possibile rinvenirne un significato nuovo, in cui al di là della narrazione mitologica si possa intravedere l'ossatura di una inesausta ricerca. Potremmo allora considerare la parola «Dio» come il punto di intersezione tra le piccole vicende umane di ogni tempo e le vorticose dimensioni della ricerca intorno all'universo. Forse è in questo incrocio di strade che la parola «Dio» è stata formulata. E forse si può tentare oggi di immaginare una nuova mappa. Interrogando la vita, ma anche le scienze, la poesia, la storia e le Scritture stesse.
Dalle pieghe della storia è emerso il Dio dei cristiani, parente stretto (ma con non poche e notevolissime differenze) di quello degli ebrei e dei musulmani: un Dio insofferente di qualsiasi schematismo e superiore a ogni possibile immagine. Eppure, di Lui qualcosa sappiamo: è uno, ma in un modo tutto particolare; è padre, ma non di genere maschile; ha parlato, ma senza chiederci alcunché; sa perdonare, ma senza cancellare con questo la nostra libertà. Paradosso supremo: "è l'unico essere che di diritto possa essere ateo".
Attraversando sessant'anni di teologia delle donne, dall'emancipazionismo al pensiero queer, l'autrice esplora il paradosso al cuore della fede cristiana: per trovare o salvare la propria vita bisogna perderla. Il libro s'interroga sull'idea di Dio che ha generato tale paradosso per chiedersi se, in un mondo che stenta a liberarsi da molteplici forme di dominio, esso faccia parte del problema o possa esserne ancora la soluzione. "Attraverso le tre parole che compongono il titolo di questo libro, "Dio, vuoto e “genere", indico il nucleo della fede cristiana. Per diventare umano Dio si svuotò. La cosa non finisce lì, però, perché il cristianesimo insegna che l'umano, per trovare la propria vita o, in qualche caso, per diventare divino, deve fare altrettanto. Per salvarsi, dunque, bisogna perdersi ed è su questo paradosso che le teologie femministe in questo volume riflettono. Il termine tecnico per questo processo che investe sia l'umano sia Dio è kenosi ed è fondamentalmente il tema di questo volume, che non nasce dal vuoto ma ha un piccolo iter personale". (Elizabeth E. Green).
Torna in libreria, dopo l'edizione Mondadori del 1979, un classico della teologia e della filosofia contemporanee. Nella nuova prefazione Hans Küng afferma che oggi "sia i rappresentanti di Dio in terra sia i loro oppositori hanno perso credibilità". La crisi della Chiesa e delle ideologie però non ha fatto cadere l'attenzione per la domanda sull'assoluto, semmai l'ha resa più intensa: Dio esiste? E se sì, chi è? Dov'è? Come lo possiamo conoscere? Küng ha la sua risposta ovviamente, ma questo saggio si sviluppa soprattutto attorno all'inquietudine, alla curiosità, al dubbio, come appare già dall'impressionante abbondanza di punti interrogativi, così insolita per un libro di teologia. In queste pagine si snoda un lungo viaggio alla ricerca del fondamento della fede. Si impara a conoscere che cosa pensavano di Dio i protagonisti del pensiero moderno, Descartes e Pascal, Spinoza e Kant, Hegel e Schopenhauer, Feuerbach e Marx, Nietzsche e Heidegger e molti altri. Il confronto si allarga agli esploratori della psiche come Freud, Jung, Adler, e a uomini di scienza come Darwin, Einstein, Heisenberg. L'obiettivo di Küng però non è riducibile a una disputa tra dotti: con stile fresco e coinvolgente, egli scandaglia nel passato per illuminare il presente e far emergere tutta l'urgenza delle eterne domande dell'uomo.
Oggi non è più possibile affidarsi a una teologia e a una pastorale del matrimonio come quelle praticate fino ad ora. Occorre avere il coraggio di percorrere altre strade a partire dall'esperienza etica e spirituale delle coppie, delle famiglie e degli operatori pastorali coinvolti nel loro cammino. Tale percorso può fondarsi sul cammino sinodale che sta vivendo la Chiesa in tutto il mondo. In questo libro stimolante, Philippe Bordeyne mette a fuoco il contesto sociale e culturale in cui le persone costruiscono le loro relazioni affettive e familiari, per individuare le opportunità di una proposta credibile del messaggio cristiano sull'amore umano. In questa direzione vengono messe in luce le risorse pedagogiche delle famiglie, le risorse liturgiche di cui dispongono le comunità cristiane e infine le risorse spirituali che i battezzati, e tutti coloro che sono alla ricerca di Dio, possono fare proprie nel tessuto quotidiano della vita familiare.