Nel luglio del 1323 papa Giovanni XXII canonizza Tommaso d'Aquino in una solenne cerimonia ad Avignone; ma il teologo domenicano era stato già "beatificato" alcuni anni prima nei versi del Paradiso di Dante. Nel suo viaggio ultraterreno, infatti, il poeta aveva incontrato l'anima di Tommaso mentre ascendeva fra i cieli del terzo regno. Nei canti del Cielo del Sole, dove si trovano le anime degli spiriti sapienti, egli intrattiene con l'Aquinate una lunga conversazione che acquista una valenza dottrinale e si fa indagine speculativa su un tema centrale nella sua riflessione: la nozione di sapienza. Il Tommaso d'Aquino che si trova nel Paradiso è così una figura complessa, frutto non solo della costruzione letteraria ma anche della pratica filosofica dantesca e si inquadra nell'articolata storia della ricezione dell'eredità intellettuale dell'Aquinate. Il volume indaga il modo in cui Dante Alighieri, nella sua opera, "incontra" Tommaso d'Aquino, delineando il contesto filosofico e teologico di un dialogo che nell'economia della Commedia e dei suoi contenuti assume anche un valore politico. Perché la discussione sulla sapienza, che attraversa i canti 10-13 del Paradiso, investe anche l'ideale del "re sapiente" impersonato da Salomone e prende i tratti di un'acuta e durissima critica dell'ideologia politica della corte del re di Napoli Roberto d'Angiò.
L'opera di Hannah Arendt prende corpo tra Europa e Stati Uniti, nello sforzo costante di comprendere gli eventi storici più rivelatori delle migliori possibilità e delle peggiori miserie della condizione umana. Riflettendo sul concetto di "politico" dopo Auschwitz, Arendt ha evidenziato i limiti dei precedenti tentativi di afferrarne il significato senza considerare che non l'Uomo al singolare, ma gli esseri umani abitano la Terra. La pluralità che Arendt ha in mente è quella che riesce a trovare piena espressione, attraverso discorsi e azioni, soltanto qualora esista uno spazio pubblico-politico in cui sia possibile condividere un mondo comune, come accadde, in modi differenti e per un breve periodo, nella polis democratica dell'antica Grecia e con il "nuovo inizio" della Rivoluzione americana. Dell'opera di Arendt il libro propone una ricostruzione dettagliata, attenta a cogliere motivi e modalità del suo profondo ripensamento del nesso tra filosofia, politica e storia, compiuto quando appariva ormai inesorabilmente spezzato il "filo della tradizione" risalente alla Bibbia e a Platone e Aristotele.
Il volume esamina il ruolo delle virtù nel pensiero di uno dei principali filosofi liberali, John Rawls, un tema ancora non sufficientemente indagato a più di cinquant'anni dalla pubblicazione del suo A Theory of Justice. Rawls fa affidamento, in particolare, su due tipologie di virtù: cooperative e individuali. Le prime sono quelle forme di eccellenza la cui presenza nel corpo sociale è imprescindibile affinché una democrazia possa funzionare correttamente e conservarsi stabile nel tempo; sulle seconde invece si fonda il processo di avvicinamento del singolo al proprio ideale di vita buona. L'analisi del ruolo di queste due categorie di condotta nella riflessione del filosofo statunitense, delle loro interconnessioni e dei loro effetti sulla collettività costituisce l'obiettivo del libro, il quale invita il lettore a osservare la teoria della giustizia di Rawls anche come una teoria delle virtù cooperative e individuali: relazionali, ordinarie e, allo stesso tempo, imprescindibili.
Il volume traccia la storia della letteratura italiana dai suoi albori sino alla fine del XIV secolo. Pur nella necessaria sintesi, nessun elemento significativo del panorama letterario italiano del Medioevo è stato trascurato, in un racconto storico che non perde mai il contatto con la concretezza dei testi, fatti spesso oggetto di analisi ravvicinata. Anche se concepito come strumento volto a soddisfare le esigenze degli studenti universitari, il testo, in questa terza edizione completamente rivista e aggiornata in base alle più recenti acquisizioni degli studi specialistici, è adatto anche a un pubblico più ampio che sia interessato a una informazione di base.
Riscoperta come uno dei fondamenti della felicità, la gentilezza è una competenza necessaria nella vita e nel lavoro. Come agire per metterla in pratica dal punto di vista linguistico? Quali sono gli scrittori del passato a cui ispirarsi? E che cosa consigliano i maestri della comunicazione di oggi? Il libro risponde a queste e molte altre domande affrontando un avvincente viaggio che parte dai classici della letteratura italiana e si conclude con un agile galateo digitale, capace di declinare i linguaggi della gentilezza nelle nostre interazioni quotidiane tra chat, e-mail e social media. Il testo è arricchito dai punti di vista di noti giornalisti, scrittori, linguisti e top manager: Corrado Augias, Marino Bartoletti, Patrizia Bertini Malgarini, Paolo Di Paolo, Guido Stratta.
Oggi le donne sono al potere. Dirigono imprese, governano paesi, comandano eserciti. Ne hanno conquistato il diritto. Ne sono capaci. Sono bravissime. Ma nulla va dato per scontato. I Greci hanno saputo immaginare ragazze eroiche, madri autorevoli, regine guerriere. Ma i Greci hanno anche inventato l'autogoverno di cittadini guerrieri, la demokratia. Il popolo è maschio e dev'essere virile. Ed ecco che le donne potenti diventano impossibili. La filosofia e la legge naturale attribuiscono loro incapacità decisionale, inettitudine al comando, sottomissione, vigliaccheria, incostanza, mollezza. Il maschio è focoso, impetuoso, audace, imperioso. La femmina è fredda, intelligente, vile, timida. L'uomo è un animale politico. La donna è un animale domestico. Aristotele organizza queste idee in un sistema di pensiero. Il cristianesimo ne diffonde i principi e ne rafforza il rigore. La donna antica era irresoluta. La donna cristiana diventa irrazionale. Alla fine del Settecento, emergono nuovi diritti che appartengono a ogni individuo in quanto essere umano. È il progetto emancipatorio dei Lumi in tutto il suo splendore. È la premessa della qualità democratica moderna. È il nostro orizzonte.
Negli anni Sessanta la politica culturale comunista entra in fibrillazione. Urbanizzazione selvaggia, migrazioni interne, nuovi consumi culturali, scolarizzazione di massa: il boom economico trasforma in profondità la società cambiando il volto del paese. Il modello culturale togliattiano, in grado fino a quel momento di collegare le istanze intellettuali agli umori delle classi lavoratrici, mostra i primi segni di crisi. È ancora possibile una politica culturale comunista? La direzione di Rossana Rossanda alla Sezione culturale del PCI proverà a stimolare un difficile aggiornamento nel partito, tentando di metterlo in connessione con nuove domande sociali e inaudite sfide politiche. L'incubazione del "lungo Sessantotto italiano" si situa proprio negli anni della direzione politico-culturale di Rossanda, tra il 1962 e il 1966. La sconfitta a cui andrà incontro (e con lei l'intera area ingraiana), certificata all'XI Congresso comunista del 1966, segnerà un passaggio evolutivo del Partito comunista italiano, dalle conseguenze dirompenti per tutta la sua storia futura.
Perché molti governanti amano sfilare sotto la pioggia? Perché i bambini sorridono quando regalano un biscottino e cosa c'entra con la leadership? E ancora, quali caratteristiche fanno crescere la fiducia nel leader? Quali, invece, la fanno perdere? E cosa succede nella mente di chi gestisce il potere? A queste e altre domande risponde il libro, che coniuga gli studi scientifici più recenti con l'esperienza dei grandi leader di tutti i tempi, da Gandhi a Malala Yousafzai, da Marco Aurelio a Winston Churchill. L'autore ribalta alcuni luoghi comuni sul tema attingendo alle conoscenze di diverse aree di studio - dalla psicologia sociale all'antropologia, dalla biologia alla storia - per indagare un campo che è per sua natura complesso e multidisciplinare. Il testo è uno strumento utile ad approfondire l'argomento della leadership in ambito politico, istituzionale, sociale e aziendale.
Nel corso di poco più di un secolo, la psicoanalisi si è evoluta andando incontro a numerosi cambiamenti che oggi la configurano più come un arcipelago di modelli che come una teoria unitaria. In un percorso teorico-storico che parte dalle ipotesi di Freud - passando per quelle di Anna Freud, la psicologia dell'Io, Klein, Fairbairn, Winnicott, Bion, Mahler, Bowlby e Kohut - e arriva all'infant research, al pensiero di Lichtenberg, al modello intersoggettivo, a quello relazionale e alla Control-Mastery Theory, il volume si focalizza sui temi che i vari autori hanno ipotizzato al cuore della sofferenza umana, e sulle ipotesi relative alla struttura dell'apparato psichico e al suo sviluppo, accennando alle implicazioni tecniche delle diverse teorie.
Roma, Venezia, Trento e Trieste, Fiume, ma anche le capitali del repubblicanesimo, quelle dell'antifascismo e della Resistenza, il Veneto bianco, Predappio, Bologna, Sesto San Giovanni, Perugia e Assisi, i reticoli urbani del terrorismo, la Napoli della tradizione laurina, la provincia leghista, la Milano di "Mani pulite". Protagoniste di questo volume sono le città che hanno nutrito l'immaginario politico dell'Italia unita, orientando la "mappa mentale" di varie gene - razioni. Gli autori, recuperando alcune radici ottocentesche, si muovono tra casi eclatanti - per importanza e sedimentazione del rispettivo mito - e altri di conio prettamente novecentesco, i cui echi arrivano talora fino ai giorni nostri. Si interrogano sulle ragioni che hanno dato origine a determinate immagini delle città, nello specifico dei contesti storici e territoriali di riferimento; ne indagano l'evoluzione, il successo così come l'eclissi nello spazio pubblico, i canali di trasmissione e i meccanismi narrativi che hanno accompagnato la loro circolazione nella vita del paese. Anche da questa prospettiva originale, che intreccia storia e rappresentazione, le città si rivelano una preziosa cartina di tornasole per comprendere il profilo politico del Novecento italiano e cogliere i mutamenti più generali in atto nella società.
L'avvincente storia dell'uomo dalle sue origini nell'Africa tropicale fino all'ascesa e caduta delle grandiose civiltà e città preindustriali, con una particolare attenzione ai mutamenti radicali e agli effetti devastanti determinati da eventi quali l'avvio dell'agricoltura e la domesticazione degli animali o i lunghi periodi di siccità. Un libro che ci fa capire come lo studio del passato, pur lontanissimo dal mondo di oggi, possa assumere un particolare valore alla luce dell'attuale situazione di crisi climatica globale, miseria diffusa e crescente divario tra ricchi e poveri
Il periodo tra la Prima guerra mondiale e l'avvento del fascismo costituisce un interessante punto di svolta nella storia del nostro paese. Il volume propone una lettura del 1921 - anno dello squadrismo fascista, dell'attentato anarchico al teatro Diana di Milano, delle insorgenze operaie e contadine, degli Arditi del popolo - attraverso le due lenti della violenza politica e della guerra civile italiana, e ne colloca le ragioni all'interno di un ciclo di lunga durata esaminandone prodromi e lasciti (Sinistra risorgimentale, guerra europea), nonché gli sviluppi successivi fino al tardo Novecento, come ad esempio il nesso tra violenza e ideologie rivoluzionarie. Il testo, oltre ad affrontare questioni interpretative, pone un'attenzione particolare ai casi territoriali e al metodo della Public History, offrendo così un contributo per una storia culturale e sociale della violenza politica in età contemporanea.