“Un percorso fascinoso e insieme rigoroso, proprio per la sua ottica: perché questo volume da un lato ci proietta sulle frontiere più innovative del management, dall’altro ci fa riflettere su alcuni fondamentali della relazione e dell’ethos personale e collettivo.”
(dalla prefazione di Francesco Bonini)
“In un periodo tempestoso e irrazionale, ricco di urla e strepiti in larga parte poco comprensibili, finalmente in questo libro il lettore può trovare una pacata, razionale, dettagliata, esaustiva e intellegibile analisi delle dinamiche relative alla costruzione e alla difesa della reputazione di un soggetto, persona o organizzazione che sia.”
(dalla prefazione di Toni Muzi Falconi)
INDICE
Prefazione di Francesco Bonini
Prefazione di Toni Muzi Falconi
INTRODUZIONE. Della reputazione: dall’apparire all’essere, per guadagnare di più (tutti)
di Luca Poma
PARTE PRIMA
IL REPUTATION MANAGEMENT SPIEGATO SEMPLICE
1. LA CORPORATE REPUTATION
1.1. Definire la reputazione
1.2. Reputazione, identità, immagine
1.2.1. I quattro modelli di comunicazione
1.3. I 3 pilastri (+ 1) della reputazione
1.4. Perché investire nel reputation management
1.5. Reputation management: scienza o arte?
1.6. Focus neuroscienze: l’euristica della disponibilità
2. COME COSTRUIRE REPUTAZIONE? LO STRUMENTO DELLA CORPORATE SOCIAL RESPONSIBILITY 57
2.1. Definire la CSR
2.1.1. I quattro tipi di scambio
2.2. L’altra faccia della medaglia: il greenwashing
2.3. CSR ante litteram: Il caso Olivetti
2.4. CSR 2.0: casi evoluti di responsabilità sociale delle imprese
2.4.1. 15 regole per un nuovo modello di business
2.5. Harvard ci dà ragione: essere etici “conviene”
2.6. Brand activism: la naturale evoluzione della comunicazione corporate alla luce delle turbolenze del nuovo secolo
2.6.1. Esempi di “progressive brand activism”
3. CONOSCI I TUOI PUBBLICI
3.1. Analisi di un network sociale
3.2. L’evoluzione della mappatura degli stakeholder
3.3. Verso un nuovo paradigma: tutti sono stakeholder
3.4. Pensiero laterale e intelligenza emotiva
3.4.1. L’applicazione di pensiero laterale alle relazioni pubbliche: Six Memo for the next Millennium di Italo Calvino
3.5 Case history di eccellenza dal mondo farmaceutico
3.5.1. Un progetto pluriennale “tipo” di reputation management
3.5.2. La responsabilità sociale secondo GUNA
3.5.3. Alcuni dei progetti sociali di successo intrapresi da GUNA SpA
3.5.4. Un nuovo strumento per misurare “la salute aziendale”: il Geode della Coerenza
4. L’IMPORTANZA DELLO STORYTELLING NELLA COSTRUZIONE DELLA REPUTAZIONE
4.1. Facciamo chiarezza: che cos’è e cosa non è storytelling
4.2. Storia ed evoluzione dello storytelling
4.3. Il transmedia storytelling
4.4. Corporate storytelling e reputazione
4.4.1. Focus sulle neuroscenze: i neuroni specchio
4.5. I lovemark
4.5.1. Il Bar Mario: quando un marchio crea emozione. Brand “Italia” versus resto del mondo: sulla necessità di
rivalutare alcuni nostri valori immateriali
5. MEDIA RELATION
5.1. Strumenti “convenzionali” di media relation
5.1.1. Il perfetto comunicato stampa (possibilmente multimediale)
5.1.2. La conferenza stampa
5.2. Evoluzione di abitudini e di modelli comunicativi
5.3. Tailored media
5.4. Metodi e casi di comunicazione non convenzionale
5.4.1. L’utilizzo di canali tradizionali in modo non convenzionale
5.4.2. Focus sulla viralità: il ruolo delle emozioni nei contenuti virali, tra scienza e mistero
6. NATION BRANDING
6.1. Un po’ di storia: la public diplomacy
6.2. Nation branding: costruire la reputazione di un’intera nazione
6.3. Digital diplomacy
6.3.1. Twitter Diplomacy
6.4. Case history: il Ministero degli Affari Esteri agli albori della gestione proattiva dei social
6.4.1. Il profilo Twitter del ministro e la “Twitter diplomacy”
6.4.2. Da Twitter a Facebook
6.4.3. Gestione di “crisi” reputazionali online: un difficile equilibrio a favore della libertà di espressione
6.4.4. YouTube: essere ovunque, esserci sempre
6.4.5. L’obiettivo del “brand caldo” e la costruzione del consenso all’interno della community
7. CRISIS MANAGEMENT E CRISIS COMMUNICATION: QUANDO LA REPUTAZIONE VA IN CRISI
7.1. Definire la crisi: cosa è, cosa non è
7.2. Le cause di una crisi
7.3. Tipologie e classificazioni di crisi
7.4. Focus sulle neuroscienze: il triage e la gestione della paura
7.5. Crisis management e crisis communication: le fasi
7.6. Fase I: research. Che cosa fare prima della crisi
7.6.1. Come ci si prepara a una crisi?
7.6.2. Il crisis team
7.6.3. Analisi delle aree vulnerabili
7.6.4. Monitoraggio dei segnali deboli
7.6.5. Il piano di crisi
7.6.6. Il crisis training e la simulazione di scenario
7.6.7. Il ruolo dell’ufficio stampa
7.6.8. La crisis room nella sua materialità
7.7. Fase II: response. Siamo in crisi? Sì, la crisi è iniziata…
7.7.1. I primi 90 minuti di una crisi
7.7.2. Strategie per salvaguardare l’indice reputazionale
7.7.3. I principi irrinunciabili per un corretto crisis management
7.7.4. Principi di crisis communication
7.7.5. Focus: campagne di black PR
7.8. Fase III: recovery. La crisi finisce: cosa fare dopo?
7.8.1. Dichiarare la “fine” della crisi
7.8.2. La necessità di un programma di rilancio immediato
7.8.3. Sfruttare le “opportunità” generate dalla crisi
7.9. Case history: best case e worst case
E. LECLERC: un caso di buona gestione di crisi che ha fatto storia (e dottrina)
COSTA CONCORDIA: è affondata solo la nave?
AUTOSTRADE PER L'ITALIA e il viadotto di Genova: uno scenario di crisi annunciato
GUIDO BARILLA e la comunità LGBT: quando la crisi la crei da solo
ASSOCIAZIONE “CHIESA DI SCIENTOLOGY”®: un caso di palese non conformità rispetto ai fondamentali del reputation management
MELEGATTI: farsi del male, tradendo il proprio dna
“ENI vs REPORT”: un innovativo format crossmediale per tutelare la reputazione
FACILE.IT: guadagnare autorevolezza da una possibile crisi
VOLKSWAGEN DIESELGATE, quando la mancanza di etica pregiudica la reputazione aziendale
FACEBOOK DATAGATE lo spartiacque sull’uso dei dati personali
NEXT GENERATION: l’urgenza di approntare un tool kit per tutelare il “brand Italia” in occasione di future crisi
ed emergenze pandemiche
SUPERLEGA: un caso da manuale di pessimo crisis management, con inevitabili ricadute sulla reputazione
dei protagonisti
8. CONTAMINAZIONI DI SAPERI: EPIGENETICA E AZIENDE, UNA CORRELAZIONE POSSIBILE?
PARTE SECONDA
TOOL KIT PER LA VALUTAZIONE E MISURAZIONE DELLA REPUTAZIONE
a cura di Luca Poma, Giorgia Grandoni e Davide Nappi
CORPORATE REPUTATION: ESIGENZE DI VALUTAZIONE E SISTEMI DI MISURAZIONE
1. La corporate reputation: un costrutto multidimensional, time based e people dependent
2. Il processo di formazione della reputazione aziendale e la relativa valutazione
3. Diversi sistemi di misurazione della corporate reputation: limiti e difficoltà
4. Reputation risk
4.1. Alcuni approcci di valutazione del rischio reputazionale
4.2. Metodo del capitale intellettuale
4.3. Metodo del reputation capital e del brand equity
4.4. Metodo dei modelli di mercato
CONCLUSIONI
Ringraziamenti
Bibliografia e sitografia
Giorgia Grandoni. Specializzata in Psicologia del lavoro e delle organizzazioni, si occupa di ricerca e sviluppo sui temi del reputation management, del crisis management e della crisis communication presso il Centro studi della start-up innovativa Reputation Management Srl. Autrice di articoli e saggi sulle relazioni pubbliche, la comunicazione digitale e non convenzionale e sulle buone prassi aziendali di responsabilità sociale, coordina la rubrica “Texture”, che raccoglie e segnala le migliori prassi internazionali di relazioni pubbliche, pubblicata con cadenza settimanale sul sito della FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana).
Luca Poma. Professore all’Università LUMSA di Roma, dove insegna alla prima cattedra in reputation management istituita in Italia, e all’Università della Repubblica di San Marino, insegna anche in diversi master universitari, è stato relatore a congressi e seminari di studio e ha pubblicato articoli e saggi sul tema della costruzione della reputazione e la gestione delle crisi reputazionali. È socio professionista della FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana) e socio dell’Unione Nazionale Medicoscientifica d’Informazione. Ha contribuito all’elaborazione e pianificazione delle strategie di comunicazione della Marcia Mondiale per la Pace che nel 2009 si è snodata – con oltre 300 eventi – lungo 190.000 chilometri in 98 Paesi del mondo.
Nella XVI legislatura è stato consigliere del ministro degli Esteri della Repubblica Italiana, ed è stato poi nominato membro del Gruppo di lavoro per l’elaborazione delle policy di comunicazione strategica del Ministero della Difesa. Per i suoi progetti di comunicazione multistakeholder ha ritirato nel 2007 la Targa d’argento del presidente della Repubblica, e nel 2011 il Public Affairs Award per “L’eccellenza nella comunicazione”. Questo è il suo tredicesimo libro.
Il suo blog è Creatoridifuturo.it.
Il tema non dichiarato, ma più volte richiamato in questo libro che parla del Partito Popolare di don Sturzo, sembra essere quello dei "corsi e ricorsi" che punteggiano la storia italiana. È quasi un ammonimento da parte dell'autore che affronta la vicenda dei cattolici del Piemonte, da un canto ricordando la loro storia negli anni seguenti all'Unità d'Italia, dall'altro riferendo le tante difficoltà incontrate dal progetto di Sturzo nel clima "rivoluzionario" che, anche in questa regione, aveva caratterizzato il primo dopoguerra del Novecento. Sturzo intendeva dare vita a un partito con una propria autonomia e identità politica, non clericale ma radicato nel mondo cattolico, legato fortemente ad una realtà che viveva la trasformazione industriale di un'economia ancora caratterizzata dall'agricoltura; ad un partito che rifiutava il dominio di "una democrazia dei ricchi", com'era definito un sistema che fino al 1912 aveva limitato il voto a non più del 10% degli italiani. Un partito pensato in competizione con i liberali e i socialisti: una terza forza interclassista e popolare. In particolare, l'autore - uno tra i più ragguardevoli protagonisti della Dc e del Partito popolare degli anni Novanta - ricorda le eterogenee posizioni che convivevano tra i cattolici, ed i difficili rapporti che i dirigenti popolari avevano con una Chiesa indotta a cercare comunque e innanzitutto la soluzione alla Questione romana. Ricorda, infine, la dissoluzione di un 'sistema' segnato dalle scissioni nell'ambito della sinistra e da istituzioni incapaci di governare una crisi aggravata da continui scioperi, da disordini di piazza e dalla violenza politica; con democratici, riformisti e popolari senza strategia, e il raggruppamento liberale convinto di poter integrare i fascisti nella maggioranza. In un clima di scontro, che stava deragliando in guerra civile tra bolscevichi e fascisti, per i cattolici il problema era: da che parte stare. Prefazione di Bartolo Gariglio. Postfazione di Gianfranco Astori.
In quattro densi capitoli un valente giovane storico ripercorre un tratto importante della storia dell'Italia repubblicana. Lo fa attraverso l'attività di governo di un politico democristiano, Carlo Donat-Cattin che, tra il dicembre del 1963 e il dicembre del 1978, ricoprì importanti ruoli esecutivi: prima la carica di sottosegretario alle Partecipazioni statali poi quella, più nota, di ministro del Lavoro, quindi quella di ministro del Mezzogiorno per approdare, infine, al ministero dell'Industria. Sono gli anni in cui nasce, si afferma e declina nel suo afflato riformatore il centro-sinistra in Italia, nei quali si fanno strada istanze e forze sociali fino ad allora tenute ai margini. È anche il periodo in cui la spirale della violenza politica sembra non arrestarsi mai, e il Paese è costretto ad affrontare lo shock petrolifero e le sue gravi conseguenze economiche. In questo contesto, denso di avvenimenti e di cambiamenti epocali, si trova ad operare e a vivere una lunga e pressoché continuativa esperienza di governo il leader della sinistra sociale democristiana. E, anche se il «Donat-Cattin politico» è volutamente separato dal «Donat-Cattin ministro», paradossalmente, è proprio la politica, la buona politica, ad affermare il suo primato sull'economia. Il che non significa mai scarsa attenzione ai numeri. Carlo Donat-Cattin fu fermamente convinto che è compito primario della politica «governare lo sviluppo» (capitolo primo), «governare il conflitto» (capitolo secondo), così come considerare il Mezzogiorno una «questione nazionale» (capitolo terzo). E che è compito fondamentale della politica «affrontare la crisi» (capitolo quarto). Quella drammatica crisi che segnò la fine dell'«età dell'oro» dell'economia dell'Occidente capitalistico. Anni duri e difficili quelli al dicastero dell'Industria per il ministro che aveva compiuto il miracolo dello Statuto dei lavoratori e aveva gestito con successo la più complessa e difficile vicenda contrattuale del dopoguerra. Anche quando il progetto della programmazione economica, cui aveva contribuito e in cui aveva creduto, era stato abbandonato, Donat-Cattin cercò - circondandosi di uno staff di prim'ordine - di delineare un progetto compiuto e innovativo di politica industriale. Prefazione di Giovanni Zanetti.
Il volume costituisce la prosecuzione di Pace o guerra? La stampa cattolica nelle diocesi piemontesi: 1914-1915, uscito nell'ottobre del 2017 in questa stessa collana. L'arco cronologico preso in esame va dal 24 maggio 1915 all'appello sturziano ai "liberi e forti" del 19 gennaio 1919. Un periodo di grandi trasformazioni e tensioni che inciderà sui decenni successivi in Italia e in Europa. Al centro della ricerca il mondo cattolico e la sua stampa nella fase in cui lo Stato invade le realtà locali in misura massiccia e senza precedenti. I saggi qui confluiti mettono in luce come la stampa cattolica, anche quella minore, sia protesa a difendere le peculiarità del proprio universo politico-religioso lottando con tenacia contro i suoi avversari: socialisti, nazionalisti, massoni e anticlericali di ogni specie.
Tra i tanti studi sulla Prima guerra mondiale, questo volume si caratterizza per alcune peculiarità. Analizza in modo specifico la stampa e quindi la formazione dell'opinione pubblica. Studia il mondo cattolico che, attraverso un processo per nulla scontato e unilineare, proprio nel corso di quel conflitto compie il suo inserimento definitivo nello Stato, dopo la lunga fase di opposizione alla classe dirigente nazionale e alle istituzioni nazionali.Si sofferma su una regione, il Piemonte, che diede un alto contributo di uomini e di caduti nel corso della guerra e da cui tradizionalmente provenivano gli alti gradi dell'esercito. Una realtà territoriale nella quale l'influenza del clero e della Chiesa era profonda, dove facevano da contrappunto importanti centri di precoce industrializzazione come Torino, Alessandria, Biella, caratterizzati dalla presenza di un proletariato pugnace e combattivo.
"Penso che un giovane non si accontenti di sapere che le cose esistono, ma vuole sapere perché esistono. [...] La ricerca di senso è il lievito della gioventù. Allora c'è da chiedersi [...] come sia possibile che un'intera generazione sia stata abbandonata a se stessa, abbia trovato chiusa la porta del futuro. Una società che non si cura dei giovani è una società che non si cura della propria storia e del proprio avvenire, ripiegata nei suoi egoismi e nelle sue paure. Che cosa è importante dare ai giovani? Relazione, ascolto, opportunità. Quando gliele dai rispondono a meraviglia, e penso ad esempio a quelli - migliaia ormai - che trascorrono volontariamente parte delle vacanze nei terreni confiscati ai boss delle mafie, a dare una mano e a maturare una coscienza sociale. [...] Sono decenni che è in crisi il modello educativo autoritario, [...] e non è un male che lo sia. Si cresce insieme esercitando l'autorevolezza, che presuppone credibilità. I giovani non hanno bisogno di qualcuno che dica loro che cosa fare, ma che faccia insieme a loro e poi, al momento buono, si metta in disparte, per lasciare che imparino a camminare con le loro gambe, nella libertà e nella responsabilità".
La professionalizzazione delle pratiche di aiuto sociale costituisce un'evoluzione dell'azione filantropica e solidaristica, all'interno della quale le donne si sono impegnate intensamente. Partendo dagli spunti offerti da una serie di autorevoli contributi - che hanno evidenziato come, attraverso le attività filantropiche, le donne siano uscite dalla sfera domestica, iniziando ad accedere alla vita politica e penetrando in spazi di cittadinanza peraltro non ancora completamente conquistati -, il volume analizza questo percorso, approfondendo la matrice laica delle esperienze studiate, con particolare riferimento a quanto realizzato nel corso della Resistenza dai Gruppi di Difesa della donna.
Come funzionano gli impianti solari termici e fotovoltaici? Perché utilizzarli? Come si progettano? Secondo quali modalità e secondo quali principi il professionista può curarne la diffusione e l'integrazione in architettura? A queste e ad altre domande è stata data risposta nei corsi di formazione sulla progettazione di sistemi solari termici e fotovoltaici organizzati dalle Fondazioni e dagli Ordini di Architetti e Ingegneri della Provincia di Torino. Il presente volume ne raccoglie l'esperienza per fornire uno strumento pratico ed efficace agli operatori del settore e per diffondere la cultura dell'Utilizzo di energie da fonti rinnovabili.