“Chi aumenta la propria conoscenza aumenta la propria ignoranza”, scriveva Friedrich Schlegel. “Io vivo sempre più avvertendo la presenza dell’ignoto dentro il noto, dell’enigma dentro il banale, del mistero dentro ogni cosa e, soprattutto, dell’avanzare di una nuova ignoranza dentro ogni conquista della conoscenza”, ci dice Edgar Morin.
Così in questo libro si spinge a esplorare i territori del sapere, in cui ci si imbatte
in una terna inseparabile: conoscenza, ignoranza, mistero. Tutti i progressi delle scienze suscitano nuovi interrogativi e sfociano nell’ignoto: quello dell’origine, della fine, della natura della realtà. Più si vede quel che c’è di razionale più bisogna vedere anche quel che sfugge alla ragione ma il mistero non svaluta affatto la conoscenza che vi approda, al contrario, stimola e fortifica il senso poetico dell’esistenza.
Ogni esperienza formativa richiede una performance, che impegna in una stessa scena insegnanti e studenti, formatori e formandi, permettendo agli uni e agli altri di valorizzare competenze tacite, di mobilitare ruoli in genere stereotipati e di sperimentare differenti interpretazioni. Dove prende il formatore gli elementi che gli permettono di interpretare in modo coerente e professionale questa performance che deve avere fini pedagogici? A quale tipo di saperi, esperienze pratiche, personali e no, fa riferimento per rendere efficaci gli esiti della sua azione? A simili domande risponde la riflessione proposta in questo volume, centrata sull'analisi delle caratteristiche teatrali implicite nei processi formativi, facendo dialogare il sapere di eminenti rappresentanti della tradizione teatrale del XX secolo, come Artaud, Grotowski e Brook, con il più recente dibattito sulle metodologie della formazione.
Come porre limiti e regole senza inasprire i conflitti ma rafforzando il legame con il bambino e favorendo il suo sviluppo mentale. Daniel Siegel e Tina Payne Bryson, autori di "12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino", si occupano ora, con la stessa competenza e lo stesso approccio innovativo, della sfida più importante per chi cresce un figlio: la disciplina. Il testo chiarisce il rapporto tra lo sviluppo cerebrale del bambino e il modo dei genitori di reagire ai suoi cattivi comportamenti, offrendo un valido piano d'azione per affrontare, senza violenza ma con comprensione, tensioni e crisi di collera. Partendo dal reale significato del termine "disciplina" (istruire e insegnare, non rimproverare), gli autori mostrano come entrare in sintonia con il bambino e incanalare le sue emozioni per trasformare una crisi di rabbia o di pianto in un'opportunità di crescita. Così si potrà spezzare il circolo vizioso di capricci del bambino e punizioni del genitore, sostituendolo con strategie più efficaci e adeguate a ogni fase dello sviluppo. Grazie alle spiegazioni semplici e chiare, ai consigli pratici, ai fumetti e ai disegni accattivanti che chiariscono con immediatezza le indicazioni degli autori, questo libro costituisce una grande risorsa per ogni famiglia.
A partire dal caso delle residenze della Fondazione Rui, ente che gestisce collegi di merito in differenti città d'Italia e promuove progetti di formazione in ambito universitario, si propongono indicazioni a supporto dell'ipotesi di fondo: fare una buona valutazione dell'efficacia di azioni formative complesse rappresenta un'opportunità per migliorare anche l'organizzazione. I temi affrontati sono quelli dell'apprendimento organizzativo, della formazione degli adulti in contesti di esperienza operativa e delle implicazioni organizzative che ne determinano le condizioni di efficacia. L'accento è posto su tematiche tipiche di una comunità scientifica, quella degli psicologi del lavoro e dell'organizzazione, in cui l'ambito della formazione e della valutazione apre processi di comprensione dell'organizzazione più articolati.
Sulle tracce di "La testa ben fatta" e "I sette saperi necessari all'educazione del futuro", Edgar Morin auspica una riforma profonda dell'educazione, fondata sulla sua missione essenziale, che già Rousseau aveva individuato: insegnare a vivere. Si tratta di permettere a ciascuno di sviluppare al meglio la propria individualità e il legame con gli altri ma anche di prepararsi ad affrontare le molteplici incertezze e difficoltà del destino umano. Questo nuovo libro non si limita a ricapitolare le idee dei precedenti ma sviluppa tutto ciò che significa insegnare a vivere nel nostro tempo, che è anche quello di Internet, e nella nostra civiltà planetaria, nella quale ci sentiamo così spesso disarmati e strumentalizzati.
Chi è il bambino terribile? Che cosa può consentire di entrare in relazione con lui senza essere sopraffatti e di conseguenza sopraffarlo? Che cosa significa essere d'aiuto, in quanto insegnanti e educatori, di fronte a un bambino agitato, aggressivo, addirittura violento? Bernard Aucouturier, uno dei massimi teorici della psico-motricità si occupa qui dei disturbi di comportamento e delle difficoltà di apprendimento dei bambini difficili da gestire nell'ambito scolastico, che restano ai margini della scuola e faticano a raggiungere lo statuto di allievi. L'osservazione e un lungo lavoro con questi "bambini terribili" ha portato l'autore a proporre risposte educative e pedagogiche ispirate alla pratica psicomotoria e alle sue strategie di rassicurazione profonda tramite il corpo e il linguaggio. Una riflessione che si rivolge a tutte le figure educative che si occupano di infanzia, interrogandole sul senso profondo da attribuire alla scuola di domani.
Il volume è dedicato all'opera e all'influenza di T. Berry Brazelton, uno dei più noti e autorevoli pediatri contemporanei, e riunisce i contributi di ricercatori e clinici rinomati, tra cui Daniel Stern, Ed Tronick, Stanley Greenspan, Allan Schore, Jerome Kagan, il cui lavoro è stato ispirato dalle idee fondanti di Brazelton nel campo dello sviluppo infantile. Facendo piazza pulita di un gran numero di teorie, luoghi comuni e polemiche sul tema dell'accudimento dei bambini, Brazelton ha descritto il tipo di educazione al quale ogni bambino ha diritto in ogni società e in ogni contesto sociale, unendo le conoscenze di più discipline, tra cui la pediatria, la psicologia dell'educazione e la psicologia dello sviluppo. Partendo dall'opera pionieristica di Brazelton, gli autori illustrano l'attività di ricerca ispirata al suo insegnamento e i principali risultati che riflettono o sviluppano il suo lavoro, dall'Infant Research fino agli studi contemporanei sulle neuroscienze del comportamento, mostrando l'impatto che questo lavoro ha avuto sulla pratica professionale e sulla società in genere.
Esistono cose essenziali per la vita umana. La cura rientra nell'ordine delle cose essenziali, perché per dare forma al nostro essere possibile dobbiamo aver cura di noi, degli altri e del mondo. Il nostro modo di stare con gli altri nel mondo è intimamente connesso con la cura che abbiamo ricevuto e con le azioni di cura che mettiamo in atto. Siamo quello che facciamo e quello di cui abbiamo cura. È irrinunciabile aver cura della vita, per conservarla nel tempo, per farla fiorire e per riparare le ferite dell'esserci. Poiché la vita umana è fragile e vulnerabile, il lavoro di cura è intensamente problematico; il primo compito di una filosofia impegnata a cercare la misura di senso dell'esperienza consiste dunque nel prendere in esame il fenomeno della cura al fine di comprenderlo nelle sue qualità essenziali. Si tratta di comporre, secondo il metodo fenomenologico, una teoria descrittiva della cura che possa costituire lo sfondo per disegnare una valida politica dell'esperienza.
In questa sintesi del suo pensiero, John Dewey, il più importante filosofo dell'educazione del Novecento, contrappone la sua posizione a quella dei conservatori, che criticavano le "scuole nuove" ispirate dal suo credo e auspicavano il ritorno alla tradizione e al principio di autorità come fondamento pedagogico. Secondo Dewey, l'esperienza è il banco di prova di ogni teoria pedagogica e, allo stesso tempo, è ciò che permette di educare ogni uomo alla responsabilità, alla partecipazione, alla soluzione di "problemi di tutti" in una società fondata sull'integrazione e non sull'esclusione. Già nella forma polemica, oltre che nel contenuto, "Esperienza e educazione", che brilla per chiarezza, sintesi e profondità, è di grande attualità e riesce ancora oggi, nella confusione del dibattito sulla scuola, a mettere a nudo le differenze fondamentali tra chi vuole un'educazione autoritaria e chi immagina e vuole mettere in pratica una comunità educante.
A partire dalla ricerca sperimentale sulla sordità elaborata in Italia e all'estero, questo libro offre agli insegnanti informazioni indispensabili per costruire liberamente una didattica efficace, pensata non solo per studenti sordi adulti ma anche per studenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado. La ricetta è semplice: esporre alcuni risultati generali della ricerca in linguistica e in glottodidattica delle lingue apprese in un secondo momento rispetto alla madrelingua, in riferimento sia a studenti udenti sia a studenti sordi. Si suggerisce agli insegnanti di usare i principi di glottodidattica che valgono per tutti, studenti sordi e udenti, aggiungendo ciò che di specifico vale per i sordi, con la più grande libertà, perché ogni insegnante possa trovare una via efficace con i propri allievi, rispettando la loro individualità. Il testo è diretto agli insegnanti che non si arrendono alla fatalità statistica degli abbandoni scolastici degli studenti sordi. Tratta di lettura, scrittura, apprendimento grammaticale e cognizione, selezionando ciò che ha interesse per un insegnante curricolare, un insegnante di sostegno, un assistente alla comunicazione o un dirigente scolastico che abbiano uno o più studenti sordi in classe.
Ricerche recenti hanno evidenziato gli effetti benefici del bilinguismo precoce. Molti però restano gli interrogativi. In quale lingua parlare con il neonato? Tutti i bambini possono diventare bilingui? Che tipo di scuola scegliere? Coppie miste, espatriati o monolingui, i genitori giocano un ruolo importante nell’educazione bilingue. Questo libro è destinato a loro e a tutti quelli – familiari, insegnanti, professionisti dell’infanzia – che si occupano di bambini che sono già bilingui o lo diventeranno. Dalla trasmissione delle lingue materne all’apprendimento precoce delle lingue straniere, l’autrice analizza le condizioni del successo e quelle invece che possono creare difficoltà, offrendo utili consigli per guidare i bambini verso una competenza bilingue duratura.
Barbara Abdelilah-Bauer si occupa di linguistica e didattica delle lingue e conduce ricerche sullo sviluppo del linguaggio e sull’identità del bambino bilingue.
Come un videogioco è la traduzione italiana di un classico della letteratura educativa, in cui uno dei più insigni linguisti americani propone una provocatoria analisi degli effetti positivi dei videogiochi sull’apprendimento. Gee considera il videogioco il banco di prova delle nuove teorie dello sviluppo cognitivo: studiando come funziona si comprende come gli individui valutino e seguano un comando, assumano ruoli, percepiscano il mondo. Nel dibattito attuale sull’introduzione della tecnologia nella scuola, il volume indica nel videogioco un esempio di come uno strumento didattico debba essere progettato per produrre apprendimenti efficaci. L’approccio di Gee al videogioco è originale nella misura in cui sposta l’attenzione dalla tecnologia al linguaggio, identificando l’aspetto interessante del videogioco non tanto nel dispositivo (lo schermo, la grafica, il joystick o gli altri strumenti di interfaccia), quanto piuttosto nel sistema di comunicazione. Gee lo studia per comprendere quali siano gli elementi grazie ai quali il giocatore apprende in maniera efficace, spontanea, motivata, applicandosi per ore, provando e riprovando fino a quando non trova una soluzione: esattamente quello che si auspica facciano gli studenti a scuola.
L'autore
James Paul Gee, fra i più insigni linguisti statunitensi, insegna Literary Studies alla Arizona State University. Svolge attività di ricerca presso il Games, Learning, and Society Group della University of Wisconsin-Madison ed è membro della National Academy of Education. Recentemente ha pubblicato (con Elisabeth Hayes) Language and Learning in the Digital Age (2011).