Negli esercizi spirituali oggi viene solitamente proposto un brano tratto dalla Scrittura o un pensiero dei padri della Chiesa o dei santi. Questo libro vuole invece riprendere l'antica tradizione che insegnava a vivere non solo con l'ascolto della Parola, ma anche attraverso l'immagine, per fare la stessa esperienza degli apostoli sul monte Tabor, dove furono testimoni del mistero della trasfigurazione. Prima di essere «scritta» sulla tavola di legno, l'icona è generata nella preghiera e nel silenzio e il suo scopo è portare colui che ha lo sguardo rivolto verso di essa a fare una profonda esperienza di Dio, per poi ritornare a immergersi nella vita quotidiana trasformato dallo Spirito. L'icona dunque guida il nostro cuore e la nostra mente, dal visibile all'Invisibile, dalla terra al cielo, dal tempo finito all'eternità
Finestra aperta sul mistero, l’icona occupa un posto d’eccezione nella tradizione ortodossa, ma la sua diffusione va ben oltre l’ambito del cristianesimo orientale. In questo libro, Ilarion Alfeev riassume i tratti fondamentali della tradizione iconografica bizantina e dell’icona russa soffermandosi sui sei significati di questa forma di arte sacra: teologico, antropologico, cosmico, liturgico, mistico e morale.
Sommario
Premessa. I. La pittura cristiana delle origini. II. La tradizione iconografica bizantina. 1. Mosaici e affreschi bizantini dal IV al VII secolo. 2. L’icona nel VI-VII secolo. 3. L’Immagine acheropita e la Sindone di Torino. 4. L’iconoclastia e il culto delle immagini. 5. La decorazione pittorica del tempio bizantino. 6. Principali tipologie iconografiche. 7. Mosaici e affreschi bizantini tra il IX e il XIV secolo. 8. L’icona bizantina dal IX al XIV secolo. 9. La miniatura. III. L’icona russa. 1. La pittura di icone nella Rus’. Teofane il Greco. 2. Il beato Andrej Rublëv e l’evoluzione dell’iconostasi. 3. L’iconografia della Trinità. 4. Dionisij e l’evoluzione della pittura di icone russa 5. L'epoca successiva a Pietro I. 6. La pittura accademica nelle chiese ortodosse. 7. L’icona russa nel periodo successivo alla rivoluzione. IV. Il significato dell’icona. 1. Il significato teologico dell’icona. 2. Il significato antropologico dell’icona. 3. Il significato cosmico dell’icona. 4. Il significato liturgico dell’icona. 5. Il significato mistico dell’icona. 6. Il significato morale dell’icona.
Note sull'autore
Ilarion Alfeev è metropolita di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca e membro permanente del Sacro Sinodo. È stato vescovo ortodosso di Vienna e d’Austria, Amministratore pro tempore della diocesi di Budapest e d’Ungheria, rappresentante della Chiesa ortodossa russa presso le istituzioni europee a Bruxelles. Diplomato in violino, pianoforte e composizione, si è formato al monastero del Santo Spirito di Vilnius, al Seminario e all’Accademia Teologica di Mosca, all’Università di Oxford e all’Istituto Teologico San Sergio di Parigi. Ha insegnato Omiletica, Teologica dogmatica, Studi neo-testamentari e Greco bizantino nelle Scuole teologiche moscovite. Per EDB è autore di una grande opera in cinque volumi dal titolo La Chiesa ortodossa.
Il terzo dei cinque volumi dell'opera - 1. profilo storico; 2. dottrina; 3. tempio, icona e musica sacra; 4. liturgia; 5. sacramenti - si concentra sull'ambito artistico. Nella concezione del cristianesimo orientale, e quindi del mondo ortodosso, si distingue tra arte liturgica (o ecclesiale) e arte sacra in generale. La seconda può esprimere liberamente la religiosità dell'artista, ma non trova spazio nei luoghi di culto. Al loro interno, infatti, l'arte non ha semplicemente una funzione didattica e tanto meno ornamentale, ma è una componente essenziale dell'azione liturgica, come ha magistralmente intuito Pavel Florenskij. Per questo, sottolinea il metropolita Ilarion nel volume, l'arte liturgica è guidata innanzitutto da una riflessione teologica elaborata dai Concili ecumenici e dai Padri della Chiesa. Il concetto fondamentale è quello di simbolo: l'opera d'arte, nella sua integralità e nelle sue singole componenti, rimanda incessantemente all'Archetipo, la contemplazione del quale costituisce una "finestra aperta" sul Mistero. Questo è appunto il compito dell'arte della Chiesa, che attraverso la bellezza e l'armonia costituisce una profezia del Regno. Nell'esame delle singole componenti dell'arte ecclesiale, l'autore traccia un excursus storico che parte dai testi biblici, letti alla luce della Rivelazione cristiana, ripercorre le epoche storiche e le loro vicissitudini nel mondo bizantino e slavo, mostrandone ripercussioni e interrelazioni...
Il libro si sofferma su due icone del Nuovo Testamento particolarmente significative per cogliere il valore dello studio teologico. La prima raffigura una tappa paradigmatica dell’itinerario esistenziale di Paolo di Tarso e offre alcune riflessioni sull’affetto credente per Cristo, la comunione ecclesiale e il desiderio ardente di vita.
La seconda rappresenta l’esperienza spirituale dei discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni al cospetto di Cristo trasfigurato, un’icona che delinea la teologia come ambito di rivelazione divina del senso della vita e della morte. Intesa come scientia Dei e opera di carità, la ricerca teologica diventa così un’occasione favorevole in cui lo Spirito trasfigura il teologo in un’immagine vivida di Cristo.
Sommario
Premessa. La teologia odierna tra fatica e frammentazione. I. Affetto credente, comunione ecclesiale e desiderio di vita. 1. Affectus fidei e inculturazione della «bella notizia» di Cristo. 2. Communio Ecclesiae e unità interiore dell’evangelizzatore. 3. Concupiscentia vitae e debolezza credente dell’evangelizzatore. II. Teologia come itinerario trasfigurante della mente, del cuore e dei sensi.
1. Teologia come esperienza del «Tabor». 2. Teologia come ambito di manifestazione divina del senso della morte e della vita. 3. Teologia come scientia Dei. 4. Teologia come opera di carità. Epilogo. Teologia come itinerario di trasfigurazione della persona. Bibliografia.
Note sull'autore
Franco Manzi, sacerdote della Diocesi di Milano, ha conseguito nelle Pontificie Università Romane il dottorato in Scienze Bibliche e in Teologia. È élève titulaire de l’École Biblique de Jérusalem. Insegna nel Seminario e nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano e nelle Facoltà Teologiche dell’Italia Settentrionale e di Lugano. Direttore della rivista La Scuola Cattolica, è autore di numerosi libri. Con EDB ha pubblicato Attirerò tutti a me. Ermeneutica biblica ed etica cristiana (in collaborazione con A. Fumagalli, 2005).
"Dal portale regale di Chartres a Michelangelo, dall'icona di Rublev alle scuole russe italianizzanti del XVIII secolo, si constata una perdita progressiva del senso sacro", osserva Evdokimov. "Il sacro si sposta verso il "bello" estetico, l'essenza religiosa scompare dinanzi all'elemento narrativo, aneddotico, al piacevole, al ritratto somigliante, al complicato". Non accade così nel mondo dell'icona, dove il sole non tramonta e la luce è senza attenuazioni. La maggiore espressione figurativa del mondo ortodosso esprime il meriggio abbagliante dell'incarnazione, senza ombre né oscurità, e le sfumature vengono espresse solo dal contrasto dei colori, al di fuori di ogni artificio di illuminazione e di prospettiva. Se ogni dipinto è posto in un triangolo chiuso, composto dall'artista, dalla sua opera e dallo spettatore, l'icona spezza quel triangolo e afferma la sua indipendenza sia da chi la realizza che da chi la contempla. Essa non suscita l'emozione, ma l'avvento di un quarto elemento, l'avvento del trascendente di cui attesta la presenza. L'artista scompare dietro la tradizione che parla e l'opera d'arte diviene lo scaturire di una presenza dinanzi alla quale non si può restare solo spettatori.
Anche l'icona, come gli altri stili sacri, richiede un'educazione alla visione e alla contemplazione. La maggioranza dei fedeli, anche quelli ortodossi, ne coglie la spiritualità in modo spontaneo e tradizionale, mentre gli aspetti teologici e mistici rischiano di non essere adeguatamente tematizzati o di restare in secondo piano. Uno sguardo unicamente incentrato sul fascino dell'icona potrebbe provocare lo scivolamento da un'estetica teologica e una teologia estetica - come ha osservato Hans Urs von Balthasar - con l'effetto di limitarsi a contemplare la bellezza senza un corrispondente sforzo per cercarla nella prosaicità della vita quotidiana. Poiché non esiste un unico "Oriente cristiano" uniforme e indifferenziato, ma varie espressioni che brillano di splendore proprio e particolare, il saggio presenta l'icona nel contesto delle singole Chiese - bizantina, slava, siriaca, copta, armena, etiope, indiana - evidenziando la varietà e la ricchezza di un vero e proprio universo di immagini.
Come si possono vedere, toccare, udire, sperimentare lo stupore, la preghiera, la contemplazione e la bellezza della fede in Cristo? La risposta è semplice: la via maestra è l’appartenenza alla vita della Chiesa. All’interno di questa via esiste poi un percorso privilegiato: quello dell’arte sacra, nel quale l’icona occupa un posto unico per ragioni storiche, teologiche, liturgiche e devozionali.
Nel libro dal titolo “Il Segno di Giona - teoria, interpretazione e pratica dell’icona ” di don Gianluca Busi l’autore, sacerdote e maestro iconografo, condivide la sua esperienza di fede ed i suoi segreti di artista in un testo di 320 pagine articolato in tre parti: la teoria iconografica, la lettura ed il commento ad alcune icone ed un manuale di iconografia arricchito dall’allegato DVD, con 40 filmati che documentano le varie fasi di realizzazione di una icona.