Che cosa c’entra Dio col cinema? Quale rivelazione viene offerta dallo sviluppo di un’arte che mette le immagini in movimento? Che rapporto esiste tra le categorie di patto narrativo e di alleanza biblica?
Questo volume riprende il filone di ricerca costituito dai film studies e delinea le analogie tra le liturgie religiose e il rito laico dell’andare al cinema, desiderando di vedere «cose mai viste». L’autore suggerisce inoltre una prospettiva narrativa per l’etica teologica e verifica la pertinenza dei miti dell’origine - per come essi sono rappresentati nei film - rispetto all’enigmatica presenza del male nel mondo e alle diverse soluzioni offerte alla sua giustificazione. Si documenta altresì il contributo che la riabilitazione del sensibile e dell’immaginario hanno prodotto in riferimento all’elaborazione di una specifica teologia del cinema.
Sommario
Premessa. Una teologia di. 1. Teologia sul cinema. Il rito e il patto. 2. La cura e il racconto. 3. Etica narrativa, in teologia. 4. Teologia narrativa e cinema. 5. Dio e il male. La teodicea nel cinema. 6. Teologia e immaginazione. 7. Il sensibile e l’estetica teologica. 8. Lo stile trascendentale, nel cinema. 9. Teodrammatica e cinedrammatica. 10. The End. L’aura del cinema. Filmografia. Indice biblico. Indice dei nomi.
Note sull'autore
Paolo Cattorini è professore ordinario e docente di Bioetica clinica al Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita e alla Scuola di Medicina dell’Università degli Studi dell’Insubria, Varese. Ha fatto parte del Comitato nazionale per la Bioetica e della Commissione nazionale per la lotta all’Aids. Tra i suoi libri: Bioetica e cinema. Racconti di malattia e dilemmi morali (Franco Angeli, 22006), L’occhio che uccide. Criminologi al cinema (Franco Angeli, 2006). Per EDB ha pubblicato: La morale dei sogni. Lo statuto etico della psicoanalisi (1999); I Salmi della follia. Disturbi mentali e preghiere di liberazione (2003); La morte offesa. Espropriazione del morire ed etica della resistenza al male (22006); Estetica nell’etica. La forma di un’esistenza degna (2010); La libertà del cervello. Neuroscienze, etica e cinema (2013); Frasi di famiglia. Il linguaggio della vita domestica (2015) e Mangiare solo pensieri. Etica dell'anoressia (2016).
La sinodalità, che è tra i temi centrali del magistero di papa Francesco, viene indagata in questo libro a partire dalla prassi collegiale delle prime comunità cristiane nel Nuovo Testamento. Svolgere un Sinodo non significa tanto cedere alla prassi democratica, quanto dichiarare la fedeltà della Chiesa alla propria vocazione; in altri termini, il tema della Chiesa sinodale è correlato al sensus fidei del popolo di Dio e al suo valore sociale. La radice profonda della difficoltà di rapporto fra i diversi soggetti ecclesiali che oggi si vive nella comunità cristiana va ricercata innanzitutto nell'inefficace assimilazione e attuazione del principio di ministerialità, come realtà riguardante non solo i ministri ordinati, ma tutta la Chiesa. Solo così ogni credente, nel camminare e decidere insieme, potrà sentirsi «pietra viva» nell'edificazione dell'unico Corpo di Cristo, che è la Chiesa.
Categoria cruciale della fede cristiana, in relazione a Cristo, all'Eucaristia e alla vita dei credenti, il sacrificio appartiene all'esperienza universale dell'uomo nel rapporto con la sfera sovrumana. Esso prende la forma di uno scambio simbolico di beni, che ha il carattere dell'offerta, dell'immolazione e dell'unione, al fine di instaurare una relazione di riconoscenza, benevolenza e comunione con la sorgente della creazione e della storia. Per questo il sacrificio ha una dimensione cosmica, antropologica e sociale, si fonda sul racconto mitico dell'origine del cosmo, dell'uomo e della società e si attua nel rito, che rende presente quell'origine come possibilità per ogni nuovo inizio. Questo saggio indaga il tema nella storia moderna e contemporanea, svolgendo il rapporto tra mito e rito; recupera la memoria nella rivelazione biblica e nella storia della fede della chiesa, articolando il rapporto tra evento e rito; ne propone una rilettura teologico-spirituale, declinando il rapporto tra racconto e dramma. Per dire la singolarità del sacrificio di Cristo, dell'Eucaristia e della vita nello Spirito.
Le virtù non godono di buona fama. E, fra le virtù, l'umiltà è associata a tempi e stili lontani, quando si credeva di dare gloria a Dio umiliando se stessi o più spesso gli altri. Questa virtù impopolare potrebbe, invece, essere di grande utilità per tempi incerti. Ci ricorda che siamo di terra, che non siamo Dio, che fra i nostri desideri, i nostri propositi e la realtà si frappongono ostacoli, difficoltà, fallimenti. Ciò può spaventare ma anche rassicurare. Può insegnarci un gesto difficile: fare un passo indietro, per fare spazio ad altro e ad altri; a volte anche per fare spazio a noi stessi. Ci può aiutare anche a fare un passo avanti, insegnando l'arte di mettere un piede dopo l'altro, nella semplicità, nel metodo, nella concretezza. Due donne - una filosofa e una teologa - si confrontano sul tema di questa virtù fuori moda, estraendo dalla grande tradizione occidentale, filosofica, teologica e monastica, spunti e prospettive.
«Abbiamo troppo insegnato a dire le preghiere piuttosto che vivere al cospetto di Dio». Lungo le pagine del libro il vescovo Luigi Bettazzi ripercorre la sua vita di cristiano e rilancia alcune tematiche che gli stanno a cuore. Gli anni della formazione tomista, dominata dalla parola "ragione", gli studi di filosofia all'Università di Bologna, il tempo del fascismo, la strage di Marzabotto, Lercaro e la scelta dei poveri, il concilio ecumenico Vaticano II portano il vescovo emerito di Ivrea a rivolgere lo sguardo al presente. Emergono così i temi dell'amore e della vocazione, della spiritualità del prete e dell'apertura all'ordinazione dei viri probati. «L'educazione nei seminari - scrive l'autore - dovrebbe essere più aperta e concreta».
Da più parti si richiama la necessità di attivare processi formativi capaci di incidere profondamente nella vita delle persone, percorsi che non si limitino a fornire informazioni o a promuovere una sensibilizzazione spesso ridotta al solo piano emotivo. La sfida appare ancora più rilevante se si considerano le indicazioni di papa Francesco a rivedere il proprio stile di vita sul piano personale e sociale, sviluppando un pensiero critico e una prassi alternativa rispetto all'individualismo e all'utilitarismo. In questa prospettiva i tre autori di questo libro promuovono una riflessione orientata a coniugare teologia e prassi caritativa, principi pedagogici ed esperienze vissute. All'interno del Centro di ascolto della Caritas diocesana di Modena è stato possibile sperimentare un approccio insolito e innovativo al tema della formazione e dell'aiuto ai poveri. Prendendo le mosse dai principi del cooperative learning e della «clinica della formazione» è stato attivato un percorso di riflessione comune su alcuni temi messi in luce da papa Francesco in Evangelii Gaudium.
Attorno alla parrhesia - come ha spiegato Michel Foucault - ruotano diversi concetti importanti: il «dire» con le sue implicazioni, la verità, il coraggio, la libertà, il dovere morale, la relazione con l'autorità (politica o religiosa, umana o divina). Per questo la parrhesia può essere indagata da molteplici punti di vista e diversi ambiti disciplinari, senza mai perdere la sua grande portata esistenziale, che scaturisce dallo stretto rapporto con le relazioni fondamentali dell'uomo: con se stesso, con gli altri, con Dio. Parlare di parrhesia è di attualità anche nel panorama ecclesiale e sociale odierno, poiché papa Francesco si è spesso richiamato a questa categoria per promuovere un dialogo e una discussione franca sui temi più rilevanti che la Chiesa affronta in questo tempo.
La missione di Ivrea, indetta da monsignor Paolo Rostagno, vescovo nella diocesi piemontese dal 1939 al 1959, si tenne dal 20 ottobre al 25 ottobre 1958. La predicazione, alla quale fu invitato don Primo Mazzolari, fu strutturata in due cicli: il primo, composto di tre meditazioni, ebbe come contesto il Teatro Giacosa e fu rivoto ai professionisti; il secondo, sempre articolato in tre serate, fu sviluppato per tutti nella cornice della Cattedrale dedicata a Maria Assunta. I temi delle sei meditazioni sono: Cristo «occupa» il pozzo (Sichem, strada obbligata); La sete di Cristo (Le nostre seti); Cristo acqua saliente (Chi beve di me non avrà più sete); A me non importa niente del Padre (I nostri rapporti con il Padre); Dov'è il Padre? (Dio sotto giudizio!); Chiesa casa del Padre (Cosa ne avete fatto della mia Chiesa?).
«Dopo aver ripercorso il tracciato argomentativo elaborato da Parisi in tre densi capitoli, non si può non ammettere che Moltmann ha ancora molto da dire e da insegnare a quanti vogliono giustificare l'esistenza del mondo come creazione divina. Il guadagno più proficuo che se ne ricava, innanzitutto sotto il profilo metodologico, è quello di riconoscere che il discorso va elaborato per cerchi concentrici, dove il centro è il Dio Crocifisso, e, a partire da qui, si estende poi verso il mistero trinitario di Dio e, infine, verso la creazione, intesa come unità inscindibile di mondo e umanità e come "abitazione" di Dio. Ma il discorso procede anche sulla falsariga tracciata dai diversi orientamenti che attraversano il pensiero teologico di Moltmann e ne attestano la vitalità e la duttilità, propria di chi si è lasciato interrogare dalle istanze critiche e soteriologiche della cultura contemporanea. Gli orientamenti portano il nome, e l'identità, della teologia della croce, della teologia politica, della teologia della speranza, della teologia agapica, dove la teoria è comunque al servizio della prassi.» (dalla Presentazione)
Questo saggio offre una sintesi matura del pensiero del grande teologo benedettino Ghislain Lafont a partire da quattro elementi di novità rispetto alla visione classica del cattolicesimo. Il primo riguarda la rivisitazione dell’idea di sacrificio come pratica essenzialmente legata all’amore (e non al male o al peccato). Il secondo presuppone il ripensamento dell’eucaristia come «memoria attiva» del sacrificio «assolutamente unico» di Cristo, che non necessita di tutto l’apparato rituale a cui siamo abituati. Il terzo suggerisce una visione unificata del ministero nella Chiesa come «autorità complessiva radicata in un carisma specifico», esercitata al servizio di tutto il corpo ecclesiale. Il quarto, infine, sostiene l’idea che sia possibile per la vita della Chiesa uno stile più conforme al vangelo se «amore in eccesso», o «misericordia», hanno il primato tra tutti i nomi divini. Ed è proprio questo tema dell’amore misericordioso che consente di fare una sintesi armoniosa dei quattro elementi che vengono qui presentati.
La nostra educazione religiosa ci porta spesso a pensare che Dio abiti nel cielo e che tra Lui, l’uomo e il mondo ci sia una distanza abissale. Ignorando il principio essenziale della fede – «Dio ci ha creati per amore» – riteniamo che il suo intervento nella storia sia suscitato da preghiere e liturgie o avvenga secondo il suo volere e il suo «capriccio», in modo diseguale e immotivato.
Questo libro non intende negare la presenza di Dio nella storia, ma si propone di approdare a un altro modo di pensare questa presenza. Dio ha creato il mondo per amore e quindi lo sostiene, lo promuove, lo avvolge e lo sollecita. Ma farlo fiorire è e resta un preciso compito dell’uomo.
Il sacrificio costituisce l’atto religioso per eccellenza del rapporto con Dio in numerose tradizioni religiose. Basti ricordare i sacrifici umani praticati nell’antica Grecia e fra gli Incas in America, quelli di animali praticati in Israele fino alla distruzione del Tempio nel 70 d.C., ma anche l’interpretazione cristiana della morte in croce di Gesù come sacrificio offerto a Dio e ripresentato nella liturgia eucaristica, e alla spiritualizzazione del sacrificio avviata già nel Primo Testamento e proseguita nel Nuovo. Dai Veda indiani all’attuale Messale romano, in cui tale terminologia ritorna costantemente, attraversando società tradizionali e moderne, i sacrifici hanno un nucleo e una logica comuni?