Si sente spesso ripetere che papa Francesco non è un teologo, soprattutto se lo si confronta con il suo predecessore. L'accusa è infondata, dal momento che tutto ciò che dice e fa il pontefice è teso in modo evidente ad attualizzare il concilio Vaticano II. Tuttavia, papa Bergoglio non ritiene che i passi necessari per rendere la Chiesa credibile si possano imporre dall'alto; serve, al contrario che i cristiani siano in grado di confrontarsi tra loro evitando le divisioni, l'isolamento e l'autoreferenzialità. Con Francesco è giunto il tempo di prendere posizione, sostiene Waldenfels, che in questo libro tenta di delineare i fondamenti teologici del suo pontificato senza trascurare il vivace dibattito in corso. Prefazione di Vincenzo di Pilato.
La «sinodalità» - antica e profetica parola che riguarda l'intero popolo di Dio e contrassegna il pontificato di Francesco - viene esaminata in questo libro dal punto di osservazione della sua giustificazione teologica. La «teologia della sinodalità» è infatti necessaria sia per aiutare la missione e la pastorale a fronteggiare le «croci dell'ora» (don Primo Mazzolari), sia per vivere in modo gioioso e fervido le «grazie dell'ora» che lo Spirito sta procurando a questo tempo di storia cristiana. Accettare e vivere la grazia sinodale significa dunque ritornare alle radici del concilio Vaticano II per assaporarne uno dei frutti migliori.
Il concilio aperto a Ferrara l'8 gennaio 1438 e trasferito l'anno dopo a Firenze proclama l'unione fra la Chiesa greca e quella latina, un accordo che dura sino alla presa di Costantinopoli, nel 1453, e viene rotto ufficialmente da un concilio della Chiesa greca poco meno di vent'anni dopo. Questo volume si propone di indagare dal punto di vista storico ed ecclesiologico le unioni che si sono verificate dopo il concilio ferrarese-fiorentino. In particolare, la ricerca si sofferma sulla prima grande unione dei ruteni del 1595, conosciuta anche come Unione di Brest, e sull'unione della Chiesa romena ortodossa della Transilvania (1697-1700). Questo avvenimento ha portato alla riscoperta delle radici latine, alla comunione ecclesiastica con la Sede di Pietro e alla nascita di un movimento illuminista che ha suscitato, nel tempo, la nascita di un solo Stato per i romeni delle province di Moldova, Valacchia e Transilvania. Dal punto di vista ecclesiologico il processo di unione della Chiesa ortodossa romena della Transilvania si compie con il Concilio Vaticano II, che con il documento sulle Chiese cattoliche orientali "Orientalium Ecclesiarium" riconosce le comunità cattoliche orientali come vere Chiese.
Modulato nella successione di "Sognare la riforma", "Riforme nella Chiesa", "Riforme per la Chiesa", "Riforme di Chiesa", il volume percorre il contributo dato dalle donne all'istanza di riforma nell'arco del secondo millennio. Si tratta di riaccostare le utopie del passato remoto, così come del presente (La città delle donne, le donne della Riforma, la "Chiesa delle donne"), e di costatare le riforme promosse nella Chiesa dalle donne in età medievale, moderna, contemporanea (le donne del modernismo); di verificare l'incidenza dei progetti delle donne nella loro carica riformatrice a partire dalla profezia dei bisogni (la vita religiosa attiva), l'associazionismo femminile, le nuove ministerialità. Infine viene proposta la Riforma come istanza carismatica di conversione (M. Maddalena de' Pazzi) e come istanza di trasformazione strutturale. Il tutto nel quadro introduttivo, formulato da C. Militello, che spiega l'articolazione del volume, e di S. Noceti, che legge la riforma dialogando con le scienze sociali e le loro categorizzazioni. La conclusione, ancora a due mani, brevemente raccoglie quanto presentato e prova a disegnare un progetto operativo di riforma, nel quale interagisca una prospettiva di genere. Il principio ispiratore è che le donne hanno avvertito l'istanza della riforma, l'hanno promossa e talora messa in atto e di ciò occorre avere memoria. Le donne possono anch'esse interagire in un progetto di riforma efficace davvero, solo nella consapevolezza che la Chiesa è fatta di uomini e di donne e che la vera riforma passa anche dal reciproco riconoscimento e da un impegno e un progetto sinergico degli uni e delle altre. Il che comporta il coraggio di pensare in modo inedito la Chiesa del futuro.
La quaestio de laicis attraversa l'intero XX secolo e trova il suo apice nel concilio Vaticano II, ove si è assistito all'intenzione di custodire e rilanciare lo «spazio dei laici», senza tuttavia riuscire a svolgerne in positivo la figura. La tradizionale e benemerita «teologia del laicato» è andata esaurendosi nell'atto in cui la Lumen gentium ha assegnato una valenza positiva alla figura di tutti i credenti - nessuno escluso - conformati a Cristo nel battesimo e membra vive della Chiesa-popolo di Dio. La novità di questa ricerca sta nella proposta di «storicizzare» il termine e la figura del laico, per innescare un ripensamento radicale della questione, in vista di un fattivo riassestamento della sistematica teologica e della teologia pratica, lasciando affiorare un promettente e suggestivo rilancio nella nozione teologico-fondamentale di cristiano-testimone.
La famiglia delineata nell'esortazione «Amoris laetitia» si presenta come una comunità d'amore che diviene sorgente vitale della costituzione della Chiesa. Anche per questo, secondo papa Francesco non è sufficiente ri-organizzare la pastorale familiare, ma è necessario rendere familiare tutta la Chiesa. Sotto questo profilo, la famiglia si rivela dunque come un luogo teologico. Anche se l'orientamento del documento post-sinodale è ampiamente pastorale, ciò non significa che manchino le coordinate teologiche di fondo, implicite in ogni capitolo, sia pure in forma diffusa e non sistematica. Questo libro si propone di metterle in evidenza sviluppando la teologia della famiglia sottesa nel testo.
Nell'ambito dell'attuale riflessione teologica cristiana sul popolo ebraico è ormai dato per scontato che l'alleanza tra Dio e Israele non sia stata revocata. Da ciò consegue il fermo ripudio della teologia della sostituzione, secondo la quale la Chiesa definisce se stessa come il vero e nuovo Israele che subentra all'antico. Queste affermazioni, orientate a sviluppare un nuovo corso nei rapporti cristiano-ebraici, risultano però ancora incerte nel prospettare quale nuova immagine di Chiesa emerga da questo radicale mutamento. Poiché molte difficoltà dipendono da un'inadeguata impostazione del problema, il volume prospetta un cambio di approccio basandosi su un'approfondita ermeneutica di alcuni testi del Nuovo Testamento. L'indagine si incentra sulle conseguenze ecclesiologiche legate al fatto che l'elezione d'Israele avviene nei confronti degli altri popoli ed è quindi costitutiva della polarità Israele-Genti. Discorso analogo comporta il confronto con l'ebraismo definito in base a tre parametri fondamentali: Torah, popolo, terra. Da questa impostazione consegue la necessità di non presentare il cristianesimo come semplice universalizzazione dell'ebraismo. Definire la Chiesa come una comunità di chiamati da Israele e dalle Genti esige un ripensamento della categoria ecclesiologica di mistero, la riduzione del ricorso a parametri identitari per definire il cristianesimo e una nuova visione dell'inculturazione della fede.
Il 31 ottobre 1517 il monaco agostiniano Martin Lutero affligge le sue 95 tesi alla porta della chiesa del castello di Wittenberg. L'intento è proporre un dibattito teologico, di tipo accademico, su una questione i cui fondamenti non sono affatto chiari. L'aspetto più sensibile per il popolo cristiano riguarda la grande campagna per le indulgenze indetta da papa Leone X al fine di ricostruire con grande sfarzo la basilica di San Pietro a Roma. Avendo bisogno di molto denaro, promuove in tutta Europa, e in modo particolare in Germania, una campagna che concede indulgenze in cambio di generose elemosine. La predicazione si sposta così dalle grandi verità della fede ai benefici spirituali di una pratica penitenziale dando l'impressione che la salvezza cristiana si possa barattare in cambio di denaro. La chiesa cattolica continua ancora oggi ad insegnare e praticare la dottrina delle indulgenze e lo fa in maniera festosa in occasione degli anni santi. Anche se quella pratica non da più luogo ad alcun abuso di tipo finanziario e la teologia in questo campo si è notevolmente affinata, la questione non è mai stata oggetto di un dialogo chiarificatore.
All’interno della Chiesa l’autorità non si limita alla persona del papa o alla Curia romana. Su questo tema l’insegnamento del concilio Vaticano II è infatti più ricco e più complesso e consente di riflettere sull’aspetto policentrico dell’autorità, inclusivo della Scrittura, della tradizione, del magistero (il papa, il collegio dei vescovi, le conferenze episcopali), dei teologi, del sensus fidelium, della coscienza, dell’esperienza e della pratica. Inoltre, vi è una gerarchia delle autorità, secondo la quale la Scrittura occupa il primo posto.
Sommario
Introduzione. I. Autorità, Scrittura e Tradizione. II. La Tradizione. III. Autorità collegiale ed esercizio del magistero. IV. Conclusione.
Note sull'autore
Gilles Routhier è professore ordinario di Ecclesiologia e decano della Facoltà di Teologia e Scienze religiose dell’Università di Laval, in Canada. Si occupa, in particolare, della storia, della recezione e dell’ermeneutica del concilio Vaticano II e della sua influenza sull’evoluzione del cattolicesimo post-conciliare.
«Dovunque voi siate, non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo». Papa Francesco ha invitato la Chiesa italiana a riscoprire un nuovo umanesimo partendo dai sentimenti di Gesù, in particolare dalla sua umiltà, dal suo disinteresse, dalla sua beatitudine. È un invito evangelico che richiede una rinnovata passione di fede, una più esigente compagnia con tutti, un amore più concreto per le nostre comunità cristiane.
Alcuni atteggiamenti – compassione, discernimento, paura, bellezza, sogno – potrebbero rappresentare un prezioso contributo per dare concretezza al dialogo e all’incontro in un tempo in cui dominano pregiudizi, aggressività, individualismi e narcisismi di diversa natura.
Per crescere come piazza di incontro è necessario partecipare con passione alla vicenda di tutti, in particolare dei più poveri, fare discernimento evangelico sull’oggi, rendere compagna la paura che induce paralisi e fuga. E lasciarsi interrogare da sogni e visioni che il vangelo sempre apre nelle nostri notti.
Da tempo la crisi dell'evangelizzazione e la necessità di trovare nuove modalità d'annuncio per comunicare il vangelo in un mondo che cambia hanno portato a un'attenta analisi delle strutture pastorali di governo della Chiesa. Da quando la «Lumen gentium» ne ha sottolineato la valenza sacramentale, le strutture pastorali, non più oggetto esclusivo degli studiosi di Diritto canonico, sono state viste e studiate al di là della loro pratica funzionalità organizzativa. L'apertura missionaria all'azione pastorale della Chiesa, impressa a suo tempo da Giovanni Paolo II e oggi in maniera particolare da papa Francesco, impone un'ulteriore riflessione sul processo di adeguamento delle strutture pastorali al continuo e incessante mutare dei tempi e delle situazioni storiche.Questo libro illustra nella prima parte l'inadeguatezza di un linguaggio ormai desueto e incapace di calare il vangelo nella realtà della cultura contemporanea ed esamina alcuni spazi pastorali e alcuni atteggiamenti consolidati dei ministri, delle strutture di potere e di servizio. La seconda parte del volume propone invece un Piano di struttura pastorale per una media o grande diocesi (ma anche, con i dovuti adeguamenti, per una piccola), che miri alla realizzazione, attraverso una concreta collegialità, di una Chiesa di comunione.
Dalla situazione attuale della Chiesa cattolica viene una particolare spinta a rimettere a fuoco il tema del magistero. Dopo l'avvento al papato di Jorge Mario Bergoglio si sono mosse le acque - secondo alcuni pericolosamente, secondo altri felicemente. In qualche maniera, se pure in misura minore, si rivive il clima del concilio Vaticano II. Papa Francesco, infatti, intende far uscire la Chiesa dalle trincee nelle quali sembra essersi rinchiusa, nell'ansia di dover contrastare un'evoluzione del costume e della legislazione che sta travolgendo il millenario «ethos» della tradizione cristiana. Solo superando il fossato che rischia di riaprirsi fra Chiesa e società civile, papa Francesco conta di trovare spianata la strada alla riproposizione del vangelo agli uomini di oggi. Egli è ben consapevole che nella fede non si procede superando l'antico dettato dottrinale e la normativa etica tradizionale e affida, quindi, la sua impresa a un cambiamento dello stile, delle forme e dei metodi del magistero. È proprio questo che sconcerta molti ed è su questo aspetto che vale la pena puntare l'attenzione per cercare di comprendere verso quali orizzonti si muova la missione della Chiesa nel mondo.