Modulato nella successione di "Sognare la riforma", "Riforme nella Chiesa", "Riforme per la Chiesa", "Riforme di Chiesa", il volume percorre il contributo dato dalle donne all'istanza di riforma nell'arco del secondo millennio. Si tratta di riaccostare le utopie del passato remoto, così come del presente (La città delle donne, le donne della Riforma, la "Chiesa delle donne"), e di costatare le riforme promosse nella Chiesa dalle donne in età medievale, moderna, contemporanea (le donne del modernismo); di verificare l'incidenza dei progetti delle donne nella loro carica riformatrice a partire dalla profezia dei bisogni (la vita religiosa attiva), l'associazionismo femminile, le nuove ministerialità. Infine viene proposta la Riforma come istanza carismatica di conversione (M. Maddalena de' Pazzi) e come istanza di trasformazione strutturale. Il tutto nel quadro introduttivo, formulato da C. Militello, che spiega l'articolazione del volume, e di S. Noceti, che legge la riforma dialogando con le scienze sociali e le loro categorizzazioni. La conclusione, ancora a due mani, brevemente raccoglie quanto presentato e prova a disegnare un progetto operativo di riforma, nel quale interagisca una prospettiva di genere. Il principio ispiratore è che le donne hanno avvertito l'istanza della riforma, l'hanno promossa e talora messa in atto e di ciò occorre avere memoria. Le donne possono anch'esse interagire in un progetto di riforma efficace davvero, solo nella consapevolezza che la Chiesa è fatta di uomini e di donne e che la vera riforma passa anche dal reciproco riconoscimento e da un impegno e un progetto sinergico degli uni e delle altre. Il che comporta il coraggio di pensare in modo inedito la Chiesa del futuro.
Alla corte celeste va in scena un processo. Satana e i suoi siedono beffardi sul banco degli accusatori ed elencano tutti gli errori, le incongruenze, le differenze e le oscurità che emergono nei singoli Vangeli e nel confronto tra i quattro testi. La disputa si svolge davanti al Padre eterno, con il Figlio e lo Spirito Santo come assistenti, Maria e Giuseppe come testimoni. Il processo altro non è che l'esame degli aspetti e dei brani più problematici dei racconti evangelici, presentati e discussi come prove a carico dei quattro autori. L'accusa: hanno scritto in modo così pasticciato e contraddittorio che la lettura dei Vangeli fa perdere la fede. Satana e i suoi chiedono pertanto al Dio di condannare i quattro e di proibire la lettura dei testi. Il tono del narratore è burlesco e divertito, ma la sostanza è una risposta argomentata alle domande e alle obiezioni che nascono in chi prende il racconto evangelico come mera cronaca di fatti accaduti.
La questione del rapporto o, meglio, della distanza fra teologia e pastorale è il filo conduttore degli Atti pubblicati in questo volume. Sono il frutto di un convegno nazionale, svoltosi a Roma dal 26 al 28 gennaio 2017, cui hanno partecipato responsabili e professori delle Facoltà teologiche italiane, docenti degli Istituti superiori di Scienze religiose e rappresentanti di uffici pastorali. Se, per un verso, si lamenta che la formazione teologica non ha ancora un riconoscimento sul versante civile, è altrettanto vero che non tutto è ancora stato fatto affinché i saperi teologici siano patrimonio integrale delle Chiese locali, che avrebbero la possibilità di investire ancora molto, e con beneficio, nella valorizzazione di quanti hanno una preparazione teologica universitaria. In altri termini, c’è spazio perché tra pastorale e teologia si stabilisca un raccordo non solo saltuario o occasionale.
Gli Atti sono articolati in tre sezioni: la prima riguarda i soggetti coinvolti (pastori, teologi, laici); la seconda raccoglie le riflessioni sui principali ambiti della prassi ecclesiale, ripresi in rapporto ai tre testi fondamentali di papa Francesco (Evangelii gaudium, Amoris laetitia, Laudato si’); infine, una sezione è dedicata alla questione educativa e alla pedagogia religiosa, con riferimento peculiare al mondo della scuola e dell’insegnamento della religione cattolica.
In passato si riteneva che nella storia del cristianesimo nessun secolo come il XX avesse avuto tanti martiri. Eppure, gli ultimi decenni sembrano già smentire quel convincimento e tratteggiare scenari in cui si intrecciano violenza e dolore, rancore e sete di rivalsa. Non è dunque un caso che proprio oggi aumenti l’attenzione, anche mediatica, per questo tema e per le beatificazioni e canonizzazioni dei «nuovi» martiri (spesso associati in grandi gruppi, come i «testimoni autentici del Vangelo» durante le guerre civili e i regimi totalitari, per esempio in Spagna e in Albania). L’interesse, d’altra parte, sembra accrescersi anche perché la Chiesa ha confermato di voler dare una lettura sempre più integrata e completa della morte per fede e sta insegnando a riconoscere – oltre alla forma di un martirio affrontato per non abiurare – anche il sacrificio di quanti perdono la vita per la giustizia e la carità.
Il libro, fonti alla mano e uno sguardo preferenziale alle più recenti cause approdate agli onori degli altari, spiega che cos’è il martirio cristiano, approfondisce alcuni casi, illustra gli orientamenti dei pontefici e riflette sulla struttura antropologica ed etica che la morte per la fede presuppone e implica.
Italo Svevo è l’autore che Giuseppe Pontiggia ha più studiato negli anni giovanili e alla cui tecnica narrativa ha dedicato la tesi di laurea, discussa all’Università Cattolica di Milano nel 1959, qui proposta per la prima volta in volume. Lo scrittore stesso, nel 2003, aveva affidato questo testo alla rivista Kamen’, per ripubblicarlo così come era stato pensato negli anni Cinquanta, quando gli studi sulle tecniche narrative non erano diffusi. Pontiggia intendeva contribuire alla critica sveviana, ma anche mostrare un aspetto del proprio laboratorio di scrittore e critico, interessato a riconoscersi attraverso la «lente» di Svevo e l’approfondimento della sua geniale officina.
Attenta alle pieghe della realtà quotidiana senza indulgere in minimalismi, la scrittura sapiente di Pontiggia è un «luogo» di forte tensione formale, riflessiva ed etica. Le sue pagine, come quelle di Svevo, hanno lo slancio ideale di chi è consapevole che, nella letteratura e nelle arti, si gioca una partita fondamentale per il soggetto e le strutture della società: da qui la parola chiara, l’ironia, la verve comico-satirica e la pietas con cui le contraddizioni umane vengono osservate.
Le singolari storie di Romeo, Andrea, Carlo, Angelo, Eddy, Maria Clara e Sandra, contrassegnate da colpi di scena, sogni e ripensamenti, consentono di avvicinare il fenomeno dei giovani che non lavorano e non studiano.
L’Italia è il Paese europeo con la più alta presenza di «ragazzi in panchina», coloro che con un acronimo vengono definiti Neet, i giovani in attesa di un impiego e di un’opportunità. Questo fenomeno è influenzato dall’incidenza della dispersione scolastica e della disoccupazione giovanile, ma risente anche di altri fattori, tra cui la qualità e la varietà dell’offerta formativa, il tasso di povertà e di esclusione sociale, l’effetto protettivo della sfera familiare e la propensione all’autonomia personale.
Tuttavia, non tutti i Neet sono Neet. Come testimoniano anche le storie raccolte in questo volume, l’affresco è a tinte variabili e consente di fare emergere figure umane che non coincidono sempre con lo stereotipo del giovane passivo, in balia degli eventi, incapace di progettare il proprio futuro e di vivere in modo pieno il proprio presente.
Il mondo è caduto preda della "teologia" liberista dell’accumulazione e della crescita infinita, secondo la quale il mercato è onnisciente, onnipotente e onnipresente: conosce il valore di ogni cosa, può innalzare le nazioni o mandare in rovina intere famiglie. Nulla sfugge al suo potere di mercificazione e non gli mancano certo le dottrine, i profeti e lo zelo "evangelico" per convertire il mondo al proprio stile di vita.
Secondo il teologo americano Harvey Cox è necessario smascherare questa pseudoteologia e dimostrare che il modo in cui opera l’economia mondiale non è naturale né inevitabile, ma è plasmato da un sistema di valori e simboli globali, che diventano più comprensibili quando vengono interpretati come una religione.
Per Cox è dunque in atto una divinizzazione del mercato e tutti i problemi del mondo – crescita delle disuguaglianze, riscaldamento globale, ingiustizie causate dalla povertà mondiale – sono sempre più difficili da risolvere.
Don Chisciotte è un matto che fa ridere e un brav’uomo che commuove. Questa contraddizione ne costituisce la modernità fondamentale, un tratto paragonabile a una sola figura della letteratura europea: il principe Amleto di Shakespeare, anch’egli avvolto in un dilemma radicale. Mentre Don Chisciotte unisce illusione e dinamismo lasciandosi disarcionare ogni volta, la mente fine di Amleto scopre tutte le menzogne del mondo, ma non è in grado di agire come dovrebbe e come ritiene di fare.
Da quattrocento anni l’eroe di Cervantes ignora i confini, attraversa le frontiere e cavalca in quell’enorme spazio comune di ispirazione che è l’Europa, lo spazio in cui l’identità del continente si radica, contrapponendo alla violenza il viaggio delle storie narrate e recitate, dei quadri, della musica, delle idee e delle filosofie.
«Non avevo nessuna intenzione di fare il maestro, come non avevo nessuna intenzione di fare la guerra e ho finito per fare sia l’uno che l’altra».
Per otto anni, dal 1960 al 1968, il maestro Alberto Manzi conduce Non è mai troppo tardi, la più celebre trasmissione educativa della Tv italiana. Quelle vere e proprie lezioni per insegnare a leggere e scrivere ad adulti analfabeti, seguite in duemila punti d’ascolto organizzati in tutto il Paese, consentirono a un milione e mezzo di persone di conseguire la licenza elementare. Nell’ultima intervista rilasciata prima della morte e affidata a Roberto Farné, Manzi ricorda gli anni di Non è mai troppo tardi, ma si sofferma anche su molti altri episodi della sua vita di educatore: la prima esperienza, subito dopo la guerra, nel carcere minorile Aristide Gabelli di Roma; la personale battaglia contro i voti, che lo portò otto volte sotto il Consiglio di disciplina; l’esperienza ventennale in Sudamerica per insegnare a leggere e scrivere a gruppi di Indios analfabeti.
Tanti giochi colorati, la stella cometa da costruire, i personaggi della Bibbia da incontrare per rendere speciale il Natale!
È l'organo dell'Associazione Biblica Italiana (ABI), che riunisce i docenti di scienze bibliche in Italia.
La rivista presenta articoli di approfondimento esegetico, note di carattere storico e filologico, discussioni tematiche, recensioni e segnalazioni di pubblicazioni italiane e straniere.
Rivista biblica vuole essere uno spazio comune e condiviso in cui prende forma un'indagine biblica rigorosa, attrezzata epistemologicamente, disponibile al confronto interdisciplinare con i nuovi approcci, specialmente quelli indicati dalle scienze umane, che valorizzi sia la dimensione storico-letteraria che quella teologica delle Scritture.
Le Dichiarazioni evangeliche sono uno strumento indispensabile per chiunque voglia conoscere l'evangelismo contemporaneo ad fontes e svolgono quindi una preziosa funzione documentaria per la conoscenza e il dialogo. A distanza di vent'anni dall'uscita del primo volume appare opportuna la pubblicazione del secondo. Esso copre gli anni 1997-2017 e permette di allargare la conoscenza di un fenomeno in continua crescita a livello mondiale. Dopo Berlino (1966), Losanna (1974) e Manila (1989), il focus si sposta su Città del Capo (2010), altro Congresso sull'evangelizzazione mondiale che ha contribuito ad animare ulteriori messe a punto su temi d'attualità in prospettiva evangelicale. Questo secondo volume presenta una trentina di Dichiarazioni come sempre caratterizzate da una certa varietà, ma anche con una fisionomia comune: il tentativo di declinare la fede che fu dei Riformatori in una realtà profondamente cambiata, ma per certi versi simile.