"L'Ecclesiaste" parla, in termini di una saggezza non filosofica, recettiva e disposta all'ascolto, della pena che incalza e perseguita l'uomo: l'assurdo spreco della propria condizione. L'uomo sta sotto il sole, la massima manifestazione di potenza della natura, esposto senza ombra e riparo alle leggi di Dio dalle origini, vertice del creato e delle sue forze. E deve guardare in basso e specchiarsi nella terra che soggiace al suo medesimo destino.
Libro poetico e, per questo, morale, le "Operette" leopardiane sono, insieme, teatro filosofico e narrazione fantastica, trattato sull'infelicità dei viventi, ma anche rappresentazione di quella leggerezza, e ironia, e persino letizia, che la storia della civiltà - tra violenza e astrazione - ha disperso o negato. Sui modi del comico - dallo straniamento all'antifrasi, dal burlesco al fiabesco - trascorre l'onda di un pensiero tragico. Come nel riso c'è il riverbero di una saggezza fatta esperta degli inganni del mondo, del vanire delle cose. La critica della restaurazione, di ogni forma di restaurazione e di conformismo, l'indagine sulla natura, sulla sua prossimità e indifferenza, lo sguardo sulla materia, sul suo circuito perpetuo di produzione e distruzione, il pensiero della finitudine, dell'irreversibile, del limite si fanno, in questo libro, affabulazione e dialogo, racconto e finzione teorica: ma il "deserto della vita", il silenzio della speranza, le ombre stesse del nulla hanno qui un fremito, una loro irripetibile lingua, e passione.
L'edizione del 1908 di "Ecce homo" di Nietzsche (Roecken Lutzen 1844, Weimar 1900) qui riprodotta, è accompagnata da tutti gli scritti autobiografici. Questa operazione si spiega con la concezione dello stesso Nietzsche, il quale non separava mai la vita dall'opera, il proprio vissuto da ciò che scriveva e pubblicava. Il volume è diviso in tre parti: una scelta di scritti autobiografici degli anni 1856-1869 che comprende i "ricordi della mia infanzia" scritti a sedici anni; le cinque prefazioni (in parte autocritiche) scritte nel 1886 alla riedizione delle opere: "La nascita della tragedia", "Umano, troppo umano I-II", "Aurora", "La gaia scienza". La terza parte riporta l'edizione completa di "Ecce homo".
"Un'edizione dell''Odissea' che, comparsa per la prima volta nel 1964, e più volta ristampata, è diventata ormai un classico per la bellezza della lingua, il coraggio delle interpretazioni, la forza della ricostruzione, in italiano, del tono omerico e dello spirito epico antico. Il poeta Emilio Villa ci ha fornito non una visione di servizio, che necessita del testo greco a fronte per apprezzare la grandezza dei versi omerici, ma una traduzione che è un'opera letteraria in sé. Il volume è corredato da un utile dizionario storico-religioso." Introduzione di Aldo Tagliaferri.
"Sei personaggi in cerca d'autore" (1920), "Ciascuno a suo modo" (1923) e "Questa sera si recita a soggetto" (1923) furono definite da Pirandello, nel 1933, la "trilogia del teatro nel teatro": "non solo perché hanno espressamente azione sul palcoscenico e nella sala, ma anche perché di tutto il complesso degli elementi d'un teatro, personaggi e attori, autori, e direttore-capocomico o regista, rappresentano ogni possibile conflitto". Così, per la prima volta in un unico volume, si presentano questi tre "capitoli" di un discorso unitario sul rapporto tra teatro e vita, sulla follia dell'esistenza, con una ricca appendice che fa la storia dei singoli testi, note chiare, e un'introduzione alla filosofia, e all'attualità, di Pirandello. Introduzione di Gianni Riotta.
In "Romeo e Giulietta" (1595-1596) la morte è presente in vario modo fin dall'inizio. Ma è con il duello tra Mercuzio e Tebaldo che essa entra realmente in scena e avvia quella sua presa di possesso della città cui la tragedia conduce. Non solo, ma che la prima vittima sia Mercuzio, simbolo di giovinezza e di libertà, della gioia di vivere e della stessa gioia di far teatro, è anche indicativo di chi sia l'oggetto di questo assalto della morte: non i vecchi, ma i giovani, non il declinare della vita, ma il suo sbocciare, non la stanchezza, l'aridità del cuore, ma la sua freschezza, il suo desiderio d'amore. Tebaldo uccide Mercuzio; Romeo uccide Tebaldo, finché, come sappiamo, la morte aggredisce anche Romeo e Giulietta, e la "bella Verona" celebrata all'inizio si trasforma in una tomba. Nulla di vivo resta se non i vecchi, la cui faida e il cui egoismo, non il caso, hanno ucciso i giovani. Romeo e Giulietta potranno finalmente stare insieme ma solo nella cripta, con il loro amore raggelato per l'eternità nelle statue d'oro che i carnefici eleveranno a ricordo.
Il duca di Milano, Prospero, spodestato dal fratello Antonio, regna su un'isola deserta, un mondo di creature fatate. Qui Prospero ha sconfitto la strega che vi abitava, ha liberato gli spiriti da lei imprigionati e ha sottomesso il figlio di lei, l'orribile Calibano. Dopo dodici anni trascorsi sull'isola assieme alla figlia Miranda, Pospero fa naufragare con la sua magia la nave che trasporta l'usurpatore Antonio con il suo alleato, il re di Napoli, il figlio di questi Ferdinando e il consigliere Gonzalo. Prospero tiene in pugno i naufraghi che credono distrutta l'imbarcazione e affogato Ferdinando. Il giovane è salvo, incontra Miranda, se ne innamora e i due si fidanzano. Intanto Antonio si pente e si riconcilia con il fratello.
A trentacinque anni Emilio Brentani vive un'esistenza grigia accanto alla sorella Amalia, una donna semplice e buona, ma non più giovane né bella finché incontra Angiolina una vitale e "facile" popolana con cui intreccia una relazione. Emilio attribuisce a questo rapporto un significato che l'indole morale della ragazza non sa sostenere. L'amico Balli viene coinvolto nella vicenda e Angiolina ne diventa l'amante. Amalia se ne innamora nascostamente; quando il suo sentimento viene scoperto, sentendosi frustrata e derisa si stordisce con l'etere e ne muore. Emilio, completamente vinto dalle vicende, rinuncia a sentirsi vivo e sceglie "la senilità", rinunciando così anche alle emozioni e ai sentimenti. Introduzione di Daniele Del Giudice.
Pubblicato in versione definitiva nel 1889, "Mastro don Gesualdo" è un romanzo che sta dentro la modernità, già nel cuore stesso del Novecento. Lasciatasi alle spalle la folgorante epicità della famiglia Malavoglia, abbandonata la velocissima compattezza lirica con cui aveva narrato le vicende degli umili e primitivi abitanti di Aci Trezza, Giovanni Verga, qui, trasferisce il proprio sguardo sul crudelissimo mondo di terra di Vizzini, brulicante di piccoli e grandi affaristi, di nuovi ricchi spietati e pronti a tutto, di spie maligne e di macchiette patetiche. Lo scrittore fa i conti con il tempo storico, con la trasformazione dell'economia, con la morte della bellezza mitica. Su tutto e su tutti spicca la figura complessa del protagonista che, come dice David H. Lawrence nel saggio proposto ai lettori di questa edizione, "potrebbe essere veramente un greco adattato ai tempi moderni". Un "uomo comune" e, insieme, un "eroe".
"Al Faro": questo il vero titolo del romanzo di Virginia Woolf che la nuova traduzione di Nadia Fusini riporta all'originaria bellezza. Romanzo sperimentale, intonato alla ricerca di libertà formale che accomuna i grandi scrittori di questo secolo, "Al Faro" è un libro sulla memoria e l'infanzia; un'elegia alla luce che ha illuminato le figure della madre e del padre reali, che nel romanzo diventano il signore e la signora Ramsay. A tema è lo scontro tra il sì materno ("sì, andremo al faro") e il no paterno ("no, al faro non si può andare"), come esso risuona nel cuore del figlio James, e nella mente della figlia Virginia, che a distanza di anni si misura, scrivendo, con la potenza di quei fantasmi. L'effetto è liberatorio. Prima, confessa Virginia Woolf, "pensavo al babbo e alla mamma ogni giorno". Ora "li depone", li seppellisce. È la sua catarsi.
"Guerra e pace" è indubbiamente il capolavoro di Tolstoj, che vi lavorò ininterrottamente, animato da un entusiasmo creativo che non ammetteva soste né riposo, dal 1863 al 1869, cioè negli anni della sua piena maturità. "Guerra e pace" ci appare come una storia infinita, una matassa di filo che si svolge con un ritmo ora lento, ora veloce e incalzante, seguendo la gioia di raccontare del narratore, perennemente affascinato dallo spettacolo della vita. Il libro narra gli avvenimenti russi tra il 1805, l'anno della prima sfortunata campagna contro Napoleone, e il 1812, l'anno dell'insorgenza popolare contro l'armata francese. Nel narrare il periodo napoleonico, Tolstoj dà forma alle vicende di due famiglie dell'alta nobiltà, i Bolkonskij e i Rostov, ispirate da valori onesti e genuini, in contrapposizione al corrotto clan dei Kuragin, e in questo scenario delinea alcuni meravigliosi ritratti dei protagonisti, tra cui quello di Natasa Rostova. Un romanzo-poema di straordinaria complessità ma di folgorante bellezza, in cui i motivi storico-filosofici e psicologici si intrecciano in unità con armoniosa maestria. L'opera continua a essere fonte di ispirazione per numerose traduzioni cinematografiche e televisive. Con una nuova traduzione.
"Suite francese" è il titolo dei primi due "movimenti" di quello che avrebbe dovuto somigliare a un poema sinfonico, composto di cinque parti, di cui solo le prime due sono state completate. È il romanzo della riscoperta della Némirovsky che, dopo mezzo secolo di oblio, viene poi ripubblicata in oltre quaranta lingue. La figlia maggiore, Denise, aveva conservato il quaderno contenente il manoscritto, assieme ad altri scritti della madre, per cinquant'anni senza guardarlo, pensando che fosse un diario, troppo doloroso da leggere. Con sguardo lucido e persino distruttivo, Némirovsky tratteggia implacabile una grande civiltà in sfacelo. Il primo "movimento" difatti racconta in un grande affresco corale l'esodo di massa dei francesi che, all'arrivo delle truppe naziste, si spostano con tutto quanto, in un trasferimento di dimensioni bibliche. La seconda parte, invece, descrive i primi mesi dell'occupazione in una piccola città della campagna francese. I protagonisti sono due donne, la vedova Angellier e sua nuora, Lucile, e un ufficiale tedesco, Bruno von Frank. Tra il giovane ufficiale e la sconsolata Lucile scocca una scintilla che presto diventa amore: una vicenda emblematica dello stesso paese che finisce per accogliere i soldati tedeschi come uomini, "dimenticando" la loro natura di nemici.