Il testo affronta i principali temi della teoria generale del diritto oggettivo in una duplice chiave: strutturale e Funzionale. L'autore, invero, dopo aver ripercorso le grandi vedute sul fenomeno giuridico (concezioni normativistica, realista, sociologica e istituzionale), analizza, in modo organico, il diritto oggettivo in ragione della sua triplice natura: ovvero del suo essere "primo sviluppo", principio vitale di ogni istituzione (teoria della costituzione); in secondo luogo, come fatti idonei alla creazione e alla produzione delle norme (teoria delle fonti); infine, come ordinamento giuridico in atto, unità sistematica in divenire, tendenzialmente coerente e completa, a traverso l'opera di interpretazione, integrazione ed applicazione dei principi e delle norme che lo compongono (teoria dell'ordinamento). La lettura funzionalistica della teoria generale del diritto è resa dall'autore, sia estrapolando dalle varie accezioni del diritto ciò che di buono esse ancora conservano, tentando di conciliarle per fornire un valido ausilio anche allo studio del diritto positivo, sia arricchendo il testo di annotazioni esplicative. Ciò favorisce la fruibilità del testo sia a un pubblico di giovani lettori che si accingono, per la prima volta, allo studio di questa materia, sia agli studiosi più maturi che potrebbero riscoprire l'utilità della teoria generale del diritto anche e soprattutto nello studio dello jus positum.
L'autore di questo libro non condivide l'illusione, oggi così diffusa, secondo la quale è sufficiente stabilire alcuni supremi e ragionevoli principi (democrazia, autonomia, non maleficenza, equità, ecc.) per costruire sul loro fondamento una bioetica ed una biopolitica compatte e coerenti. Non c'è dubbio che sia la bioetica che soprattutto la biopolitica abbiano una loro logica e debbano essere argomentate con ragionamenti rigorosi; ma sia l'una che l'altra soprattutto hanno un cuore, che, come ogni cuore, è nascosto e richiede un notevole impegno per essere percepito, un cuore che coincide con la vita stessa, che è nel medesimo tempo l'orizzonte della nostra esperienza e l'orizzonte della nostra percezione del bene. Da una riflessione sul bios, nella quale ontologia e assiologia si fondano e si confondano, deriva l'unica possibilità di scrivere parole di bioetica e di biopolitica non votate alla tristezza, ma provviste di senso e soprattutto aperte alla speranza, come quelle che sono affidate a questo libro.