"Ma, nel momento del cheshbon hanefesh, facendo il bilancio della mia vita, devo riconoscere che i miei veri maestri, per guidarmi e per spingermi avanti, mi attendono non in luoghi prestigiosi e lontani ma nelle piccole aule piene d'ombre e di canti dove un ragazzo al quale assomigliavo studia ancora oggi la prima pagina del primo trattato del Talmud, sicuro di trovarvi tutte le risposte a tutte le domande. Meglio: tutte le risposte e tutte le domande. Perciò, spesso per me l'atto di scrivere non è altro che il desiderio inconfessato o cosciente di incidere alcune parole su una pietra tombale: alla memoria di una città scomparsa, di un'infanzia esiliata e di tutti coloro che ho amato e che se ne sono andati prima che abbia potuto dirglielo."
Lo Zòhar è un commento alla Torà, il Pentateuco, scritto sotto forma di romanzo mistico. L'eroe è Rabbi Shim'on figlio di Yochai, un saggio che visse nel secondo secolo in terra d'Israele. Nello Zòhar Rabbi Shim'on e i suoi compagni vagano attraverso le colline della Galilea scoprendo e condividendo i segreti della Torà. A un certo livello di lettura, figure bibliche come Abramo e Sara sono i personaggi principali, e i mistici compagni interpretano le loro parole, le loro azioni e le loro personalità. A un livello più profondo, il testo della Bibbia è semplicemente un punto di partenza, un trampolino per l'immaginazione. Per esempio, quando Dio intima ad Abramo Lekh Lekhà ("Vattene ... verso la terra che Io ti indicherò"), lo Zòhar insiste nel leggere le parole ebraiche in senso iperletterale: "Va' verso di te", cerca profondamente al tuo interno e scopri là il divino.
Descrizione
In questo libro fondamentale Yosef H. Yerushalmi risponde a una domanda decisiva: che cosa gli ebrei hanno scelto di ricordare del loro passato e in che modo lo hanno, di volta in volta, preservato, trasmesso e rivissuto. In quattro capitoli che vanno dalle origini bibliche fino ai giorni nostri, Yerushalmi fornisce un quadro che è insieme brillante ricostruzione di fatti e riflessione generale su cosa significa fare e scrivere storia.
L'Autore
Yosef Hayim Yerushalmi (New York, 1932-2009) insegnò per molti anni Storia e cultura ebraica alla Columbia University. Fu autore di importanti libri, anche tradotti in italiano, fra cui per la Giuntina il fondamentale Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica, e Assimilazione e antisemitismo razziale: il modello iberico e tedesco.
Seguendo la lunga riflessione operata dai Maestri sull'atto creatore, questo saggio di Catherine Chalier si iscrive nella linea di una meditazione sulla funzione delle lettere in una creazione che deve tutto alla parola. Una meditazione che si ispira alla grafia delle lettere e, quanto al loro significato, alle suggestioni del Talmud e dello Zohar. Essa tenta di mostrare al lettore moderno, senza dubbio poco incline a soffermarsi sulla poesia delle lettere ebraiche, che lo sforzo per decifrare l'enigma delle nostre vite avvalendosi di queste lettere è un cammino di speranza.
I costruttori della torre di Babele volevano assicurarsi fama eterna, garantirsi eternità, farsi un nome. Ma dovevano rivelarsi tanto poco padroni del tempo quanto del linguaggio. Come finirà allora la sfida del loro nome contro il Nome di Dio? Potrà la diaspora delle lingue trovare nei tempi messianici la via della redenzione? Seguendo il filo dell'ermeneutica ebraica questo libro ricostruisce, con il ritmo avvincente di un racconto, le profezie sull'istante messianico che segnerà la fine. Nell'unisono con cui verrà invocato, sarà il Nome di Dio a irrompere nella storia per sovvertirla, a invertire il tempo nell'eternità. Nel doppio futuro di Dio - "Sarò colui che sarò" (Es 3, 14) - affiora il nesso tra linguaggio e redenzione. Vocativo assoluto, Parola dell'incontro, Nome della speranza messianica, il Tetragramma è la possibilità di oltrepassare il tempo nel tempo, di fare della memoria l'inizio della redenzione. Sarà il Nome a porre il sigillo della fine.
A parlare della “propria” Shoah sono oltre 700 testimoni romani che hanno fatto richiesta di supporto nell’ambito del progetto per la distribuzione del “Fondo Svizzero per vittime della Shoah in stato di bisogno”. Proprio l’obiettivo ‘altro’ di queste testimonianze rispetto a interviste programmate per fini espliciti di ricostruzione storica costituisce motivo di fascino. Si dà voce non solo a chi non aveva mai raccontato, ma soprattutto a chi non ha storie particolarmente significative o eroiche e si limita a includere la sua personale esperienza nel destino generale “delle difficoltà e disagi avuti da tutti gli ebrei vissuti in quel periodo”. Le voci narranti si inseriscono progressivamente nella storia della presenza degli ebrei a Roma, fino a diventare preminenti e a trasformarsi in un vero e proprio coro a più voci dai toni sempre più drammatici. Ne scaturisce l’immagine di un gruppo di famiglie uscite a stento dal ghetto prima e dalle persecuzioni fasciste e naziste poi, con effetti che perdurano fino ad oggi. Le vicende degli ebrei romani, per la loro antica e ininterrotta presenza sul territorio e per le problematiche con cui si sono dovuti confrontare, acquistano un valore paradigmatico, utile a capire non solo la storia della diaspora ebraica, ma anche generali dinamiche di convivenza tra gruppi di maggioranza e di minoranza. Questo libro, nato da un progetto di ricerca ideato da Raffaella Di Castro, vuole avere il valore di un risarcimento morale a chi ha offerto di affidare ad altri la propria storia, portandola fuori dall’ambito privato. La liberazione della parola e il bisogno di essere ascoltati, a lungo censurato, hanno contribuito alla presa di coscienza del danno indelebile subito da più generazioni. Il lavoro di raccolta delle testimonianze si è svolto tra il 1999 e il 2001 e si è poi esteso fino al 2005, presso la Deputazione Ebraica di Assistenza e Servizio Sociale di Roma, fondata nel 1885 per aiutare i più bisognosi della Comunità.
Se si guarda alla condizione umana nel mondo contemporaneo, si può dire che il nostro è il tempo dell'esilio. La tesi originale sostenuta da Trigano è che l'esilio non è una mera fatalità subita, non può più essere visto nei termini negativi di un semplice sradicamento. L'uomo crede di avere radici, così come è convinto di appartenersi, di far corpo con il proprio mondo. L'esilio rompe questa relazione di identità dell'individuo con il suo ambiente: è la frattura che determina la perdita della terra, la scomparsa dei riferimenti quotidiani, la rovina delle abitudini. Ma è anche la possibilità di vedere la condizione umana in modo nuovo, come una libertà creatrice che affranca dal determinismo della terra e apre la via del ritorno. Attraverso una sorta di percorso autobiografico Trigano ripercorre le tappe dell'esilio che, come insegnano le fonti ebraiche alle quali attinge, è un cammino non verso il passato dell'origine, ma verso una nuova modalità di convivere nel futuro.
Il termine ebraico Cabbalà, che nel linguaggio talmudico significa semplicemente “tradizione”, è utilizzato per definire la mistica ebraica e le tradizioni esoteriche dell'ebraismo. La Cabbalà è “la saggezza di ciò che è nascosto”, e i cabbalisti, “gli uomini dell'interiorità”, perseguono instancabilmente la loro ricerca della luce e della verità nascoste in tutto ciò che esiste al fine di trasmettere a coloro che ne sono degni quel poco che può essere trasmesso.
L'antisemitismo razzista non è un'esclusiva del nazismo. E' nato prima ed è connesso con l'antigiudaismo cristiano. Non riguarda tutta la cristianità, ma ha un tempo, un luogo e un nome. Il tempo è tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento, il luogo è la Penisola iberica, il nome è limpieza de sangre.
La limpieza de sangre - sostiene Yerushalmi in questo breve quanto brillante saggio - non è equivalente al nazismo, ma presenta aspetti simili: si fonda su una classificazione degli individui che ha come criterio principale il sangue; serve a espellere chi non è considerato uguale; ha lo scopo di proteggere la comunità nazionale da "intrusi". Perciò non è vero che la Chiesa è l'istituzione che di per sé garantisce che il passaggio tra antigiudaismo e antisemitismo non si risolva in sterminio. Nella storia è già avvenuto. E a chi gli replica che non si possono fare certi paragoni Yerushalmi risponde che i paragoni si fanno non tra cose identiche bensì tra fenomeni che presentanouna combinazione di differenze e somiglianze, e che proprio per questo non solo quel confronto è possibile ma anche costruttivo.
Il libro rilegge con sguardo attuale una controversia rabbinica su un forno da pane: se spezzato in formelle, sarà ancora utilizzabile secondo precetto o sarà invece "impuro"? Tratto dal Talmud Babilonese e ambientato tra il I e il II secolo, questo racconto paradossale, insieme drammatico e ironico, è qui interpretato sullo sfondo di una catastrofe: la distruzione del Tempio di Gerusalemme ad opera dei Romani nel 70 e.v., la diaspora ebraica e la nascita del cristianesimo. La controversia sul forno, in apparenza pretestuosa, è intesa come metafora di un dibattito di ampio respiro: quello che si impone in ogni tempo e ad ogni collettività di fronte a una crisi storica. Al centro sta la domanda: come gestire una catastrofe? Quale continuità è possibile, o quali trasformazioni sono necessarie? E a chi spetta l'autorità per decidere? A una inderogabile "volontà di Dio" o a un'opinabile interpretazione umana? E quale peso nelle decisioni hanno le dottrine, la ragione, la religione, i rapporti umani e i sentimenti?
"Il lettore abituale della Giuntina, una piccola casa editrice specializzata in opere di argomento ebraico, si stupirà forse di questa scelta editoriale. Ma queste profonde riflessioni di Osho sull'"arte di morire", ispirate da alcuni celebri racconti chassidici, mi sono sembrate così belle e importanti che mi è parso giusto proporle anche al nostro pubblico. Soltanto un vero Maestro poteva capire e comunicare così bene il messaggio fondamentale del chassidismo, espresso dal suo fondatore, il Baal Shem Tov, in questi termini: "Sono venuto a insegnarvi un modo nuovo che non richiede né il digiunare né il pentirsi e neppure l'indulgere, ma solo la gioia in Dio". E così Osho commenta: "II movimento del chassidismo è fondato sulla grazia: non richiede azione, la vita sta già accadendo ed è sufficiente essere in silenzio, passivi, attenti e ricettivi. Dio arriva attraverso la grazia e non tramite lo sforzo". L'importante (ma non è così facile) è riuscire a vedere l'inferno creato dall'io nel nome dell'impossibile ricerca della perfezione e dell'unicità, e capire con il cuore come "l'intera vita è semplicemente una scuola per apprendere come tornare a casa, come morire, come scomparire, perché nel momento in cui scomparite Dio compare in voi". Allora l'io si dissolverà spontaneamente e noi potremo finalmente acconsentire a morire, e cioè a vivere." (David Vogelmann)
Il volume pubblicato in esilio nel novembre del 1933, offre un'analisi lucida della situazione politica e sociale dell'ebraismo e delle sue prospettive di rinnovamento alla luce della cesura storica costituita dall'avvento del nazismo. Tramontata l'illusione di un'assimilazione nella cultura tedesca, gli ebrei devono, secondo l'autore, ricostituire un'identità non solo culturale, ma di popolo, e rivendicare così i loro diritti e doveri in quanto minoranza. La nuova forma di identità collettiva auspicata dall'autore comprende dunque la sfera politica, economica e culturale. Riconoscendo l'importanza di un'azione pratica che accompagni la riflessione teorica sul problema dell'ebraismo, il saggio rivendica la necessità di un territorio in cui gli ebrei possano insediarsi.