Il libro è un oggetto amato ma ambivalente: il risultato che produce è soggetto talvolta al caso, spesso alla stoltezza dell'uomo che lo maneggia.
Sapienti di tutte le epoche si sono (insospettabilmente) espressi contro il libro e contro il lettore e hanno manifestato la propria frustrazione per l'eventuale e irrimediabile fraintendimento dei contenuti (per non parlare dell'affidabilità degli storici!).
Questo volume, dissacrante e francamente spassoso, ripercorre con leggerezza la storia della trasmissione scritta della conoscenza, affiancando nozioni filologicamente impeccabili riflessioni facete e curiosità poco note. Per esempio, sapevate che gli scribi egizi ("quel popolo dal girovita così sottile") usavano un inchiostro apposito per le parolacce? Il testo, accompagnato dalle illustrazioni di Marco De Angelis, piacerà senz'altro tutti i bibliofili, gli scrittori per professione e per diletto, gli insegnanti e i comuni lettori forti.
Conosciuto come il Re lebbroso, Baldovino iv fu il giovane re di Gerusalemme che, pur se affetto da una gravissima malattia, difese le terre conquistate dai cristiani affrontando le armate del suo grande rivale Saladino.
Figlio di Amalric e Agnese di Courtenay, Baldovino divenne re ad appena tredici anni nel 1174, per decisione della corte, accettato dai capi dei crociati che lo ritenevano debole a causa di una forma devastante di lebbra che si era manifestata sin dalla fanciullezza. Un re che non sarebbe dovuto durare e che non avrebbe dovuto avere alcun peso nella feroce guerra tra le fazioni politiche per il controllo della Terra Santa.
La storia di Baldovino iv fu invece sorprendente: un giovane cavaliere crociato che vide la sua giovinezza e la sua forza divorate dalla lebbra e che tuttavia mai si arrese al male, che prese su di sé come una croce da portare in battaglia. Invece di chiudersi nella difesa di Gerusalemme, Baldovino decise di attaccare, invece di essere docile strumento nelle mani di duchi e conti, tenne loro testa; malato e ormai in punto di morte si pose alla testa del suo esercito nella battaglia di Montgisard. Vinse issando la reliquia della Vera Croce. Il re lebbroso si spense il 16 maggio 1185 a soli ventiquattro anni e riposa nel Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Biografia dell'autore
Ilaria Pagani
Ilaria Pagani è storico dell’arte, saggista e pubblicista, ha lavorato alla RAI, per il quotidiano Il Tempo di Roma, per Zetema Progetto Cultura e collaborato con la cattedra di Storia generale dell'Università “Neofit Rilski” di Blagoevgrad (Bulgaria).
Tra le pubblicazioni in volume segnaliamo I ponti fortificati del suburbio (Aracne 2004); Globalizzazione e valori. Il mondo romano davanti a nuove culture e nuovi valori (Blagoevgrad 2007); Constitutum Costantini. Riflessi nell’arte figurativa (Museo Diocesano Albano Laziale, 2016).
Suoi interventi sono stati pubblicati in riviste e collettanee: La chiesa di S. Filippo Neri in via Giulia (in “Studi sul Settecento Romano”, n. 15 a cura di E. Debenedetti, Roma 2000); Frammenti scultorei del lapidario di Grottaferrata (in “Documenta Albana” 09/2003); voce Matteo di Giovannello (in Saur 05/ 2006); Note introduttive per una iconografia dell’esilio (in “Flussi migratori e accoglienza”, a cura di P. Celozzi Baldelli e E. Baldassarri, Aracne 2009); Caterina Cornaro. Mitografia di una regina dalla Repubblica di Venezia al Risorgimento italiano (in “Studi sull’Oriente Cristiano” 16, 2 [2012]).
Belisario fu l’ultimo grande generale dell’antichità. Alla testa degli eserciti dell’Imperatore Giustiniano, combatté contro Persiani, Vandali, Goti e Unni, riconquistando parte dell’Impero d’Occidente. La sua figura, celebrata da Dante Alighieri, ha ispirato poeti, artisti e romanzieri, sino a essere trasfigurata addirittura in personaggi della fantascienza. Ma chi meglio ha raccontato Belisario è stato il suo segretario Procopio, che ne eternò la fama nella propria opera storiografica, salvo poi demolirne il mito nelle Carte segrete.
In questa biografia si tenta di ricostruire la vita di Belisario nella sua interezza, in modo da comprenderne le idee strategiche, chiarire il suo reale rapporto con Narsete, il generale che, a torto, gli viene tradizionalmente contrapposto, senza trascurare il suo movimentato matrimonio con l’energica Antonina. Sullo sfondo, le vicende di un periodo decisivo per la Storia, in cui il mondo antico è ormai avviato al tramonto.
Jelena Balsic (1366/71-inizio 1443), principessa serba, fu governatrice, benefattrice e fondatrice di monasteri. Diede un importante contributo alla vita culturale della prima metà del XV secolo. Grazie a lei si sviluppò un piccolo centro spirituale e letterario nei monasteri del lago di Scutari, in cui si ritirò dopo una vita dinamica, fatta di guerre, viaggi, ma anche di lutti personali, dal momento che perse due mariti e l'unico figlio. Nella solitudine della sua fondazione si dedicò alle letture religiose e ai temi teologici. Con la sua attività, Jelena Balsic si dimostra rappresentante colta della società serba dell'epoca. Sono state conservate le sue lettere, il trattato di pace con Venezia, l'iscrizione dedicatoria e il testamento. La sua partecipazione alla vita pubblica, l'attività di benefattrice e il suo lavoro letterario, fanno sì che Jelena si aggiunga alla già sviluppata tradizione delle donne straordinarie dell'epoca medievale.
Nell’immaginario collettivo, dentro e fuori della Gran Bretagna, Riccardo I «Cuor di Leone» è assurto a simbolo dello chevalier sans peur et sans reproche. Fu uno dei più grandi condottieri inglesi, un soldato di altissimo valore e di ineguagliabile ardimento; sempre fra i primi, con l’esempio trascinava i suoi uomini a nuovi atti di eroismo. Quest’immagine stereotipata, veicolata dalle ballate anglo-sassoni, ha trovato la sua più compiuta sublimazione letteraria nell’Ivanhoe di sir Walter Scott, ma l’indagine storiografica ha, da tempo, di molto sfrondato tali romanticherie.
In questo libro si viene a dimostrare che, nei fatti, Riccardo dovette indossare una «maschera» – che egli stesso si impose, data la sua personale posizione – del re cristiano, generoso, benefattore, mistico soldato della Crociata, sotto la quale stava il «volto» autentico di un normanno, crudele, selvaggio, sanguinario, volubile, avido di ricchezze. Le sue azioni, nel bene e nel male, risentono del contrasto fra essere e apparire, fra il suo status di re e i suoi impulsi celati. Talora prevaleva la maschera, talora il volto: donde l’evidente contraddittorietà dei suoi comportamenti.