Malgrado tra le opere di Kierkegaard sia una delle più ardue e difficili da interpretare, sorprendentemente Timore e tremore è anche una delle più popolari, lette e commentate. Avvinto dal pathos lirico con cui Johannes de silentio, lo pseudonimo firmatario dell’opera, rielabora poeticamente la “magnifica” storia di Abramo caricandola di attese vitali, spesso il lettore quasi non si avvede della complessità dei nodi teorici che fanno da sfondo alla ripresa della sua vicenda. Alcuni di questi, come quello della comprensione e narrazione del passato o quello del rapporto tra mondo reale e mondo ideale, tra poesia, pensiero e vita, o, ancor più, quello celebre della “sospensione teleologica dell’etica” rivestono ancor oggi un grande interesse e si trovano riproposti nei più diversi contesti narrativi e disciplinari. Il presente volume si propone di analizzarli e discuterli, restituendoli al loro problematico quanto ineludibile contesto – quel “nuoto mistico nell’esistenza” che Abramo, il cavaliere della fede, realizza nella sua affascinante e inquietante storia.
"Cos'è l'esperienza mistica e quale credito si deve accordarle? Non ci sono individui che son detti mistici, i cui pensieri sembrano irragionevoli e disordinati? Non ci si può procurare, con delle droghe, le esperienze cosiddette mistiche?". Così s'interrogava Simone Pétrement mentre scriveva la biografia di Simone Weil, a proposito di alcune intense esperienze che l'amica aveva vissuto e raccontato a un sacerdote. A fronte d'interrogativi tanto radicali e pressanti che riguardano un vasto e complesso insieme di vicende, pratiche, dottrine a lungo considerate assolutamente centrali, malgrado la loro problematicità, in contesti culturali anche molto diversi e distanti, i contributi di questa miscellanea ad opera di alcuni tra i maggiori studiosi italiani che si sono occupati del fenomeno religioso non pretendono certo di dare risposte esaustive. E tuttavia offrono al lettore attento un'occasione propizia per un viaggio attraverso due millenni di vita spirituale che, pur lasciando inevitabilmente fuori importanti passaggi storici e testimonianze, consentono di far emergere almeno a tratti il corso più profondo della storia dell'Occidente, laddove più chiaramente e produttivamente si è di volta in volta concentrato il travaglio di un'epoca, filtrato e come purificato in vite e parole connotate dall'esperienza di un indicibile che, senza contraddire le esigenze della ragione, conduce a un ordine di conoscenze orientate verso un oltre o il profondo dell'anima. Vite e parole un tempo percepite come nutrimento per la convivenza sociale, ma oramai rese marginali dallo sguardo oggettivante dei saperi, nonché in gran parte remote all'esperienza comune.
I contributi raccolti nel presente volume si interrogano, da punti di vista differenti, sul senso da attribuire all'invito batailleano: "È giunto il momento di mettere in pratica un insegnamento dell'irriducibile", e sull'etica impossibile che ne discende. Un'etica che, pur nella presa d'atto dell'inevitabile riduzione dell'umano a 'cosa', non si rassegna né si piega alla venerazione di ciò che c'è; ma che tenacemente, e con disciplina, invita a cercare, fin dentro la cosificazione, ciò che, nelle forme lussuose e idiote del soggetto e del mondo, sfugge e resiste con grazia sovrana all'imperativo della riduzione, silenziosamente ripetendo: non serviam.
Il Testo
E’ il 1965 quando il giovane Philippe Lacoue-Labarthe scrive un testo sul tema dell’angoscia per la morte come angoscia per la scomparsa: scomparsa del mondo, per chi muore, e scomparsa dell’altro e del suo mondo per chi resta.
Vicino alla fine della sua vita, l’autore si ricorda di questo testo della sua giovinezza e si propone di riprenderlo. Ma è troppo tardi, riuscirà a scrivere solo una postfazione assolutamente sconvolgente.
L’Autore
Philippe Lacoue-Labarthe (1940-2007) è stata una tra le più importanti figure del panorama filosofico francese del Novecento. Tra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo: La finzione del politico, il melangolo, 1991; L’imitazione dei moderni, Palomar, 1995; Il ritratto dell’artista, in generale, il melangolo, 2006. Insieme a Jean-Luc Nancy ha scritto: Il titolo della lettera, Astrolabio, 1981; Il mito nazi, il melangolo, 1992.
"Diritto naturale e storia" è l'opera fondamentale di Leo Strauss. La tesi provocatoria secondo cui la filosofia politica degli antichi pensatori greci è di gran lunga superiore alla scienza politica dei moderni, viene sostenuta e esposta nel corso di un'ampia trattazione che ha per oggetto la storia del concetto di diritto naturale. Strauss vuole dimostrare che la teoria classica del giusnaturalismo è l'unica capace di conferire un genuino fondamento filosofico non solo ai diritti inalienabili dell'uomo e del cittadino sanciti nelle costituzioni delle democrazie occidentali, ma anche ai nuovi diritti di cui la società contemporanea avverte l'esigenza.
In questi ultimi anni si è avuta una generale rinascita di interesse per Schelling. In particolare, gli studiosi hanno riscoperto la filosofia del cosiddetto "ultimo" Schelling, caratterizzata da una nuova e suggestiva sensibilità verso il mito greco e la religione. In questa linea si inserisce il saggio qui presentato, tradotto in Italia integralmente, nel quale il filosofo tedesco interpreta la mitologia come il linguaggio che descrive la condizione esistenziale dell'uomo e come il preludio alla rivelazione di Dio come persona. In questo senso la filosofia deve essere disposta a confrontarsi con la dimensione del divino e a riconoscere l'insufficienza dei mezzi puramente logici della ragione umana.
Il volume raccoglie le relazioni tenute in occasione del convegno "Martin Heidegger treni'anni dopo", svoltosi a Bologna nei giorni 13-15 dicembre 2006 e organizzato dal Dipartimento di Filosofia dell'Università di Bologna e dal Centro Italo-Tedesco di Villa Vigoni, con il patrocinio dell'AISE (Associazione Italiana degli Studiosi di Estetica). L'occasione del trentennale della morte di Heidegger (26 maggio 1976) ha fornito lo spunto per una riflessione che si è tuttavia tenuta lontana dalla tentazione di un bilancio, articolandosi piuttosto secondo le molteplici prospettive aperte dal pensiero heideggeriano: dal versante fenomenologico-ontologico al piano della riflessione etica, della filosofia del linguaggio e dell'estetica, fino all'analisi dei rapporti di Heidegger con i pensatori della tradizione europea.
Non farsi del male e magari farsi anche un po' di bene senza decidere che cosa deve essere il bene degli altri. Ecco la tolleranza. Accettare di scendere a compromessi con qualche aspetto della nostra concezione di ciò che è giusto. Ammettere che non tutti i corollari dei nostri principi fondamentali sono essenziali e irrinunciabili e assoluti. Fare la fatica di graduare l'importanza, l'essenzialità di diritti e doveri. Non solo per ciò che riguarda il privato, ma anche in ciò che è eminentemente pubblico. Non è sempre divertente. Del resto, in un mondo che fosse tutto armonia e felicità e giustizia, cosa diavolo ci sarebbe da tollerare?
Che cos'è lo stile? Un'introduzione agile e precisa a un tema che percorre trasversalmente diversi ambiti di ricerca: artistico, culturale, etnologico, sociologico, economico, politico. Attraverso un'indagine che spazia da Aristotele al design, da Hegel allo "stile Mercedes", con l'ausilio di un apparato iconografico, l'autore prende in esame l'evoluzione del concetto di stile nelle sue varie forme, per mostrare che lo stile non è una modalità accessoria dell'apprensione umana del mondo, ma è esso stesso un processo attivo di strutturazione del mondo: fa essere il mondo ciò che esso è, costituisce la prospettiva da cui viene costruita - anche intersoggettivamente - la realtà.
Da uno degli autori de "La filosofia del Dr. House" un nuovo libro ispirato al maghetto più famoso del mondo per chi vuole provare a imparare la filosofia in modo divertente ma non banale. In polemica con Odifreddi, che ha accusato Harry Potter di distruggere la razionalità, l'autore dimostra come la saga nata dalla penna della Rowling sia uno straordinario banco di prova per riflettere in modo serio e piacevole sui grandi problemi di sempre: quelli della filosofia ma anche quelli con cui ci misuriamo quotidianamente. Che cos'è il male? Come si può vivere felici? Che cosa significa essere coraggiosi? Esiste la giustizia? La magia è solo superstizione? Qual è il rapporto tra magia e tecnologia? In una serie di agili capitoli che affrontano ciascuno un tema della saga, l'autore discute con Harry, Albus Silente, Hermione, ma anche con Platone, Nietzsche e Heidegger, i grandi temi della filosofia e dell'esistenza, dimostrando come Harry Potter aiuti a pensare molto più di quanto non faccia la matematica.
<br/
Un'introduzione alle grandi problematiche della filosofia che si rivolge a studenti, genitori e a tutti coloro che si interrogano sul senso del loro esistere, divisa in sette capitoli. Lunedì: riflettere ci può aiutare a essere felici? Martedì: bisogna rispettare le leggi? Mercoledì: perché la bellezza ci affascina? Giovedì: che cosa s'impara realmente a scuola? Venerdì: bisogna credere in Dio? Sabato: la democrazia è il miglior sistema politico? Domenica: come ci si prepara a morire? Prendendo spunto dall'attualità e dalla vita di tutti i giorni Pépin invita il lettore ad affrontare questi temi in maniera originale e lo sollecita, per ognuno di essi, alla ricerca di una sua personale risposta.
Fantasma, ricordo, sogno, mito, romanzo. Tante sono le espressioni che definiscono l'immaginario dell'uomo o di una cultura. Individuale o collettivo, il concetto di immaginario è affrontato in modo ambivalente, sia come origine dei mali, sia come fonte di arricchimento. Mescolando diverse discipline - psicanalisi, letteratura, antropologia culturale, sociologia dei media - questo saggio propone un'analisi filosofica su ciò che ci allontana dall'immediato, che ci permette di pensare quando la ragione non basta più, offrendoci un nuovo orizzonte: l'immaginario.