La prima guerra mondiale è riletta in queste pagine da storici e studiosi di letteratura, arte, diritti umani, con l'approccio tipico degli studi di storia culturale. Il volume, nato nell'ambito di un'iniziativa promossa dal festival "Un film per la pace", raccoglie riflessioni su temi quali la legittimazione dello spirito bellico da parte di artisti, intellettuali e letterati; la violazione dei diritti umani costituita dall'uso massiccio di gas chimici; i fenomeni diffusi di spostamento forzato di popolazioni e di profuganza e le forme di violenza sui civili; la ricca produzione di testimonianze scritte - diari e lettere - che solo da poco tempo è valorizzata e indagata allo scopo di dar voce ai protagonisti della grande guerra; i "luoghi della memoria" presenti in Italia e in particolare nel Friuli Venezia Giulia, una zona che più di altre fu teatro di distruzioni e massacri. Una riflessione sul passato e sulla costruzione di questo paese e dei suoi confini, una rilettura della tragedia umana, politica, sociale e culturale che fu la prima guerra mondiale, uno sguardo ampio su uno dei momenti più drammatici della storia del Novecento.
Il Risorgimento italiano come processo che inizia alla metà del Settecento con l'Illuminismo e termina con la fine del governo della Destra nel 1876. Nel libro sono esaminate le origini politiche, sociali ed economiche dell'aspirazione all'unità, con una attenzione particolare al Risorgimento artistico e letterario, alla questione della lingua, al ruolo delle donne; è poi discussa l'unificazione del 1860, in quanto frutto in varia misura del Risorgimento, della guerra e del lavorio diplomatico. Il percorso si compie nel primo quindicennio del Regno d'Italia, siglato simbolicamente dal pareggio di bilancio.
È solo negli ultimi decenni che l'azione umanitaria ha acquisito un ruolo evidente e primario nel corso dei conflitti. L'umanitarismo internazionale, però, ha una storia assai più lunga, che questo libro ricostruisce illustrando il percorso attraverso il quale soccorso e assistenza sono entrati a far parte dell'agenda delle istituzioni nazionali e sovranazionali, dei programmi delle organizzazioni non governative, influenzando il rapporto fra i paesi occidentali e il resto del mondo. La ricostruzione storica si snoda intorno ad alcuni momenti ed eventi cruciali - le conquiste coloniali, le due guerre mondiali, l'emergere del terzo mondo - e mette in luce il profilo dei diversi protagonisti delle operazioni di soccorso - la Croce rossa, Save the children, le agenzie delle Nazioni Unite, Medici senza frontiere - mostrando come ha preso forma nel corso del tempo il significato attribuito ancora oggi all'umanitarismo internazionale.
Storia del nazismo significa storia del Führer, ma anche storia della Germania e del popolo tedesco, che, usciti sconfitti e umiliati dalla Grande guerra, dal 1933 precipitano in una dittatura che li avrebbe portati, in un forsennato sogno di dominio, al disastro di una guerra europea. Una chiara sintesi sulla parabola del nazionalsocialismo: dall'ascesa politica di Adolf Hitler alla guerra e alle sue drammatiche conseguenze.
Prendendo le mosse dal declinare dell'impero ottomano, il libro mostra come già sul finire dell'800 il governo metta in opera un piano demografico-sociale per insediare in Anatolia i turchi espulsi dai territori perduti dall'impero. Nel corso della prima guerra mondiale il governo ultranazionalista dei Giovani Turchi compie la scelta di turchizzare totalmente l'Anatolia e decide di deportare e sterminare la minoranza armena che viveva lì da secoli. La nuova edizione va ancora più in profondità nella ricostruzione del processo che portò al genocidio, sul quale tuttora si combatte la battaglia della memoria, con la Turchia ferma su posizioni negazioniste.
Un evento che vide coinvolti 66 milioni di tedeschi e 9 milioni di ebrei, e che ebbe come esito finale lo sterminio di due terzi di questi ultimi. Nel trattare l'Olocausto, il libro pone l'accento su entrambi i popoli: non solo dunque la messa a punto ideologica e pratica della politica antisemita del nazismo, ma anche la reazione assai varia degli ebrei alla persecuzione. Questa edizione aggiornata fornisce nuovi approfondimenti sul ruolo svolto nell'Olocausto dai non tedeschi, sul dibattuto nesso tra Olocausto e modernità, sull'emergere dell'Olocausto come oggetto di dibattito storico.
Combattuta fra il 21 febbraio e il dicembre 1916, quella di Verdun è "la" battaglia del fronte occidentale. In realtà non decise nulla, né da una parte né dall'altra. Resta un mistero perché i tedeschi abbiano deciso di sferrare l'attacco in quel punto di dubbia rilevanza strategica, e per quali logiche infernali tedeschi e francesi in dieci mesi vi abbiano immolato centinaia di migliaia di uomini. Eppure, con la sua immagine di battaglia più lunga e più sanguinosa della Prima guerra mondiale, Verdun è diventata, assai più di altre decisive battaglie, emblematica e leggendaria, come lo sarà Stalingrado per la Seconda. Originale e innovativo, questo libro intreccia storia militare, politica e culturale, per dare conto sia dei fatti sia della costruzione del "mito Verdun".
Come fa un paese che ha perso una guerra a metabolizzare il trauma della disfatta? Guardando al Sud degli Stati Uniti dopo la guerra di secessione che vide la vittoria del Nord nel 1865, alla Francia dopo la guerra franco-prussiana del 1870-71, alla Germania dopo la Grande Guerra si coglie una sorta di itinerario comune attraverso cui passano i paesi sconfìtti. Dalla depressione all'euforia (rivoluzionaria), dalla presa di distanza con il passato alla convinzione di essere comunque i vincitori morali, alle velleità di revanche. È un modello che si ripete anche in epoca contemporanea, basti pensare alla fine dell'Unione Sovietica e agli Stati Uniti dopo l'attacco alle Twin Towers.
Questa solida sintesi della Grande guerra è frutto del lavoro di due storici diversi ma affini: l'uno, Rochat, esperto della dimensione prettamente militare; l'altro, Isnenghi, versato nella storia della cultura e degli intellettuali. Il volume intreccia così felicemente due filoni di studio per raccontare vicende politiche e culturali ma anche operazioni militari, ideologie e sogni ma anche cifre e fatti: il racconto stringente di come la guerra fu voluta e non voluta, condotta e contestata, maledetta e ricordata, di quale ruolo vi giocarono le forze politiche e gli intellettuali, di quale fu l'agire e il pensare di generali, soldati e società civile, donne, prigionieri.
"Il 9 luglio di quest'anno Sandro Pertini è stato eletto presidente della Repubblica e mi ha nominato segretario generale". Il 3 novembre 1978 inizia così il diario su cui Antonio Maccanico annoterà poi giorno dopo giorno, incontro dopo incontro, viaggio dopo viaggio, lo svolgersi del settennato di Pertini. Nella sua cronaca si colgono al vivo e secondo prospettive spesso singolari tutti i protagonisti di quegli anni (politici italiani e stranieri, giornalisti, imprenditori, manager pubblici, intellettuali) ed emergono i tratti di una presidenza che, iniziata nell'anno culminato nell'assassinio di Moro e nelle dimissioni di Leone, si dava il compito di ridare prestigio al Quirinale in una difficile fase in cui emergeva, oltre alle manifeste difficoltà del sistema politico, una più generale crisi della società italiana.
La globalizzazione da un lato, e la crisi della rappresentanza dall'altro, sembrano oggi insidiare la presa e la tenuta della democrazia all'interno delle società contemporanee, al punto che si parla sempre più spesso dell'avanzata di oligarchie vecchie e nuove. Il libro affronta alcuni interrogativi di fondo che riguardano la tenuta stessa degli attuali regimi democratici. Un sistema globale come quello emerso nell'ultimo ventennio lascia spazi e quali alla democrazia rappresentativa? E fino a che punto si può porre argine al prevalere delle oligarchie?
Era inevitabile la Grande Guerra? Dall'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo doveva necessariamente scaturire un conflitto mondiale? O si è trattato di una guerra "improbabile", scoppiata per una serie di malintesi e di errori di valutazione? Rusconi ricostruisce il febbrile lavorio politico-diplomatico del luglio 1914 e analizza le vicende belliche sino alla battaglia cruciale della Marna. Il conflitto si configura come una "guerra tedesca" per rompere l'accerchiamento di cui la Germania si sente vittima da parte dell'Intesa russo-francese e inglese. Ma la lotta per l'egemonia sul Continente assume i tratti di una "guerra di civiltà" all'interno dell'Occidente stesso. Gli effetti sono di lunga durata, anche in termini strategico-militari: il secondo conflitto mondiale inizierà infatti con l'attacco alla Francia nel 1940 inteso come replica e rivincita del 1914.