Quarantaquattro ettari: un minuscolo territorio a forma di trapezio che appare tanto noto quanto ignoto. Fondamentale luogo di culto per la religione cristiana, ma anche città nella città di Roma, cuore dell'espressione giuridica del governo centrale della Chiesa, ma anche enclave nella capitale italiana, lo Stato della Città del Vaticano è sorto il 7 giugno 1929 (giorno dello scambio degli strumenti di ratifica dei Patti Lateranensi, firmati l'11 febbraio da Santa Sede e Italia) a conclusione della cosiddetta questione romana, che tanto aveva tormentato i rapporti tra Regno d'Italia e Stato pontificio dopo la breccia di Porta Pia nel 1870. Con un assetto più che unico nel panorama costituzionalistico, che tipo di Stato è la Città del Vaticano? Che rapporti ha con la Santa Sede, la Chiesa cattolica e lo Stato italiano? Quali fonti normative lo regolano? Come si articolano al suo interno l'esercizio del potere e le sue istituzioni? E che diritti (e doveri) vi sono per coloro che godono della sua cittadinanza? A tali interrogativi il volume fornisce documentate quanto esaurienti risposte.
Francesco Clementi insegna Diritto pubblico comparato nell'Università di Perugia. Ha tra l'altro pubblicato "Profili ricostruttivi sull'elezione diretta del primo ministro" (Aracne, 2005).
Giuseppe Alberigo (1926-2007) ha ideato e diretto la grande "Storia del Concilio Vaticano II", opera che ha mutato le conoscenze sul Concilio a livello internazionale. In questo volume vengono per la prima volta raccolti i saggi di ricerca di prima mano. Come scrive nella prefazione il cardinale Lehmann "per molto tempo si dovrà dire che Alberigo nous interroge encore ... non solo per i suoi lavori sulla stagione conciliare, per le sue ricerche su Trento e la sua età, per la sua perizia di filologo, per il garbo esigente con cui ha saputo coordinare grandi imprese scientifiche internazionali, ma proprio per il suo apporto agli studi sul Concilio Vaticano II, al quale questo volume è consacrato". Se la storicizzazione del Vaticano II rimarrà il contributo di Alberigo alla storia della Chiesa, questi saggi ne documentano il come e i perché.
Questo volume ricostruisce il passaggio dai tentativi del Vaticano II di realizzare un organo della comunione episcopale al sinodo dei vescovi costituito e voluto da Paolo VI. Limitato a funzioni consultive, divenute col tempo la più frustrante delle collegialità mancate, il sinodo montiniano è però la sede nella quale, fra il 1965 e il 1985, emergono tensioni, speranze, delusioni. Di tutte queste, utilizzando fondi archivistici inediti ed un materiale pubblicistico mai prima studiato, l'autore offre uno spaccato scientificamente qualificato e non privo di interesse per attualità.
Antonino Indelicato insegna Italiano e Storia negli istituti superiori. Studioso di storia della chiesa contemporanea, ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienze religiose. Ha svolto ricerche sul periodo preparatorio del Concilio, pubblicando fra l'altro "Difendere la dottrina o annunciare l'evangelo. Il dibattito nella Commissione centrale preparatoria del Vaticano II" (Genova, 1992).
Il decreto "Christus Dominus", parziale traduzione a livello istituzionale e canonistico della costituzione ecclesiologica "Lumen gentium", è alla base di molti dei mutamenti avvenuti a livello istituzionale nella chiesa cattolica dopo il concilio Vaticano II. Una traduzione non sempre fedele e coerente con i desideri e le aspirazioni della chiesa conciliare, ma che ha comunque inciso sui punti più caldi del dibattito ecclesiale post-conciliare: dalla riforma della Curia romana alla struttura delle conferenze episcopali, dalla forma del Sinodo dei Vescovi alle dimissioni dei vescovi per limiti di età. "Christus dominus" è stato uno dei protagonisti dell'aggiornamento delle istituzioni del governo ecclesiastico, dalla fase preparatoria del concilio fino agli ultimissimi giorni del Vaticano II, lungo un percorso di progressiva concentrazione del documento sui temi centrali del governo della chiesa da parte dei vescovi in comunione col papa. La ricostruzione della redazione del decreto che viene fatta in questo volume, oltre a mettere in luce lo sviluppo di alcune delle questioni istituzionali attorno all'episcopato, chiarisce la "mens" dei padri conciliari sui passaggi chiave del dibattito conciliare: un momento necessario per la comprensione degli attuali problemi della governance ecclesiastica e delle significative divaricazioni tra le intenzioni riformatrici del concilio e il governo postconciliare di Paolo VI e di Giovanni Paolo II.
Quali sono stati e sono i rapporti fra Chiesa cattolica e modernità politica, intendendo con tale espressione democrazia, diritti umani, diritti soggettivi dell'individuo? L'argomento è affrontato nella prima parte del volume in un ampio saggio storico di Vincenzo Ferrone, che sostiene che la Chiesa cattolica nel quadro della cultura occidentale avrebbe sempre negato la teoria dei diritti umani elaborata dall'Illuminismo e rifiutato le conseguenze politiche apertesi dalla Rivoluzione francese in poi. Solo con il Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica avrebbe assunto un orientamento diverso. Nella seconda parte del volume, studiosi di varia provenienza e diverso orientamento (storici, giuristi, filosofi, teologi) commentano il saggio di Ferrone.
La ricostruzione della movimentata storia di Dignitatis humanae, il documento del concilio Vaticano Il, porta alla luce un "sottosuolo" in cui parole e linguaggi non possono essere pienamente compresi se dissociati dai retroterra, psicologici e culturali, dei protagonisti. La stessa decisione di mettere sull'agenda conciliare la spinosa questione della libertà religiosa, su cui si appuntano le aspettative di molti, si radica nell'appello di papa Giovanni a cogliere i segni dei tempi come mezzo proprio dell'aggiornamento della chiesa. Sull'orizzonte delle più tradizionali argomentazioni sui diritti e doveri della coscienza si affacciano i problemi della collaborazione intracristiana, della libertà nella chiesa, della intangibilità della coscienza religiosa.
Dopo aver a lungo lavorato sulle diverse fasi del concilio, il gruppo internazionale di studiosi che promuove la "Storia del Vaticano II" propone una serie di studi sulle fasi finali di quell'evento cruciale per le chiese e le società. I saggi qui raccolti, presentati nel colloquio di Klingenthal (Strasbourg) nel 1999, esaminano il passaggio conclusivo del Vaticano II, le valutazioni teologiche che prendono forma nel 1965 e i programmi "in fieri" per l'imminente post-concilio. Grazie a fonti di prima mano e per lo più inedite, vengono in luce i diversi volti della fine del concilio: preoccupazione e speranza, sollievo e delusione, agitano i protagonisti del concilio e predispongono gli elementi di quella che sarà la ricezione. I saggi di Giuseppe Alberigo (Bologna), José Oscar Beozzo (Sao Paulo), André Birmelé (Strasbourg), Joseph Famerée (Louvain-La-Neuve), Peter Hünermann (Tubingen), Joseph A. Komonchak (Washington DC), Pierre C. Noel (Québec), Gilles Routhier (Québec), Giuseppe Ruggieri (Catania), Silvia Scatena (Bologna), Claude Soetens (Louvain-La-Neuve), sono raccolti dai due curatori, cui si deve la stesura dell'introduzione e delle conclusioni.
Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale la preoccupazione fondamentale della chiesa cattolica era la lotta contro il comunismo contro il quale erano impegnate tutte le energie. Ma nella chiesa occidentale sempre più forti erano le preoccupazioni per lo scollamento fra chiesa e società moderna. La modernità si presentava come una sfida alla quale la chiesa doveva rispondere con una rinnovata riflessione e in modo nuovo. Il concilio ecumenico Vaticano II doveva dare, per molti vescovi, una risposta adeguata alle sfide del mondo moderno. La costituzione conciliare "Gaudium et spes" costituisce un'espressione riflessa di come il magistero ecclesiastico considerava il rapporto tra chiesa e mondo moderno e rappresenta forse il cuore stesso dell'impegno conciliare, ancor oggi attuale, al rinnovamento della chiesa. Questo volume ricostruisce passo passo il cammino che ha portato alla redazione della costituzione "Gaudium et spes", che l'autore analizza e interpreta cercando di rispondere ad alcuni importanti quesiti: perché si è cominciato a pensare ad un documento sulla chiesa nel mondo contemporaneo? cosa ci si prefiggeva? quali ipotesi si sono confrontate nel corso della sua elaborazione? perché e come si è giunti alla redazione che alla fine è stata accolta?
Il concilio Vaticano II ha determinato un nuovo rapporto fra la Scrittura e la chiesa cattolica: questa svolta è maturata nella redazione e nel dibattito della costituzione dogmatica "Dei verbum". Da una "venerazione" nei confronti della Scrittura che equivaleva a una sua sostanziale emarginazione dall'universo cattolico, si è passati all'indicazione della necessità di un suo uso costante nella riflessione teologica e nella prassi quotidiana. Contrapposizioni durissime in aula e in commissione, che sottintendevano due visioni divergenti di intendere il rapporto tra la Parola di Dio e la chiesa cattolica, hanno attraversato gli anni 1959-1965: il volume ricostruisce le fasi e il senso di una discussione che ha segnato profondamente il cattolicesimo contemporaneo. Un concilio "pastorale" e "ecumenico", secondo le parole di Giovanni XXIII, ha appreso a discutere della fede anziché arroccarsi nella condanna di teologi ed esegeti; rigettato nel novembre 1962 lo schema preparatorio, il nuovo, elaborato a partire dal dicembre 1963 e approvato nel novembre 1965, è stato il segno più evidente della profondità di questa trasformazione dell'approccio della chiesa cattolica alla Scrittura, non più letta in chiave controversista, ma intesa come base per un nuovo modo di offrire l'atto rivelante al mondo e di approfondire l'ascolto religioso della Parola con le altre comunità cristiane non cattoliche.