La prima guerra mondiale in Trentino è una storia carica di silenzi. A lungo, per gran parte del secolo scorso, i soli protagonisti legittimati a raccontarla erano state le poche centinaia di giovani borghesi che, allo scoppio del conflitto, avevano attraversato di nascosto la frontiera dell'allora Tirolo austriaco scegliendo di combattere nell'esercito italiano. Alle migliaia di uomini e donne di ogni età rimaste invece dentro i confini dell'Impero asburgico, le ricerche avevano dedicato uno sguardo appena superficiale o, spesso, quasi di fastidio. I saggi raccolti in questo volume (frutto di un progetto di ricerca coordinato dall'Istituto Storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler e dal Dipartimento di Lettere e filosofia dell'Università di Trento), cercano di colmare questo vuoto. Alcuni lavori si concentrano sulle vicende dei 55.000 richiamati nella divisa dell'esercito asburgico durante l'estate del 1914, che furono i primi a subire le tragedie dell'apocalisse bellica. Spediti a combattere sul fronte galiziano, morirono a migliaia già nei primi mesi del conflitto, decimati tanto dai russi quanto dagli errori strategici dei comandi superiori. Le morti sul campo, la scarsità degli armamenti e del cibo, le vessazioni subite a opera degli ufficiali austro-ungheresi, non furono dimenticate. Se disertare fu per molti una tecnica naturale di sopravvivenza, per altri i mesi trascorsi nei campi di prigionia russa segnarono il graduale allontanamento dalla «patria» asburgica. Un secondo gruppo dei contributi racconta le vicende del fronte interno, poiché la guerra non distrusse e trasformò solo le vite dei soldati. A maggio del 1915, appena l'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria circa 100.000 trentini - in prevalenza donne, vecchi, bambini - furono costretti a lasciare i loro paesi. L'esilio forzato fu altrettanto penoso e difficile da sopportare. Finita la guerra, trovarono ad accoglierli le loro case distrutte o, per i più fragili, qualche stanza di un ospedale psichiatrico dove elaborare faticosamente il trauma del ritorno. Niente, nel Trentino ora divenuto italiano, sarebbe stato come prima.
La politica contemporanea nella società globalizzata è dominata dalla comunicazione e non può fare a meno dei vecchi e nuovi media, ma le origini di questi fenomeni non sono recenti e coincidono con l'avvento della società di massa. La comprensione della politica presuppone dunque un'analisi storica della comunicazione e del suo impatto sulla sfera politica. Prendendo Italia e Germania come case study, il volume ne ripercorre l'evoluzione a partire dalla nascita del giornalismo in Europa, passando per la contaminazione tra pubblicità e politica nel nazionalsocialismo, per arrivare alle campagne elettorali online degli ultimi anni. Ne risulta confermato il ruolo preponderante assunto dalla comunicazione nella politica moderna e la sua crescente rilevanza negli studi storici.
È davvero il nostro un Paese che ha smarrito risorse e progetti per un possibile rilancio? Che giace apatico nell'attesa di eventi salvifici? Un «viaggio in Italia» fatto di dati e immagini, con uno sguardo al presente ma senza dimenticare le origini delle difficoltà e le soluzioni adottate per superarle. Un racconto corale per decifrare un Paese frammentato, spesso molto diverso da come lo immaginiamo. Bologna; Modena; Parma; Pistoia; Prato; Firenze; Pisa; Siena; L'Umbria; Il Lazio; Le Città Della Campania; Napoli; Napoli, La Città Di Sopra; Salerno; Cosenza; Catanzaro; La Calabria; Catania; Siracusa; Ragusa E Gli Iblei; Le Madonie; Palermo; La Sardegna; La Spezia; La Val Borbera; Genova; Ventimiglia; Il Cuneese; Torino; La Valle D'aosta; Varese; Milano; Milano, Via Paolo Sarpi; Bergamo; Brescia; Il Trentino; L'alto Adige; Il Friuli; Udine; Trieste; Venezia; Treviso; Vicenza; Padova; Ferrara; La Romagna; Le Marche; Ancona; L'abruzzo Meridionale; Foggia E Il Tavoliere; Bari; La Murgia Dei Trulli; Il Salento; Taranto; Matera; La Basilicata; Campobasso; L'aquila; Roma; Roma, La Città Periferica. Questo volume, frutto di un progetto collettivo nato in seno al comitato di direzione della rivista «il Mulino», è curato da Gianfranco Viesti, professore di Economia applicata all'Università di Bari, e da Bruno Simili, vicedirettore della rivista.
Nate nel 2011 in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità, le Olimpiadi di italiano hanno già fatto storia e conquistato, grazie all'aiuto di una solida piattaforma online, un numero di partecipanti ragguardevole: oltre 40.000 studenti in Italia e nelle scuole italiane all'estero, a dimostrazione del fatto che la nostra lingua può suscitare nei giovani un'autentica passione. Promosse con la collaborazione dell'Accademia della Crusca, queste gare non si configurano di per sé come strumenti valutativi delle competenze, anche se possono fornire preziosi dati informativi. Fanno leva piuttosto su una scelta volontaria degli studenti, sostenuti dai loro insegnanti, ben consapevoli che il motto oraziano «docere delectando» può essere il miglior incentivo all'apprendimento. Il libro raccoglie un campione significativo di esercizi proposti agli studenti senior e junior nelle diverse fasi (d'istituto, regionali, nazionali), presenta e analizza dati statistici ordinati per aree regionali sulle risposte degli studenti e, soprattutto, offre commenti e suggerimenti didattici di esperti per le diverse sezioni: ortografia, morfologia, sintassi, lessico, punteggiatura e testualità. Un primo bilancio utile a offrire stimoli nuovi per lo studio della lingua, che contribuisce a togliere alla grammatica l'immagine polverosa della norma pedante per promuoverla a campo del ragionamento consapevole.
Quali sono le dinamiche e i fattori che influenzano le scelte di voto dei giovani, come sono cambiati il loro orientamento ideologico e le loro preferenze partitiche nel corso del tempo e in relazione alle altre classi d'età? Le trasformazioni del contesto politico e l'emergere di nuove formazioni che si candidano a intercettare i neo-elettori hanno evidenziato l'urgenza di un approfondimento teorico e di ricerca sugli effetti politici del ricambio generazionale. Questo documentato studio vuole rispondere a tali interrogativi e offrire un quadro storico-comparativo del comportamento elettorale mettendolo in relazione con il grande tema della partecipazione dei giovani.
Nel contesto delle guerre di religione cinquecentesche maturò un progetto missionario rivolto ai soldati, con la stesura di catechismi destinati agli uomini in armi e l'introduzione delle prime cappellate stabili a fianco delle truppe. Guardando alla teologia, alla giustizia, al lessico della violenza religiosa e alla tradizione neo-stoica, ma anche al concreto dispiegarsi del modello del «soldato cristiano» negli eserciti cattolici, il volume ricostruisce il profilo dei protagonisti di un progetto disciplinare inedito che accompagnò la lenta formazione degli eserciti professionali dopo la rivoluzione militare della prima età moderna; e, comparando lo sforzo religioso del clero cattolico e dei predicatori protestanti, ripercorre la storia della cura castrense dal XVI secolo fino alla Grande Guerra, quando il morire per la Patria sostituì l'appello a combattere nel nome di Dio.
L'itinerario compiuto dalla Chiesa, dal Congresso di Vienna a Papa Francesco, e il confronto spesso aspro e conflittuale che essa ha avuto con il mondo contemporaneo, i suoi cambiamenti, le sue utopie, le sue diseguaglianze. Sono i temi del convegno da cui trae origine questo volume, organizzato nel giugno 2016 dal Dipartimento di storia, cultura e storia sammarinesi dell'Università degli Studi della Repubblica di San Marino e che ha visto la partecipazione dei maggiori studiosi italiani di storia della Chiesa. È stata una strada accidentata, ricca di ostacoli, di opposizioni, di conflitti, lungo la quale la Chiesa ha mostrato la sua duttilità ma ha anche dovuto scontare grandi ritardi e forti resistenze reazionarie al suo interno. La Chiesa ha spesso combattuto quella «modernità» che alla fine del Settecento si concretizzò nel mondo delle nuove rivoluzioni, da quella francese a quella industriale a quella politica, che portò negli anni a rivolgimenti di stati e nazioni (si pensi alla rivoluzione russa e alle due guerre mondiali). Rivoluzioni che toccarono in concreto la Santa Sede, che perse il suo potere temporale. E si aprirono anche quei nuovi conti con le altre religioni che, lungo questi due secoli, hanno condotto a una nuova visione dei rapporti tra le fedi.
Questo sintetico profilo definisce dapprima ambiti e oggetti di indagine dell'estetica musicale; poi presenta una breve storia del pensiero musicale dall'antichità ai giorni nostri. Questa edizione aggiornata offre preziosi spunti per ulteriori approfondimenti, in particolare sui rapporti tra natura e cultura nella musica e sulla fruizione dei nuovi linguaggi del nostro tempo.
Lo Stato fascista è studiato qui nei suoi meccanismi essenziali. I cambiamenti e le continuità che lo caratterizzano: nei ministeri, nei nuovi enti pubblici, nel rapporto contraddittorio fra centro e periferia. E in primo piano il nuovo soggetto che ambiguamente penetra nello Stato e al tempo stesso se ne lascia penetrare, statalizzandosi: il Partito fascista. E poi le élites, fra continuità e innovazione: burocrazie, gerarchie politiche centrali e periferiche, magistrature ordinaria e amministrativa, podestà, sindacalisti e capi delle corporazioni, autorità scolastiche, sovrintendenti alle belle arti, uomini dell'impresa pubblica e del parastato. Uno Stato ben lontano dall'essere la «macchina perfetta» che vorrebbe sembrare. Nell'affresco, ricco di particolari, emerge una visione complessa di quel che volle e non riuscì a essere lo Stato. Stato «fascista» ma al tempo stesso Stato «nel fascismo».
Tra i massimi linguisti del nostro tempo, Luca Serianni ha sempre coniugato la più alta ricerca sulla storia dell’italiano alla passione per la didattica in tutte le sue forme, come testimonia in ultimo il suo incarico come capo della task force ministeriale che si occupa dell’apprendimento della lingua italiana. I suoi libri hanno formato generazioni di studiosi e alimentato il dibattito pubblico sul corretto uso della lingua e sul suo insegnamento nella scuola. In occasione del settantesimo compleanno, gli allievi hanno raccolto alcuni tra i suoi studi più significativi degli ultimi vent’anni. Ventotto saggi che attraversano otto secoli di storia linguistica italiana: dalla Commedia di Dante sino alla lingua dei giornali, passando per la poesia barocca, la librettistica verdiana, la didattica dell’italiano nei licei. Il risultato non è solo la summa di una decennale esperienza di ricerca ma anche un’esemplare lezione di metodo: su come guardare oggetti di studio lontani e vicini in modo da cogliere, attraverso la lingua, il riflesso della cultura di un intero paese.
Gesù di Nazaret suscitò, nella Galilea e Giudea del tempo dell'imperatore Tiberio, un movimento di "risveglio" rivolto a Israele e fondato sull'annuncio dell'apertura del regno di Dio. Perché la morte infamante di Gesù non mise fine al suo movimento, che anzi ne trasse spunto per un rilancio del suo messaggio anche oltre le frontiere d'Israele? In che modo si costituì, nel secondo secolo, un sistema di poteri e dottrine che sarebbe stato capace d'imporsi all'impero romano? Il libro ripercorre i modelli di fede in Gesù adottati dai vari gruppi di credenti, illustra la concezione del mondo e la pratica di vita che postulavano, e le ragioni per le quali alcuni di tali modelli risultarono vincenti.
«In proporzione con i suoi marmi, i suoi affreschi, l’Italia ha ereditato questa retorica istupidente, questa nozione della cultura classica come qualcosa che nobilita grazie al semplice contatto, come la mano del sovrano nelle superstizioni medievali...»
In Mio figlio professore, anno 1946, il bidello Aldo Fabrizi, diventato padre, annuncia che da grande il figlio farà «er professore de latino». Ben pochi genitori, oggi, direbbero una cosa del genere. Il libro parte da questa constatazione per riflettere sul futuro dell’istruzione umanistica. Lo fa avanzando alcune proposte sul modo in cui questa istruzione si potrebbe riformare, a scuola e all’università; e interrogandosi su alcune questioni cruciali: se il canone umanistico che ha formato le generazioni passate ha ancora un senso e un’utilità; se è possibile comunicarlo non a un’élite di studenti ma a una massa; e se insomma la trasmissione di quel sapere corrisponde davvero alla «buona battaglia» che molti insegnanti ritengono di combattere, o se invece è tutta un’illusione, una favola che ci raccontiamo per non dover ammettere che le cose che una volta credevamo vere e importanti non lo sono più.