Il De Civitate Dei, scritto dopo un evento catastrofico come il sacco di Roma, è di grandissimo aiuto nelle innumerevoli e devastanti crisi del presente, soprattutto per comprendere le dicotomie che il sociale ci presenta e che papa Francesco considera decisive per iniziare i processi necessari alla nuova umanità. Inoltre, il capolavoro di Agostino, arrivato a Bergoglio soprattutto tramite il pensiero di E. Przywara, contribuisce a delineare percorsi di discernimento sul ruolo della Chiesa nel XXI secolo, in anni in cui la religione è tornata a contare nella gestione del potere negli Stati e nella geopolitica internazionale. Questo volume presenta un lavoro sui testi di Agostino e contribuisce a rispondere all'appello della Veritatis gaudium per elaborare una teologia volta a individuare un nuovo sviluppo e un nuovo progresso per l'umanità. La postfazione di Fabrizio Mandreoli rilancia lo scritto nell'attuale dibattito teologico e multidisciplinare.
È notevole l'interesse di Giovanni Crisostomo al tema della parrhesia. Non solo per la frequente ricorrenza del termine nella sua produzione omiletica, ma soprattutto per la ricchezza contenutistica che egli le riconosce. Erede della semantica politica, che indicava nella parrhesia il diritto del cittadino ateniese a parlare liberamente nell'ekklesía, e di quella filosofica, che v'individuava invece la qualità di chi sapeva dominare le proprie passioni, il Padre antiocheno la legge alla luce della rivelazione biblica. Con la parrhesia egli perciò definisce da un lato il dialogo confidente con Dio da parte del discepolo di Cristo, e dall'altro la franchezza dell'annuncio kerygmatico così com'era stato condotto agli inizi del cristianesimo. Da vescovo di Costantinopoli, commentando il libro degli Atti, egli ha fatto largo uso della parrhesia, che i testimoni del Risorto avevano ricevuto in dono a Pentecoste per avviare e portare nel mondo l'annuncio della vittoria di Gesù Cristo sulla morte. In queste cinquantacinque Omelie, le uniche in lingua greca dei primi dieci secoli che ci siano giunte in forma integrale sugli Atti degli Apostoli, il predicatore fa risaltare le doti della franchezza apostolica presentandola come modello di evangelizzazione per ogni stagione ecclesiale.
Sorto in Asia Minore nella seconda metà del II secolo d.C., il montanismo suscitò presto le reazioni delle gerarchie ecclesiastiche. Il profetismo estatico rappresentò la causa principale della sua esclusione dalla grande chiesa, e la condanna per eresia decretò la perdita conseguente degli scritti che erano stati composti dai membri del movimento. Questo libro si propone di restituire una visione completa della crisi montanista, cercando di gettare luce sulle questioni fondamentali che ne caratterizzano la tradizionale ricostruzione storiografica. L'autenticità degli oracoli pronunciati dai profeti e dalle profetesse del movimento, il loro legame eventuale con l'esegesi scritturistica e infine la rappresentazione eresiologica nella quale i protagonisti di questa storia si muovono sono le chiavi di lettura privilegiate attraverso cui viene condotta una nuova analisi su quello che è considerato come uno dei momenti di massima tensione nel cristianesimo dei primi secoli.
Un nuovo libro su Pietro e Paolo? Non esattamente. È piuttosto un mettere faccia a faccia i due apostoli: l'uno, Simon Pietro il galileo, chiamato da Gesù Kefàs, Cefa, cioè "Pietra", "Roccia", e l'altro, l'ebreo di Tarso di nome Saul, diventato poi Paolo, dal latino Paulus, cioè "piccolo". Le domande che ci poniamo sono queste: Pietro e Paolo si sono conosciuti? Si sono mai incontrati? E dove? Che cosa dicono l'uno dell'altro? E come vengono presentati insieme nelle prime fonti letterarie? È attendibile la tradizione secondo la quale tutti e due avrebbero subìto il martirio a Roma? I luoghi di culto, dove si ritiene siano conservate le loro tombe, o ciò che resta delle loro reliquie, - sotto la Basilica di San Pietro in Vaticano e nella Basilica di San Paolo fuori le mura - hanno una qualche garanzia di veridicità storica? Che cosa dire di quella storiografia che ha presentato i due apostoli come contrapposti corifei di due visioni antitetiche del cristianesimo, una giudaizzante e legalista (Pietro), e l'altra libera dalla Legge e universalistica (Paolo)? Questo studio non intende affrontare questioni che sono tra le più complesse e impegnative della Chiesa antica, ma solo ripercorrere i testi letterari che ricoprono quell'arco di tempo abbastanza lungo che va dalla "conversione" di Saulo/Paolo (33 ca d.C.) fino a Ireneo di Lione (200 ca), l'ultimo che poteva ancora dire di aver conosciuto un testimone dell'epoca apostolica. In questo modo l'autore intende dare il suo contributo alla conoscenza, sempre affascinante, del primo cristianesimo.
Avendo spaziato in molti campi e trovandosi all’incrocio di tante strade sulle quali ha lasciato la sua originale impronta, Agostino (354-430) occupa un posto centrale e, per certi aspetti, unico nella storia del pensiero, della teologia e della spiritualità occidentale. Se le sue opere maggiori sono ben conosciute, gran parte dei suoi scritti resta nell’ombra, anche nel caso di scritti importanti dal punto di vista esegetico, dottrinale o morale. Proponendo una sintesi dei contenuti di ciascuno di essi, questo dizionario si propone appunto di offrire un quadro rappresentativo di tutta la produzione di Agostino, con l’intento di offrire a un largo pubblico una base utile di lettura e consultazione.
Su Ipazia di Alessandria e su Sinesio di Cirene molti hanno già scritto: Ipazia, una nota antica scienziata e filosofa, Sinesio, un nobile, suo allievo e poi vescovo cristiano; Ipazia, da alcuni presa in considerazione unicamente come vessillo del femminismo, Sinesio, spesso trascurato a fronte di più famosi Padri della Chiesa. La peculiarità del libro, che è frutto di un accurato studio critico delle relative fonti primarie e secondarie, consiste nel tipo di approccio: le due figure e le loro opere sono esaminate sullo sfondo dei differenti ambiti culturali in cui si sono sviluppate le vicende della loro vita, pur nella loro contemporaneità; la differenza di ambiti culturali consente di evidenziare di questa donna e di questo uomo non solo la validità del loro lungo rapporto amicale, testimoniato da alcune lettere di Sinesio a noi pervenute, ma anche l’alto valore interculturale di tale rapporto.
La Passione di Perpetua e Felicita è un documento che narra il martirio di un gruppo di cristiani avvenuto a Cartagine nel 203 d.C.
Scritto da un anonimo compilatore, racchiiude un testo di straordinario interesse: il diario redatto dalla giovane Perpetua durante la detenzione; una tesstimonianza pressocché unica di scrittura femminile e di prigioni che non cessa di appassionare non solo gli specialisti del settore, ma anche studiosi e semplici lettori di diversa provenienza. Spaccato vivissimo sulla condizione femminile nel cristianesimo delle origini e sulle valenze accentuatamente testimoniali e comunicative del martirio antico.
Lo studio della città antica si accompagna a una sterminata storiografia e a innumerevoli indagini che, con svariati interessi, hanno affrontato que- sto tema, sia per il periodo precristiano sia per quello posteriore al diffondersi del cristianesimo. Gli studi che compongono questo volume contri- buiscono a tracciare una storia del pensiero sulla città, in alcuni suoi aspetti peculiari. Organizzata secondo uno sviluppo cronologico e assiologi- co, questa silloge di saggi si apre con un’indagi- ne nell’ambito dei testi neotestamentari e si chiu- de con una riflessione sul pensiero di Agostino. I singoli studi, ognuno per la sua parte, si raccor- dano alle grandi tematiche che la storiografia re- cente continua a indagare da prospettive diverse.
"Gli stimoli provenienti a una società sempre più cosmopolita e policroma, qual è quella in cui viviamo oggi, potranno probabilmente mettere in condizione i giovani studiosi di apprezzare i "cristianesimi" dell'antichità, nelle loro diverse declinazioni e caratterizzazioni culturali meglio di quanto non sia avvenuto nei decenni scorsi, quando si era persuasi di separare con l'accetta bianco e nero, verità ed errore, ortodossia ed eresia, e ciò a discapito dei chiaroscuri di cui è fatta la storia e la vita stessa, anche quella degli antichi cristiani" (G. Rinaldi). Questo libro intende offrire ai lettori un panorama il più completo possibile delle fonti utili per studiare le correnti del cristianesimo antico che sarebbero state poi definite "ereticali". Lo studio non comprende solo le fonti letterarie ma anche quelle documentarie: archeologia, iscrizioni, papiri. Inoltre, per la prima volta, sono presentate le testimonianze dei pagani sulle eresie e sulle lotte interne tra cristiani. Il repertorio include un elenco completo delle leggi dei secoli IV-V miranti a reprimere il dissenso religioso e le eresie.
Quale volto di Gesù emerge dagli scritti cosiddetti 'apocrifi'? Si tratta di un altro Gesù rispetto a quello che la memoria cristiana ha conservato fondandosi sui quattro vangeli canonizzati? O dagli apocrifi non emerge piuttosto una molteplicità di volti di Gesù, e un quadro più ampio e differenziato del cristianesimo delle origini? Questa diversità di immagini ha conseguenze per la ricerca sulla figura storica di Gesù? Come maturava la riflessione cristologica nelle diverse comunità prima che si cristallizzasse la distinzione tra canonico e apocrifo? La ricerca degli ultimi decenni sulle tradizioni extrabibliche ha aperto squarci di estremo interesse sulle domande e le tensioni che animavano le comunità cristiane delle origini e sulla pluralità di prospettive ermeneutiche circa l'esperienza di Gesù di Nazareth che in esse esisteva. Di tale pluralità traccia un ampio quadro il presente volume, che raccoglie i contributi della "IV Giornata di studio sulla storia del Cristianesimo" organizzata dalla Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale (sez. San Luigi) in collaborazione con l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e con il Dipartimento di Discipline Storiche dell'Università "Federico II". Gli interventi in esso contenuti recano la firma di alcuni dei più autorevoli studiosi italiani ed europei dei testi apocrifi e del cristianesimo antico e mettono in feconda sinergia le domande proprie della ricerca storica su Gesù e sulle origini del cristianesimo.
Questo volume intende presentare il pensiero di alcuni Padri orientali e occidentali sul ministero ordinato attingendo direttamente dai loro scritti e facendo parlare loro stessi. L'attenzione dell'autore è rivolta a cinque scritti dei Padri che attraversano l'intero periodo patristico (Lettera a Corinti di Clemente Romano; A Donato di Cipriano; De Sacerdotio di Giovanni Crisostomo; De Officiis di Ambrogio; Regula Pastoralis di Gregorio Magno). L'analisi di queste fonti è preceduta da uno studio, di carattere generale, sul munus regendi (il compito di guida pastorale) nei Padri della Chiesa. Alla luce della loro peculiare esistenza umana, culturale e pastorale i Padri ci offrono delle piste per essere "preti del e nel nostro tempo". Essi ci indicano delle priorità spirituali e pastorali, ci sono di esempio e di modello per una inculturazione della fede e per una evangelizzazione forte e coerente in un presente tanto complesso quanto affascinante. Attingere ai loro scritti, e quindi alla loro esperienza, vuol dire avere la possibilità di una conoscenza "sapienziale" di Cristo e della Chiesa, ma anche di un confronto con i loro metodi e le loro concrete vie di evangelizzazione. Ciò potrà costituire un aiuto e un alimento per la vita spirituale e pastorale non solo dei ministri ordinati, ma anche dei religiosi e dei laici. Con una introduzione di Vittorino Grossi dell'Istituto "Augustinianum" di Roma.