Come leggere oggi le Scritture da credenti? Quale modalità interpretativa è veramente adeguata al mistero dell'incarnazione del Verbo eterno nel Libro, intessuto di parole umane? Quale atto ermeneutico è realmente fedele alla lettera delle parole umane, e del loro radicamento storico-culturale, e insieme autenticamente corrispondente all'intenzionalità scrivente, segnata dall'esperienza dello Spirito, nell'incontro con la persona del Verbo incarnato? Questi gli interrogativi che ispirano l'elaborazione di questo testo, che entra nell'attualità del dibattito sull'interpretazione delle Scritture, in continuità con una precedente pubblicazione, dedicata alla storia dell'ermeneutica biblica cristiana, apparsa in questa stessa collana: La lettera e lo spirito. Storia dell'ermeneutica cristiana delle Scritture (2016). Lo snodo epistemologico e metodologico della questione ermeneutica tocca il cuore della relazione tra antropologia e teologia, che ha la sua corretta impostazione nel paradigma ontologico ed epistemologico dell'ossimoro, correlazione tra opposti in grado di riconoscersi l'un l'altro, di contenere ciascuno una qualità dell'altro, senza elidersi vicendevolmente. Una panoramica della teologia contemporanea sul rapporto tra dimensione antropologica e teologica e uno sguardo d'insieme sulla riflessione filosofico-ermeneutica recente, nel suo tentativo di conciliare gli opposti poli della spiegazione oggettiva e della comprensione soggettiva, ha orientato la ricerca all'individuazione di percorsi di lettura normati dall'oggettività della forma canonica, nella sua corrispondenza all'esperienza soggettiva della conversione. L'evento della conversione personale, nelle sue conseguenze etiche e gnoseologiche, morali e intellettuali, fonda l'adeguazione dell'articolazione della coscienza credente alla struttura della res textus rivelata. Il dibattito pluridecennale sulla relazione tra esegesi critica e lettura spirituale, spesso condotto in modo frammentario e improvvisato, si arricchisce così di elementi epistemologici decisivi, che permettono di tracciare l'identità e la mutua correlazione tra le stesse discipline ermeneutiche dell'esegesi critica e dell'interpretazione teologica, della teologia biblica e della lettura spirituale.
Diversi saggi di esperti di spiritualità, Bibbia e storia, anche non cristiani, compongono il percorso di questo volume. Sulla scia del proemio del recente documento Veritatis gaudium sulla riforma degli studi ecclesiastici, è messa in luce la reciproca articolazione fra dialogo e discernimento, a partire dal rapporto interpersonale che essi richiedono. È apparsa così la loro rilevanza: in primo luogo per il lavoro e lo stile di vita e riflessione del teologo e del pensatore cristiano; poi per le ricadute concrete che questi possono avere sulla vita di intere comunità nazionali, come nel caso studiato dello statista del sec. XIX Emilio Castelar sulla Spagna contemporanea. È contributo offerto per una teologia che, lungi dal limitarsi all'elaborazione di verità astratte, sia servizio all'annuncio e all'incontro di una Verità-persona, che si fa concreta nei volti e nelle vicende degli uomini in cammino «verso la civiltà dell'amore» (VG 1).
Il ritorno all'essenziale è: «un'operazione complessa e delicata, che è insieme spirituale e culturale: comporta un processo di reinterpretazione del nostro essere cristiani in questo tempo; vuol dire togliere, rinunciare, riconoscere il carattere obsoleto di alcune cose che forse hanno contribuito a generare santi, ma in un tempo diverso dall'attuale. Tornare all'essenziale significa ritrovare il nucleo incandescente della nostra vita attorno al quale ridefinire la nostra esistenza personale di credenti; ma anche la vita della Chiesa, la pastorale, la spiritualità. Il ritorno all'essenziale è un cammino nel deserto, duro e sfidante, basato su una promessa, in attesa del suo compimento» (p. 13). Le domande fondamentali che hanno accompagnato il cammino di ritorno all'essenziale scandito da cinque tappe (ascoltare, accogliere, discernere, uscire, stare) sono state: che cosa è essenziale per me, nella mia vita di persona di oggi? Di credente di oggi? Di prete di oggi? Cioè qual è quella realtà senza la quale non potrei vivere? Senza la quale la mia vita sarebbe consegnata al non senso, alla solitudine radicale, al vuoto? E per la Chiesa di oggi? Che cosa riteniamo essenziale? Come, con quali criteri, dove, con chi fare la reinterpretazione della spiritualità cristiana? La reinterpretazione della pastorale?
«Non tacerò!», aveva detto don Peppe Diana, e la camorra aveva pensato di ottenerne il silenzio uccidendolo. Dopo 25 anni quel grido «Non tacerò!» risuona su altre bocche e don Peppe parla ancora alla vita della comunità, una testimonianza viva di sacerdote e cittadino tra Chiesa e territorio.
Stadera: bilancia. È quanto Ignazio chiede a chi dà gli Esercizi spirituali «stando nel mezzo» (15esima Annotazione) e a chi accompagna in un percorso ordinario. La guida sta in mezzo, tra la creatura e il Creatore. Il taglio proposto in questo testo è secondo la pedagogia e la spiritualità di Sant'Ignazio di Loyola che, a distanza di 500 anni, la Compagnia di Gesù cerca di incarnare e di declinare in diversi apostolati nel tempo attuale. Uno di essi ha la sua fonte nel libretto degli Esercizi spirituali. Questo libro è pensato come ponte tra il testo scritto da Ignazio, che ovviamente costituisce il punto di riferimento ultimo ed ineliminabile, e le condizioni e le questioni che oggi una guida deve considerare se è chiamata ad accompagnare un gruppo o un singolo.
Fragilità, debolezza. Parole che nell'immaginario collettivo richiamano precarietà, paura, immaturità, malattia. Sono considerate parole deboli, quasi inutili. L'obiettivo del presente saggio è quello, invece, di rivelare al lettore la potenzialità contenuta nelle molteplici fragilità della persona e nei percorsi di debolezza che vive quotidianamente, invitandolo a considerare tali realtà (di ogni essere umano) come criteri di crescita, maturità, fecondità. Come a dire: con le fragilità e la debolezza nulla è perduto. Anzi: tutto può ritrovare senso e significato. Esse ci appartengono, e da esse si possono attivare percorsi di scoperta di sé e delle relazioni con gli altri. Fragilità e debolezza non solo come percorsi introspettivi, ma nelle sue ascendenze evangeliche, che giungono a ricondurre la fragilità nel cuore della fede, della preghiera e della speranza, della morte. Per questo diventano formative e per questo sono potenziali alleate nel discernere. Ogni persona umana vuole essere forte. Ci impegniamo a dimostrarci forti davanti agli altri. Eppure, ogni uomo si porta addosso le sue debolezze. E consumiamo molte energie, se vogliamo nascondere queste debolezze. Se, invece, ci riconciliamo con esse, la debolezza si trasforma in forza. Perché la debolezza ci rende sensibili per gli altri uomini e ci apre a Dio. La fragilità è condivisione delle attese e delle speranze degli altri, ed è antidoto alla tristezza e alla rassegnazione, e questo è confermato dalla stessa Bibbia (come declinato nella seconda parte del saggio). La fede e la speranza fanno parte della nostra vita, la fragilità dà un senso anche alle ore del dolore, dell'angoscia e della tristezza. Fragilità e debolezza, pertanto, possono divenire potenziali criteri da valorizzare nella formazione umana e paradigmi per l'esercizio del discernimento. Un testo pensato e scritto come un servizio al lettore per il tempo attuale: porsi di fronte a fragilità e debolezze per sperimentarle non come fine e chiusura, ma come uno spiraglio aperto verso la grazia di Dio.
È oggi una necessità la riscoperta dell'immagine pura che è veicolo di valori e di pietà. Si tratta dell'immagine significante al di là del tratto e del segno in opposizione ad un mondo che ne ha fatto l'espressione del futile e del vacuo come rappresentazione dell'attimo non impressionante legata ad un cavo o ad un satellite. Recuperare il senso dell'immagine, significa ridare a questa particolare espressione comunicativa il valore didattico-pedagogico che da sempre le è stato riconosciuto. Nel Libro secondo della Quarta Disputa Generale, La Chiesa Trionfante, per la prima volta in edizione critica e traduzione in italiano, Roberto Francesco Romolo Bellarmino (1542-1621) dialoga e si confronta con Giovanni Calvino (1509-1564), teologo riformatore, sulla opportunità di ritenere le immagini e le reliquie dei santi degne di venerazione, senza incorrere nel peccato di idolatria. Questo libro dà lo spunto per riflettere sull'attualità della tematica e sul quinto centenario del movimento protestante con la conseguente nascita delle Chiese Cristiane Riformate. Si tratta di «Un invito a ripercorrere insieme il cammino della tradizione della Chiesa indivisa per riesaminare alla sua luce le divergenze che i secoli di separazione hanno accentuato tra noi, onde ritrovare, secondo la preghiera di Gesù al Padre (Gv 17,11.20-21), la piena comunione nell'unità visibile» (Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Duodecimo espleto saeculo a concilio Nicaeno II, 4 dicembre 1987).
Il tema della preghiera nell’epistolario paolino ha conosciuto nel corso del tempo fasi alternate di studio e di eclissi. Recentemente molti studiosi hanno ritenuto opportuno classificare le menzioni di preghiere ricorrenti nelle sezioni iniziali delle lettere, e non solo, come semplici espedienti letterari in uso nelle lettere antiche, da cui l’apostolo avrebbe preso spunto. Lo studio offerto nel libro si propone, attraverso il contatto con alcuni testi scelti dell’epistolario di Paolo, confrontati con testi coevi profani, di comprendere il “possibile significato” che l’apostolo conferisce alle menzioni di preghiera disseminate in lungo e in largo nelle sue lettere. La domanda che fa partire la ricerca muove dalla questione aperta se tali menzioni siano effettivamente da considerare alla stregua di quelle che incontriamo nelle lettere profane del tempo, o se esse abbiano un rilievo nelle argomentazioni offerte dall’apostolo, ponendo attenzione al contesto in cui le stesse sono inserite. L’elemento di novità presente nel libro verte intorno alla constatazione che, come tipico di diverse argomentazioni dell’apostolo delle genti, ciò che egli comunica della preghiera è mediato dalla “personale” esperienza di vita che mette in gioco il suo retroterra culturale e religioso, riletto a partire dalla fede in Cristo, scardinando tutte le convenzioni sociali e scritturistiche del tempo, e facendo degli stessi “espedienti letterari” un’occasione per tramettere ciò che ha profondamente trasformato la sua vita. Pertanto il lavoro, pur attento ai dati esegetici e seguendo criteri scientifici, non è pensato per i soli addetti ai lavori, ma per avvicinare un pubblico vasto, nella speranza che quanto esposto possa aiutare il cammino
Un testo, coltivare il cuore, in continuità coerente e contestualizzante, con la proposta che ci vie- ne da tutta la Chiesa in preparazione al Sinodo Giovani, fede e discernimento vocazionale e si assume la responsabilità di tradurre in esperien- za regionale, cioè locale, quanto viene indicato come cammino propedeutico, come mentalità da rinnovare, come esperienza da raggiungere.
È scelta di linguaggio - prossimo, cioè di un parla- re, scrivere, riflettere in modo incarnato, a contat- to con la realtà e non semplicemente ribadendo i discorsi di sempre, principi teorici, importanti, ma lontani spesso dalla percezione reale dei no- stri giovani, e forse, anche dei nostri operatori di pastorale vocazionale. Ma il nostro testo contie- ne anche una sua nota specifica, locale, sempre sinodale, ma di quella di sinodalità che si compie come communio sanctorum nella terra-cielo di Sicilia.
Gesù di Nazareth è l’avvenimento-verità della storia e la sua può essere definita come una storicità assoluta o singolare. Questa determina, secondo Giovanni Moioli, la storicità paradossale del cristiano. Infatti l’esperienza che il cristiano vive nella storia è determinata dal riferimento ineludibile a un evento passato, di cui egli è costituito “memoria” nello Spirito. Tuttavia proprio la normatività e la definitività dell’evento Cristo conferiscono al cristiano anche il senso della relatività di questa storia e dischiudono davanti a lui l’orizzonte di un futuro che rappresenta il compimento delle promesse di Dio. Ciò fa del senso dell’escatologia un elemento discriminante dell’esperienza cristiana. Viene così a delinearsi la posizione paradossale del cristiano dentro la storia: egli guarda a Gesù di Nazareth come alla verità normativa della propria esperienza e di questi viene costituito “memoria” nell’oggi storico; allo stesso tempo egli vive nell’attesa di un futuro che non è sinonimo di ignoto ma ha i contorni del Dio di Gesù. Proprio per questo il cristiano è, contemporaneamente, “memoria” e “speranza”. Il percorso all’interno della «meditazione teologica» del Moioli si snoda, in questo volume, attorno a tre assi portanti: l’individuazione del nucleo incandescente del pensiero del teologo milanese nell’idea decisiva della “singolarità” di Gesù; l’instaurazione di un dialogo, attorno a questo nucleo, tra le due forme principali della teologia unitaria di Moioli, la teologia sistematica – in particolare la cristologia e l’escatologia – e la teologia spirituale; la messa a tema di un dato sensibile che accomuna le due forme della teologia moioliana e che fa emergere tutta la singolarità cristiana, ossia lo statuto storico della fede.
Un testo sul tema della carità è il coronamento opportuno come segno permanente dello sforzo dell’intera Diocesi di Aversa nel cammino di educazione alla carità. È un cammino, non un atto semplicemente: un percorso di dialogo, di messa in discussione delle proprie convinzioni, per fare della carità uno stile di vita, non un precetto soltanto. Ecco, quindi, che al termine dell’Anno Pastorale 2014/2015 dedicato alla carità, questo testo vuol essere una pietra miliare, indizio di un percorso ancora in fieri. Gli argomenti esposti nel testo non sono il risultato di una tavola rotonda, né hanno come scopo l’analisi dell’argomento sotto varie prospettive; sono soltanto provocazioni – nel senso etimologicamente più coinvolgente – ovvero un invito ad uscire fuori da sé per accogliere la prospettiva dell’altro, lasciandosi interpellare. “Accettare o meno il principio di carità – afferma il professor Villano nel suo contributo – significa porsi nell’alternativa tra interpretare e non interpretare”: una posizione di equilibrio tra il comprendere l’interlocutore e il lasciare che il mistero dell’altro rimanga inviolato. In questa prospettiva, si alternano riflessioni di carattere teologico e filosofico/speculativo (Bortone, Cumerlato e Villano), pastorale e didattico-pedagogico (Capezzuto, Nappa e Pirozzi), biblico (Ciccarelli) e letterario (Graziano), al fine di dare al contributo quell’ariosità di chi non propone contenuti, ma provoca discussione, anche a discapito della omogeneità strutturale del testo. L’augurio è che la lettura del te- sto sia di giovamento al lettore per la ricerca e la riflessione personale, e – perché no – per conoscere sempre meglio le risorse e gli sforzi della nostra chiesa particolare.
Attenzione: stai aprendo un libro "pericoloso". Sei proprio disposto a mettere in discussione tutte le tue certezze? Prima di aprire pensaci un attimo. E poi decidi. "Alex non volle dare peso all'avvertimento e, con atteggiamento spavaldo, aprì senza pensarci due volte e lesse..." Nel profondo di ogni uomo c'è una realtà intima che non possiamo né vedere né toccare, ma solo sentire. È il monastero interiore, un luogo che puoi raggiungere solo imparando ad ascoltarti nel silenzio... La cosa strabiliante è che questa "cantina" è abitata da Qualcun altro... questa persona ha un nome, si chiama Spirito. È come il vento, non lo vedi, non lo tocchi, ma c'è; e quando lo lasci agire non ti lascia come prima. Fermati, ascolta, entra dentro la tua cantina interiore e imparerai a gustare il soffio di Dio. Tu non sei solo, Dio ti abita dentro. Questo libro è per coloro che desiderano spiegare le vele e prendere il largo verso l'oriente, dove nasce il Sole senza tramonto. In compagnia di Alex, un percorso di liberazione dagli effetti dei vizi capitali verso un nuovo modo di intendere la vita.