La Lega Nord cresce nei voti e cala lungo la penisola, al di sotto del Po, in quelle che da sessant’anni sono note come le «regioni rosse». Paolo Stefanini ha battuto, provincia per provincia, gli ex feudi comunisti, dall’Emilia all’Umbria. Ha parlato con i dirigenti leghisti, si è confuso tra i militanti e gli elettori, tra le mamme orgogliose alle selezioni di miss Padania. Ha visitato le feste verdi che costellano gli Appennini, tra zucche, vino e castagne, tra stand e gazebo, strumenti primari della militanza, e ha registrato quell’humus culturale all’origine dell’irresistibile ascesa leghista. Avanti Po è la scoperta di un’Italia centrale inedita, è il racconto dei crolli improvvisi del consenso finora monolitico della sinistra, di un popolo impaurito dagli stranieri, dei sindaci indaffarati a inventarsi nuovi riti, degli attivisti che rivendicano il loro passato comunista, dei giovani che credono che il futuro sia di Bossi. In attesa delle elezioni regionali del 2010, la nuova sfida per il grande balzo del partito del Nord al Centro dell’Italia.
Dopo aver assistito al crollo delle torri gemelle nel 2001 e un anno prima della morte, Edward Said rivendica la possibilità di "criticare l'umanesimo in nome dell'umanesimo". In contrapposizione a un cosmopolitismo elitario e a una deriva nazionalistica chiusa su se stessa, Said rilancia un nuovo umanesimo che recupera la precisione filologica, l'interpretazione critica delle fonti, la sensibilità storica della tradizione umanistica europea, aprendosi al dialogo con culture distanti. Ripercorrere la storia della cultura con lo sguardo filologico significa per l'autore ricostruire gli intrecci e le condivisioni che caratterizzano i rapporti tra tradizioni diverse, sia pure nella conflittualità, come i rapporti tra mondo arabo, ebraico e cristiano. La filologia, come scienza critica della lettura, risulta quindi fondamentale per una conoscenza umanistica, in quanto antidoto contro lo stravolgimento dei testi sacri e profani quotidianamente operato dal linguaggio del potere e dei media. Inizialmente concepiti per il pubblico accademico, destinatario privilegiato di tutta la sua vita e principale referente del suo insegnamento umanistico, questi scritti presentano un viaggio affascinante fra i testi e le parole. Insieme ad alcune delle voci più autorevoli del dibattito critico-filologico del Novecento - Auerbach, Spitzer, Poirier - Said definisce i tratti di un nuovo umanesimo militante adeguato a una visione autenticamente universalistica.
Il discorso con cui John F. Kennedy inaugurò la propria presidenza è considerato uno dei momenti memorabili della politica americana e mondiale del Novecento. Proprio quando gli Stati Uniti temevano una nuova guerra e dovevano fronteggiare gravi problemi interni, parole come "non chiedete al paese ciò che può fare per voi, ma chiedetevi che cosa potete fare voi per il vostro paese" aprirono un nuovo corso storico e ispirarono un'intera generazione, infondendo nei cittadini speranza e ottimismo. Il libro è il resoconto dei giorni che precedettero il discorso d'insediamento alla Casa Bianca e degli sforzi del neoeletto presidente per trovare le parole giuste che esprimessero le sue grandi ambizioni.
Ultimo frutto di uno sforzo instancabile per far conoscere la questione palestinese nel mondo, questi saggi affrontano temi come la seconda intifada e il cosiddetto processo di pace (che Said definisce una sorta di "pace fast-food" sorretta da un "malevolo sentimentalismo"). L'autore condanna la guerra in Iraq e la "road map", progetto che non mira tanto alla pace quanto piuttosto alla pacificazione dei palestinesi. Spiega con chiarezza perché la reazione americana all'11 settembre ha ulteriormente destabilizzato il Medio Oriente, ma trova anche motivi di speranza: come la Palestinian National Initiative, organizzazione attivista di movimenti di base che condividono l'idea nascente di una democrazia, inaudita per le autorità palestinesi.