Il tempo in cui viviamo è stato definito dal filosofo e sociologo Zygmunt Bauman "modernità liquida": disgregato, instabile, precario e incerto. Di fronte alla nostra incapacità di afferrare e affrontare questo tempo, Bordoni propone il superamento del concetto di liquidità, in favore di una comprensione della società come "interregno", ovvero un periodo temporaneo di rottura col passato, in cui attendere la nuova era. Comprendere questo periodo, nella consapevolezza della sua instabilità e del degrado sociale che comporta, può aiutarci a fare le scelte giuste e trasformarsi nella possibilità concreta di vivere insieme, liberi ed eguali.
L'Apocalisse non è una fantasia distopica, non è una remota possibilità. L'Apocalisse è intorno a noi: è negli aggiornamenti quotidiani sulla pandemia, è nei video YouTube sullo scioglimento dei ghiacciai, è nelle conversazioni quotidiane sul futuro. È sui giornali, sul web e sui social. Ma cosa sta facendo, concretamente, l'umanità per evitare la fine? Mark O'Connell ha intrapreso un viaggio alla ricerca di risposte. Ha visitato i bunker di lusso costruiti in Sud Dakota. Ha partecipato ai raduni dei membri della Mars Society, convinti che l'unica possibilità sia colonizzare altri pianeti. Ha visitato la Nuova Zelanda, Paese che i tycoon della Silicon Valley hanno scelto come rifugio dal collasso sociale. E infine, si è recato a Chernobyl, il luogo dove l'Apocalisse è già avvenuta, e dove l'umanità è stata spazzata via e resa irrilevante: una visione di un possibile futuro. Il risultato è un libro brillante e sarcastico, ma anche molto intimo: da padre di due bambini, l'autore si domanda in che mondo i suoi figli dovranno abitare. Raccontare l'Apocalisse significa raccontare noi e il tempo in cui viviamo, significa immergersi nell'immaginario contemporaneo e descriverne le paure e le ansie, ma anche le speranze: secondo O'Connell, potremo sfuggire alla fine del mondo non costruendo una via di fuga personale, ma solo rinforzando le comunità che già esistono.
Relegate ai margini della lotta per il potere, che ruolo hanno oggi le donne nel mondo globalizzato? Come interpretano l'eredità del femminismo? Che definizione danno di sé? Un gruppo di ricercatori coordinati da Alain Touraine ha posto questi interrogativi a un gruppo di donne di varia estrazione sociale e diversa religione, ottenendone l'unanime risposta: «Io sono una donna, io costruisco me stessa in quanto donna attraverso la mia sessualità». Facendo leva sul loro appello alla specificità sessuale come punto di partenza del processo di costruzione di sé, Touraine individua nelle donne le protagoniste della rivoluzione culturale dominata dal «soggetto». Nello spazio liminare in cui è stata confinata dall'uomo, estraneo all'agone politico e alle tensioni sociali, la donna ha plasmato un modello di conciliazione di quegli opposti che l'universo maschile da un lato e il femminismo dall'altro avevano giudicato irriducibili: corpo e mente, privato e pubblico, religione e laicità, e, soprattutto, donne e uomini. Lo scontro tra determinismi e poteri sociali da una parte e rivendicazione del diritto ad avere diritti dall'altra si risolve in tal modo in un universo coerente di pratiche e riflessioni che antepongono alla conquista del mondo globale la costruzione di sé. In "Il mondo è delle donne" Touraine, coniugando l'indagine sul campo a una vasta ricognizione degli studi sull'argomento - dalle posizioni essenzialiste e deterministe alle acquisizioni del femminismo e del pensiero queer -, tratteggia un nuovo modello sociologico: il mondo delle donne.
Ogni giorno decine di migliaia di persone muoiono di fame. Quasi sempre sono vittime dell'unico imperativo che i nuovi padroni del mondo - banchieri, speculatori di borsa, dirigenti di multinazionali - conoscono: il profitto senza regole. È una strage silenziosa che si consuma in un pianeta che potrebbe sostenere il doppio dell'attuale popolazione mondiale. Jean Ziegler mette a nudo i peccati della globalizzazione: le crisi economiche in Sudamerica, la devastazione della Nigeria, le banche delle Bahamas dove si mescolano capitali legali e denaro sporco. Ma il mondo non è ancora del tutto privatizzato e il sociologo tedesco dà voce a una larga parte della società civile che si oppone alle nuove oligarchie in nome della dignità umana.
Lo sapevi che la barba prima di diventare di moda era roba da tipi loschi? Una volta era sfoggiata solo da assassini e pirati, poi ai soldati inglesi della Guerra di Crimea fu permesso di farla crescere per proteggersi dal gelo della penisola russa; tornati in patria, la trasformarono in un simbolo di coraggio e virilità. Lo sapevi che in passato i guanti potevano esprimere sentimenti opposti? Gli uomini li usavano per schiaffeggiare gli avversari, come insulto o invito al duello, mentre le donne li lasciavano cadere per sedurre gli spasimanti; gli aristocratici ne scambiavano paia ricamate o decorate da gioielli come regali, ma potevano anche usarli per avvelenare i rivali come nel Massacro di Parigi di Marlowe. Lo sapevi che le graffette sono state strumento prima di libertà e poi di oppressione? Durante l'occupazione nazista della Norvegia erano impiegate dai cittadini come simbolo di resistenza, mentre durante la Guerra fredda tenevano insieme i dossier della Stasi nella Germania Est. Lo sapevi che i buchi in età moderna servivano sia per scoprire sia per occultare? Attraverso buchi nei muri si smascheravano congiure e relazioni proibite; i «buchi per preti», invece, sono stati i nascondigli usati dai cattolici inglesi per salvarsi dalle persecuzioni religiose. Siamo abituati a considerare il passato come una sequenza lineare, precisa e magari un po' noiosa di avvenimenti, date e personaggi; ma in realtà la storia è fatta di persone e animali, oggetti e gesti quotidiani legati tra loro in modi del tutto inattesi. Sam Willis e James Daybell intrecciano sapientemente questi fili e svelano la storia nascosta delle cose - le trame che collegano episodi comuni ed eventi memorabili, periodi e luoghi apparentemente molto lontani. Storia imprevedibile del mondo è un viaggio eclettico e affascinante alla scoperta di questo labirinto: perché non si può raggiungere alcuna meta se non ci si sa perdere almeno un po'.
Relegate ai margini della lotta per il potere, che ruolo hanno oggi le donne nel mondo globalizzato? Come interpretano l'eredità del femminismo? Che definizione danno di sé? Un gruppo di ricercatori coordinati da Alain Touraine ha posto questi interrogativi a un gruppo di donne di varia estrazione sociale e diversa religione, ottenendone l'unanime risposta: "Io sono una donna, io costruisco me stessa in quanto donna attraverso la mia sessualità". Facendo leva sul loro appello alla specificità sessuale come punto di partenza del processo di costruzione di sé, Touraine individua nelle donne le protagoniste della rivoluzione culturale, dominata dal "soggetto". Nello spazio liminare in cui è stata confinata dall'uomo, estraneo all'agone politico e alle tensioni sociali, la donna ha plasmato un modello di conciliazione di quegli opposti che l'universo maschile, da un lato, e il femminismo, dall'altro, avevano giudicato irriducibili: corpo e mente, privato e pubblico, religione e laicità, e, soprattutto, donne e uomini. Lo scontro tra determinismi e poteri sociali, da una parte, e rivendicazione del diritto ad avere diritti, dall'altra, si risolve, in tal modo, in un universo coerente di pratiche e riflessioni che antepongono alla conquista del mondo globale la costruzione di sé; un universo in cui il velo può convivere con l'ascesa professionale, un credo profondo non esclude l'adesione a costumi laici, la tradizione sa sposare la modernità.
Che cos'è il silenzio? È l'assenza di qualunque suono? È una mera astrazione del pensiero, o forse - come scrisse José Saramago - solo il silenzio esiste davvero? Nel silenzio possiamo riordinare i pensieri scossi dalla frenesia della quotidianità, trovare pace dopo aver subito delusioni o prevaricazioni; ma possiamo anche vivere l'angoscia dell'attesa, l'inquietudine dell'ignoto, lo spettro della solitudine. Il silenzio dei vili può coprire nefandezze e sopraffazioni, ma il silenzio dei forti può essere un gesto di estremo coraggio, di fiera opposizione alle lusinghe e alle minacce del potere. Mentre oggi la scienza pone in dubbio la sua reale esistenza, autori come Shakespeare, Sterne, Twain, Poe e Rilke, artisti come Rothko e Duchamp, e musicisti come Cage si sono interrogati sul significato del silenzio e sulla sua rappresentazione nella letteratura e nell'arte. E proprio nella varietà e contraddittorietà delle risposte risiede il grande fascino del silenzio, che John Biguenet restituisce in questo libro indagandone le mutevoli e variegate sembianze: premio o punizione, arma letale o strumento di resistenza, vuoto da riempire o sensazione di pura pienezza, bene di lusso o disturbo da evitare. In un mondo che procede febbrile, snervante e caotico, sempre più spesso il silenzio sa esprimere meglio delle parole le passioni umane, dalle più esaltanti e virtuose alle più tristi: con prosa lieve e cultura sconfinata, Biguenet ci ricorda che inseguirne il fragile, utopico incantesimo è oggi il modo migliore per prenderci cura di noi stessi.
Ogni re che vuole dimostrarsi mio pari vada dove io sono andato»: con queste parole Sargon il Grande più di quattromila anni fa conquistava le città della Mesopotamia e uni cava il mondo in un unico territorio che andava dai monti dell’Anatolia al Golfo Persico. Da quel momento la storia dell’umanità è stata segnata dall’ascesa e dalla caduta dei grandi imperi, che hanno impresso la loro impronta su cambiamenti epocali, rivoluzioni, guerre e trattati di pace.
Paul Strathern ne ripercorre le vicende dalla dinastia di Akkad al dominio globale degli Stati Uniti, raccontando l’Impero romano, le conquiste dei mongoli, la Cina della dinastia Yuan, i califfati arabi, l’impero marittimo del Regno Unito. Attraverso i secoli l’organizzazione degli imperi si è modificata di pari passo con la concezione del potere, evolvendo da un puro e semplice dominio territoriale, alimentato dalle conquiste militari, alla capacità di in uenzare le politiche degli stati vicini, no ad arrivare a potenze economiche in grado di spostare gli equilibri su scala mondiale.
Ogni incarnazione della forma impero descritta da Strathern è stata accompagnata da valori etici, politici e religiosi peculiari, di volta in volta presentati alle masse come i migliori e i più desiderabili, ma connotati anche dalla violenza e dallo sfruttamento dei popoli conquistati. Storia del mondo in dieci imperi attraversa quattro millenni di trionfi e sconfitte, dai campi di battaglia europei ai porti dell’Oriente, dalle steppe dell’Asia agli altipiani dell’America del Sud, e ripercorre la nostra storia grazie ai grandi imperi in cui si rispecchiano, nel bene e nel male, le vicende di tutta l’umanità.
Da sempre l’umanità ha desiderato la pace, da sempre l’ha considerata lo stato ideale cui aspirare: filosofi e poeti ne hanno cantato le lodi, sovrani e imperatori si sono vantati di aver trasformato le proprie terre in regni prosperi e pacifici. Eppure, se osserviamo la nostra storia, la realtà è stata assai diversa: la violenza ci ha accompagnati fin dal sorgere delle prime civiltà e tutti gli imperi del passato, da Roma alla Cina, hanno combattuto per gran parte della loro esistenza. Nel corso dei secoli ogni società umana, dal più piccolo villaggio al più grande stato nazionale, ha dovuto decidere come considerare i propri vicini: se alleati, potenziali nemici o avversari dichiarati.
Jonathan Holslag ripercorre in un unico, monumentale volume tre millenni di storia, dall’Età del Ferro ai nostri giorni, narrando la nascita delle prime città stato, la trasformazione di piccole entità politiche in grandi potenze, l’ascesa e la caduta degli imperi dal Mediterraneo al Medio Oriente, dal subcontinente indiano all’Asia orientale. Con il respiro delle grandi narrazioni epiche, Holslag rivela la complessa rete di elementi che da sempre hanno influenzato le relazioni internazionali: la posizione geografica, le tratte commerciali, il controllo amministrativo e militare dei territori, la propaganda e l’uso politico della religione, oltre alle arti della diplomazia e della guerra, delle tregue e dei tradimenti.
Storia politica del mondo non è solo l’affascinante racconto della lunga strada che ha condotto l’umanità fino al presente: è il testo essenziale per chiunque voglia capire a fondo l’origine dei conflitti tra i popoli che tuttora insanguinano la nostra convivenza sul pianeta. Un’opera che rivoluziona la nostra prospettiva sul passato e sul presente; una storia che nessuno oggi dovrebbe ignorare
Jonathan Holslag è professore di Politica internazionale all’Université libre di Bruxelles e al Nato Defense College di Roma. Tra le sue opere ricordiamo Trapped Giant: China’s Military Rise (2011) e The Silk Road Trap: How China’s Trade Ambitions Challenge Europe (2019).
C'era una volta un mondo in cui al mattino ci si alzava per andare al lavoro, alla sera si usciva a bere una birra con gli amici e quando si era vecchi si passava il tempo a guardare la televisione. Ripetitivo? Rassicurante? Comunque sia, il mondo di una volta presto non esisterà più.
La realtà in cui viviamo sta mutando giorno dopo giorno: piccoli cambiamenti impercettibili, che a breve si trasformeranno in un capovolgimento radicale del nostro modo di stare al mondo. Quello che ci aspetta é un futuro in cui i robot lavoreranno nelle fabbriche, costruiranno le nostre case e si prenderanno cura dei malati e delle persone sole, mentre noi ci dedicheremo ai lavori creativi, grazie a esoscheletri e protesi sofisticate resteremo attivi anche in tarda età. Un futuro in cui megalopoli congestionate diventeranno serre e orti urbani e noi potremo viaggiare dalla Spagna alla Cina senza passaporto e senza soldi. Un futuro in cui mobili e altri oggetti d'uso saranno stampati in 3D e riciclati dopo mentre edifici e vestiti saranno realizzati in materiali intelligenti che si adatteranno all’'ambiente cambiando forma e colore a seconda della stagione.
2030 d.C. é una guida dettagliata e immaginifica per prepararci al futuro senza paura: Mauro F. Guillén disegna la mappa con cui orientarci attraverso le sfide che ci attendono, descrivendo i cambiamenti più radicali del prossimo decennio, spiegando come anticipare le tendenze che diventeranno parte della nostra vita quotidiana e invitandoci a leggere le incertezze dell’avvenire come nuove possibilità.
Virginia Woolf (1882-1941) è diventata nel corso del secolo una vera e propria icona in tutto il mondo. La sua leggenda, intrecciata a quella dell'eccentrico gruppo di Bloomsbury, è stata spesso interpretata a partire dal suicidio, un ultimo gesto che finisce per oscurare la vitalità delle sue opere. Il contributo critico di Liliana Rampello capovolge tutte le interpretazioni fin qui consolidate, rendendo esplicita una ricerca esistenziale che si può ritenere uno degli esempi più riusciti di pensiero poetico fondato sull'amore per la vita. Rileggendo l'intera opera di Virginia Woolf l'autrice si rivolge non solo agli studiosi ma soprattutto a tutti i lettori della scrittrice. Liliana Rampello insegna Estetica all'Università di Bologna.
Virginia Woolf (1882-1941) è diventata nel corso del secolo una vera e propria icona in tutto il mondo. La sua leggenda, intrecciata a quella dell'eccentrico gruppo di Bloomsbury, è stata spesso interpretata a partire dal suicidio, un ultimo gesto che finisce per oscurare la vitalità delle sue opere. Il contributo critico di Liliana Rampello capovolge tutte le interpretazioni fin qui consolidate, rendendo esplicita una ricerca esistenziale che si può ritenere uno degli esempi più riusciti di pensiero poetico fondato sull'amore per la vita. Rileggendo l'intera opera di Virginia Woolf l'autrice si rivolge non solo agli studiosi ma soprattutto a tutti i lettori della scrittrice. Liliana Rampello insegna Estetica all'Università di Bologna.