Compare, in questo volume morbido come un Notturno, una citazione di Attilio Bertolucci. Una volta tanto, i versi che poi disegnano il libro lo popolano di memorie e visioni quiete, preserali, dimostrano docilmente, per forza naturale, la loro discendenza dal quieto ed enigmatico Maestro, nella loro natura fluttuante, inafferrabile e dolcemente rievocante. Una volta tanto, perché Bertolucci è modello incompreso anzi frainteso da molti che si sentono onestamente nella sua scia, fermandosi poi al minimo della sensazione, al palpitare d'ala di farfalla, senza percepirne il ritmo lunare, la fintamente dimessa magia subliminale. Marco Vitale, che ha un background vasto, internazionale, è troppo sottilmente avveduto per non sapere che esiste una poesia apparentemente meditativa, crepuscolare, che invece dilata metafisicamente la dimensione dell'ombra, l'angoscia del tramonto, il sogno platonico della rinascita del sole, definitiva, oltre il flusso fenomenico e il triste divenire, domani, oltre, altrove: tre parole innominate in Canone semplice, quanto agognate. Morbido come velluto, il suo verso manifesta una vocazione poetica sicura e personale quanto sfuggente a ogni tentativo di catalogazione: non crepuscolare ma piena di attesa tremante, non meditativa ma immobilmente meditante: "E niente, niente che non avesse/ il peso di una neve/ benefica o una carezza/ tra il marciapiede e le stelle". (Roberto Mussapi)
"Rafanelli qui manifesta la metamorfosi di una poesia che pur conservando il suo inestinguibile cuore lirico, diremmo il suo combustibile, assume contemporaneamente, in modo non vistoso ma profondo, la forma cangiante, fluente del poema, recupera insomma il racconto. Intendo non il poema in senso stretto, ma un mutamento di passo rispetto alla lirica pura, la subliminale congregazione delle parti in un lucido e visionario racconto, in un dettato drammatico e anche sottilmente drammaturgico." (Roberto Mussapi)
La pagina di Patrizia Giovannoni è una mappa, i suoi versi svelano un ordito avventuroso ed enigmatico come le trame di un tappeto persiano: in questo senso il titolo esprime pienamente il senso profondo di questo libro visionario e rivelante. La lingua dell'autrice inscena un dramma di viaggio e sogno che svela il dilemma originario della poesia, lo slancio a una rappresentazione, complessa e semplice come un fiore, della realtà del mondo.
Marina Corona è nata a Milano nel 1949. Ha vinto nel 1990 il Premio Internazionale Eugenio Montale per la sezione "Inediti". Ha pubblicato il volume "Le case della parola" e il libro "L'ora chiara". Cura cicli di poesia e presentazioni di poeti presso la Casa della Cultura di Milano.
La poesia di Marco Massimiliano Lenzi rappresenta una doppia rivelazione: in primo luogo quella di un poeta importante, di valore indiscutibile, giunto alla prima pubblicazione di peso in età non giovanissima. La seconda rivelazione è forse ancora più significativa, perché il libro di Lenzi (fusione di canzoniere e poema, frutto di scaldica conoscenza del libro attesta l'esistenza di una linea etrusca della poesia italiana maturata negli ultimi lustri del Novecento, sotto i fari di Luzi, Bigongiari, peraltro diversissimi fra loro, con le opere di Ceni, Carifi, anch'essi lontanissimi l'uno dall'altro per cifra e stile, ma affini in una particolare tensione morale.
"Auspico una crescita di oggettivazione per questa poesia, e l'oggettivazione in poesia è azione, dramma, sensous thought, ma intanto ne registro la riuscita fedeltà al compito di un poeta: suscitando un mondo toscano non paesaggistico ma immaginale (il faro Luzi, il faro Cavalcanti con il suo ardere aspro e devastante, le mute e parlanti visioni di Pinocchio, una Toscana lucidamente onirica, hillmanniana accanto alla metafisica silente di Carrà e De Pisis), il poeta, alla fine, ci fa quasi dimenticare il tema per la fiamma azzurra con cui lo attacca e attraversa, e ci lascia feriti e speranti." (Roberto Mussapi)
Questo libro è una raccolta di poesie di Silvio Ramat. Fiorentino di nascita, l'autore insegna dal 1976 letteratura italiana contemporanea nell'Università di Padova. La sua attività di studioso è stata premiata nel 2001 dall'Accademia dei Lincei.
Energia e pianto, preghiera e urlo, invocazione e canto si fondono nella poesia di Giovanna Sicari che ci mostra come la poesia sia inscindibile dalle sue origini drammatiche, mantenendo la semplicità di chi è capace di forti emozioni.