La filosofia della mente e una disciplina relativamente giovane, ma erede di una lunga tradizione cominciata con il pensiero greco e segnata dalle linee tracciate da Platone, Aristotele e Democrito. I temi classici del rapporto tra mente e corpo e tra coscienza e intenzionalità sono un campo sempre più vivo e centrale della riflessione filosofica e oggetto di un dibattito fecondo, soprattutto in ambito analitico. In dialogo con le acquisizioni della ricerca in psicologia empirica e con i dati sul funzionamento del sistema nervoso provenienti dalle neuroscienze cognitive, la filosofia della mente costituisce uno snodo chiave delle scienze dell'uomo. Questa introduzione si propone di illustrarne i concetti e le teorie principali, con un approccio rigoroso che permette di avere una panoramica ricca e precisa e ne fa uno strumento d'ingresso ideale per i neofiti ma anche di sintesi per gli specialisti.
«Non facciamo finta di dubitare in filosofia di ciò di cui non dubitiamo nei nostri cuori» (C.S. Peirce, Alcune conseguenze di quattro incapacità) «Nella seconda edizione della Critica della ragion pura c'è un celebre passo, molto importante, nel quale Kant dice che l'"Io penso" - Das Ich Denke - deve accompagnare tutte le sue idee, "altrimenti esse non mi apparterrebbero davvero". Per quel che mi riguarda, non ritengo le mie idee mia proprietà privata; pensavo invece che fossero della Natura e che appartenessero al suo autore. [...] ciò che sempre accompagna virtualmente un argomento non è l'"Io penso", ma è: "Non pensi?"» (C.S. Peirce, Manoscritti 636, 24-26)
La nuova edizione di un classico che costituisce ancora un modello nel cammino della filosofia. «Un testo chiaro e agile [...], ma egualmente rigoroso e ben strutturato nell'impostazione, che risulta sistematica, cioè organica, ma non rigida e men che meno dogmatica, come si potrebbe temere da un breve manuale, per di più di ispirazione scolastica. In effetti, questo testo conserva le caratteristiche che ormai lo hanno reso [...] un vero classico e che condivide con altri studi di Sofia Vanni Rovighi, sia quelli dedicati alla storia della filosofia, sia, soprattutto, quelli in cui si argomenta una prospettiva teoretica». (Michele Lenoci)
Non semplice, ma letteralmente affascinante è la ricognizione di quel continente vastissimo e in espansione che è la filosofia contemporanea, i cui confini, in questi ultimi cento anni, troviamo segnati da "città" e "presidi" filosofici caratterizzati da un lato dai più svariati legami con pensatori antichi e moderni, e dall'altro solo rarissimamente privi di dispute interne, talvolta in reciproci rapporti di felici contaminazioni, più spesso animati da duri contrasti basati su progetti alternativi di ricerca. E se l'osservatore ansioso di certezze sarà inizialmente sopraffatto da una sensazione di disorientamento in una inestricabile torre di Babele, una più matura riflessione lo renderà convinto del fatto che unicamente nel contrasto tra più voci, proprio nella torre di Babele, i filosofi mettono a prova la validità delle loro proposte, dando così vita e forza a quella ineludibile ricerca filosofica il cui fine, come ha detto Isaiah Berlin, è sempre lo stesso: «Consiste nell'aiutare gli uomini a capire se stessi e quindi a operare alla luce del giorno e non, paurosamente, nell'ombra».
La famiglia, così come s'è venuta costruendo nella modernità, appare in crisi per motivi sociali e culturali: da luogo di formazione di individui che si riconoscono in una continuità generazionale è diventata spazio di conflitti dove si smarriscono le identità dei figli e dei genitori. Una trasformazione su cui la filosofia ha a lungo riflettuto - da Kant a Hegel, alla Scuola di Francoforte... - e i cui momenti essenziali sono qui ricostruiti con cristallina chiarezza. Ma la famiglia - nella sua essenza, di educazione al mondo - non resta un ideale necessario per qualsiasi società? Una domanda che l'autore declina dal punto di vista del personalismo, mostrando una tensione etico-religiosa nella vita famigliare che si fonda sulla libertà della persona. Libertà che è il fondamento stesso della famiglia, con i rischi che la libertà porta con sé. Un rischio che è l'eredità imprescindibile della tradizione cristiana e che la pone all'altezza delle sfide, inedite, del presente.
La pedagogia e la filosofia sono sepolte dalla cenere di molte morali astratte e di troppe istruzioni per la felicità. Il valore simbolico del fondamento dell'educare, della procreazione e della generatività ci consente invece di restituire dignità al sentimento dell'esperienza e alla sensibilità. La Paideia occidentale, fondata dai greci sulla forza di un modello competitivo di vita e sulla tensione tra i corpi e le idee, nella cultura moderna si è dematerializzata in un'ambizione di conoscenza che ha assolutizzato il soggetto pensante ma ha reso anonimo e manipolabile il soggetto senziente. Le nuove scienze mostrano l'artificialità della scissione tra pensiero e vita, tra corpo e mente, e la storia delle idee rivela che la bellezza e la morale hanno una radice comune nella percezione di esistere che l'uomo pone alla base di ogni giudizio e di ogni scelta. L'est-etica dell'educare è assenso al creato e alla vita e resiste a tutte le pretese di fissare una forma perfetta di umanità e un unico modello di educazione.
Questo libro si propone come invito a una lettura critica e attiva di Kant. Il suo intento non è tanto quello di offrire un'esposizione completa degli scritti del filosofo, quanto piuttosto di proporre un percorso possibile, attraverso le sue opere principali, senza negare la problematicità e la complessità del suo pensiero. L'idea che lo anima è quella di provare a presentare la filosofia kantiana non come un porto sicuro, nel quale trovare un approdo tranquillo o, peggio, come un relitto del passato, ma come un'avventura del pensiero, un pensiero ancora vivo, vivo anche perché fa riflettere. È innegabile che Kant abbia segnato una svolta fondamentale nella storia del pensiero, ma questo non vuol dire che dobbiamo farne un monumento, tutt'altro, e neppure che dobbiamo accettare in blocco le sue soluzioni; perché, come dice giustamente Wilhelm Windelband, capire Kant vuol dire andare oltre Kant . Però bisogna fare la fatica di capirlo e di studiarlo a fondo. Se la lettura di questo testo facesse sorgere il desiderio di leggere direttamente le opere di Kant, avrebbe ottenuto pienamente il suo scopo.
Buona parte della filosofia politica moderna, da Machiavelli fino a Hegel e poi ancora al '900, pensa il popolo secondo i criteri di un razionalismo astratto. E così il popolo, anche in teorici della democrazia, finisce per diventare una "finzione": se ha realtà, è solo quella del pensiero. I risultati sono stati due. Da un lato, a questo popolo fantastico si è affidata la sorte dell'emancipazione facendone un soggetto collettivo della salvezza: in tal senso, c'è un filo rosso che collega Robespierre a Marx e a buona parte del pensiero rivoluzionario del '900. Dall'altro, quando si è denunciata la pericolosità di queste concezioni del popolo, si è arrivati, per un eccesso di realismo, al polo opposto, affermando che il popolo non esiste e che è sempre stato il prodotto di un pensiero ideologico. Da cui l'invito a convincersi che anche la democrazia non è né potrà mai essere "governo del popolo", ma governo di élite in competizione per il voto. C'è un'alternativa a questi due estremismi che ci condannano, rispettivamente, all'illusione o all'apatia? In gioco è il futuro della democrazia.
L'arte, la politica, l'educazione, la fede. Le riflessioni di un testimone della crisi della modernità, per rilanciare un approccio integrale all'uomo, condiviso da laici e cattolici, senza sincretismi né compromessi. "La crisi economica mostra la vanità dell'idea di progresso in se stessa, non è vero che si dia un progresso illimitato e infinito. L'idea di progresso è stata l'ultimo tentativo laico di costruire un paradiso affidato alla tecnica... è in crisi profonda per via di quell''eccedenza' umana nella quale c'è anche il dolore: il dolore non si può eliminare".
Pensieri e racconti di vita, il percorso personale di una delle maggiori filosofe italiane e la storia del secondo Novecento. Un dialogo utile per uscire dalle immagini stereotipate del movimento delle donne, comprendere lo spessore politico e filosofico del femminismo della differenza e intravedere un'altra pratica dei rapporti tra i sessi, anche all'interno della vita della Scuola. Le riflessioni di Luisa Muraro riaprono alcuni discorsi troppo affrettatamente chiusi, tra cui quello sul rapporto tra la ricerca femminile (e maschile) della libertà e della felicità e la possibilità di usare ancora la parola "Dio". «Il mondo è fatto di relazioni e se pratichi rapporti dove non domina il tornaconto, se dai vita a relazioni in cui trovi il modo di restare fedele a te stesso, agli altri e a ciò che accade, allora stai già partecipando alla trasformazione del mondo».
«Obbedite ai poteri. Se ciò vuol dire "cedete alla forza", il precetto è buono ma superfluo e posso assicurare che non sarà mai violato. Ogni potere viene da Dio, lo riconosco; ma anche ogni malattia viene da lui. Ciò significa che è vietato chiamare il medico? Supponiamo che un brigante mi sorprenda nel passaggio di un bosco: non solo bisogna per forza che gli consegni la borsa, ma, nell'eventualità che potessi sottrargliela, sarei in coscienza obbligato a dargliela ugualmente? Perché, in ultima analisi, la pistola che ha in pugno è anch'essa un potere. Riconosciamo, dunque, che la forza non fa il diritto e che si è obbligati a obbedire solo ai poteri legittimi.» (Du contrat social, I, 3)
«Se una teoria filosofica non fosse altro che un'assunzione isolata intorno al mondo, proposta con un "prendere o lasciare", senza alcun cenno a un suo nesso con qualsiasi altro oggetto, essa risulterebbe effettivamente al di là di ogni discussione. Ma lo stesso potrebbe dirsi anche di una teoria empirica. Se qualcuno si presentasse con le equazioni di Newton o anche con i suoi stessi ragionamenti, senza spiegare prima quali erano i problemi che la teoria intendeva risolvere, non saremmo in grado di discuterne razionalmente la verità - non più di quanto possiamo fare circa la verità di un libro dell'Apocalisse».