Confucio (551-479 a.C.) non è soltanto uno dei più influenti pensatori nella storia dell’umanità.
È anche una piacevole lettura. Non è noioso. Fa riflettere, istruisce, è ironico. È bello ascoltarlo, leggere i testi che si ispirano al suo insegnamento. Ha una visione del mondo molto “cinese” ma anche molto umana, cioè universale. Lo stile è particolare, potremmo definirlo “asiatico”, non come stereotipo ma come caratteristica di una cultura. Nessun sillogismo, molte cose suggerite indirettamente, riferimenti a persone particolari per presentare un insegnamento universale, umilianti critiche ai nemici. Una profonda attenzione alle relazioni sociali, una mancanza assoluta di quella che in Occidente fu chiamata “metafisica”.
Appena arrivati in Cina, alla fine del ’500, i Gesuiti capirono che Confucio è troppo importante per permettersi di non conoscerlo. Lo studiarono per capire meglio la cultura cinese. Poco dopo decisero di presentare Confucio al mondo occidentale usando il latino. Questo è stato il primo incontro tra l’insegnamento di Confucio e l’Europa. Accadde attraverso il linguaggio di Cicerone e della Vulgata, e fu un momento storicamente significativo. Il latino è la lingua dell’antica saggezza occidentale. Il primo incontro tra saggezza cinese e storia europea è stato mediato dal latino, il linguaggio della saggezza per eccellenza.
Ora il testo latino e la traduzione italiana gettano luce su questo testo importantissimo; per il suo contesto, perché oggi la Cina e il mondo scoprono che forse pensavano di conoscersi, mentre il cammino iniziato secoli fa è ancora lungo; per la lingua, perché il latino è forse più importante nell’era di Google di quanto lo fosse 50 anni fa; per i contenuti, perché c’è nel mondo una disperata ricerca di sapienza. La nostra traduzione del testo latino di Ruggieri comprende i primi tre libri, i più importanti: I Dialoghi; Il Grande Studio; La Dottrina del Giusto Mezzo.
Il manoscritto qui trascritto e tradotto è rimasto per quattro secoli in una biblioteca. Ora è accessibile, non solo a studiosi ma anche a studenti e in generale a un pubblico più vasto che ama il latino e allo stesso tempo vuole avvicinarsi alla cultura cinese. Cultura classica occidentale e millenaria tradizione orientale si incontrano in queste deliziose pagine di saggezza.
La religione – aldilà dell’«immaginario popolare» che la pensa come un qualcosa proveniente da Dio – è anzitutto un prodotto umano e, perciò, i profondi cambiamenti antropologico-culturali moderni ci obbligano necessariamente a ripensarla. E ancor di più: possiamo addirittura parlare di «perdita di umanità» in base al divario esistente tra lo stato di coscienza dell’essere umano contemporaneo e un’esperienza e cultura religiose, tante volte, preoccupate di custodire tradizioni cariche di forme sempre più (letteralmente) incomprensibili, quando non ostacolate dal peso di istituzioni in gran parte ancora sacralizzate. Tuttavia il significato della religione, in definitiva, è legato al suo rapporto con la trascendenza e alle credenze che comporta; ma questo libro volutamente prescinde o mette tra parentesi ambedue gli aspetti. Si tratta, dunque, di studiare la «situazione» in cui ci muoviamo, di definire la «religione» ed interpretare l’esperienza religiosa e, infine, di ripensare e ricostruire tutto alla luce dell’«umanizzazione». Si arriva così, da una parte, alla costruzione di una definizione di religione basata su tre aspetti fondamentali: 1/ Fatto umano; 2/ Esperienza di senso; 3/ Prassi di autotrascendenza; dall’altra, ad una interpretazione dell’esperienza religiosa appoggiata ugualmente su una triplice argomentazione: 1/ Ricerca degli elementi fondamentali dell’«intendimento possibile» circa il significato della religione nell’esistenza umana; 2/ Reperimento della base fenomenologica che giustifica la pertinenza dell’idea di religione; 3/ Verifica ermeneutica della dimensione religiosa, cioè, interpretazione della comprensione religiosa della vita. Infine, conferire senso per superare la contingenza è la chiave indispensabile per ricostruire l’umanità della religione; progettare poi l’esperienza religiosa in questa prospettiva chiama esplicitamente in causa l’educazione.
José Luis Moral, attualmente professore straordinario nella Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, è stato Direttore dell’Istituto Superiore di Teologia «Don Bosco» di Madrid e della rivista di pastorale giovanile «Misión Joven». Alcune delle sue ultime pubblicazioni: Ciudadanos y cristianos. Reconstrucción de la Teología Pastoral como Teología de la Praxis Cristiana (Madrid, 2007); Giovani senza fede? Manuale di pronto soccorso per ricostruire con i giovani la fede e la religione (Leumann, 2007); Giovani, fede e comunicazione. Raccontare ai giovani l’incredibile fede di Dio nell’uomo (Leumann, 2008); Giovani e Chiesa. Ripensare la prassi cristiana con i giovani (Leumann, 2010).
Una problematica di fondamentale interesse storico-religioso è quella dei processi di trasformazione che, in una dialettica complessa di sostituzione e di utilizzazione di elementi, risemantizzati in un nuovo contesto religioso, segnano la fase decisiva della storia culturale del mondo tardo antico, in cui si compie il confronto fra le tradizioni religiose del mondo mediterraneo a struttura politeistica e il nuovo messaggio cristiano.
La questione è assai complessa e non può essere posta in maniera semplicistica in termini di «derivazione» e di «influssi», neppure in quei casi – come quello dei culti terapeutici tradizionali da una parte, e dall’altra le varie forme di pratiche di guarigione e miracoli connessi al culto di martiri e santi – in cui le analogie nelle modalità rituali e negli effetti pratici appaiono assai forti. Si pensi all’utilizzazione sempre più ampia della pratica dell’incubazione nei martyria e nelle chiese dedicate ai vari santi-medici, di cui è indubbia l’origine «pagana» – nei culti di Asclepio in particolare, ma anche in numerosi altri affini – e all’uso di sostanze varie per ottenere la guarigione.
All’indagine di questo quadro storico, in cui continuità e discontinuità coesistono e le diverse identità religiose e culturali, nella persistenza degli elementi peculiari di ciascuna, si modellano e si trasformano nel contatto e nel confronto reciproco in processi di lunga durata, è stato finalizzato il progetto del Convegno Internazionale su «Asclepio e Cristo. Culti terapeutici e taumaturgia nel mondo mediterraneo antico: fra pagani e cristiani», svoltosi ad Agrigento il 20-21 novembre del 2006, nell’ambito delle attività scientifiche dell’Accademia di Studi Mediterranei, di cui si pubblicano gli Atti.