La virgola e il punto fermo hanno fagocitato il punto e virgola e i due punti. I catastrofisti dicono che rimarremo solo con il punto (o 'soli con il punto'): più che una scrittura telegrafica è un ritorno al telegrafo. Eppure, con una sola virgola ben messa si può illuminare una pagina. Allora, cosa si può e cosa non si può fare con questi segnetti meravigliosi? E soprattutto: come li hanno usati gli altri, quelli bravi e molto più autorevoli di noi? Questo libro tenta di fare chiarezza. Con semplicità e metodo, e la guida di mirabili scrittori, racconta gli usi corretti ed errati di virgola e punto e virgola, a partire da casi reali tratti da romanzi, saggi, articoli. Incontreremo autori che usano la punteggiatura in modo automatico e naturale, come se fosse il respiro del testo; altri che la usano come un'arma, come manifesto estetico ed esistenziale. Affronterete le incertezze della vostra punteggiatura, ad una ad una, anche quelle che non sapevate di avere. Sfideremo gli 'atroci dubbi', eviteremo le trappole, disinnescheremo le mine - con leggerezza e senza paura di sbagliare, perché la creatività ci permette di allargare i confini delle norme. Provate a tirare l'elastico: che i vostri segni-lucciola diventino fari per illuminare le vostre idee. Pronti a rifare la punta alla punteggiatura?
Che cosa si intende con il termine ‘postverità’? C’è chi lo utilizza per indicare una modalità di comunicare in cui i fatti oggettivi sono meno rilevanti rispetto alle emozioni e alle convinzioni. Altri lo usano per indicare informazioni volutamente e coscientemente false. Quel che è certo è che parlare di postverità coglie un cambiamento importante propiziato dai media almeno dagli anni ’90. Ormai da molto tempo, infatti, i reality show, i talent, la real tv hanno reso più debole l’idea di realtà e, conseguentemente, di verità. Realtà e finzione si sono intrecciate e spesso confuse, in una logica culturale che premia le emozioni e le identificazioni, non la messa alla prova e le competenze.
«Quando vi dedicate alla scrittura cercate di essere consapevoli dello spazio che vi circonda, osservate il luogo in cui vi trovate e il foglio di carta davanti a voi. Tutto questo spazio, dentro e intorno a voi, non è vuoto, ma semplicemente in attesa. Lasciate che le emozioni si diffondano lungo il braccio fino ad arrivare al cuore. Il pennino, la mano, il braccio e il cuore diventeranno una cosa sola.» Così il calligrafo Ewan Clayton spiega come può esserci una simbiosi tra i moti del corpo e del pensiero. La scrittura a mano rappresenta una forma di autoeducazione del pensiero, lascia spazio al tempo dell'immaginazione, dell'apprendimento, della progettazione. In particolare, fare calligrafia significa superare le consuetudini: le lettere, simili ma non identiche, vengono tracciate secondo regole precise, o sapientemente deformate. All'inizio risulterà difficile, ma l'arte della calligrafia ci impone di scegliere di rallentare, e di osservare.
Come è cambiato il linguaggio politico degli ultimi trent’anni? L’irruzione sulla scena dei nuovi media, l’ossessione per lo storytelling, la crescente personalizzazione all’interno di partiti e movimenti hanno rivoluzionato il quadro. Il libro passa in rassegna le tendenze più rilevanti nel panorama comunicativo italiano e internazionale e dedica ampio spazio ad alcuni casi di studio, dalla narrazione americana sul terrorismo alle contraddizioni del marketing politico di casa nostra, dalla comunicazione dei movimenti di protesta internazionali al caso di Grillo e dei 5 Stelle. Uno strumento essenziale sia per chi fa politica tutti i giorni (leader, consiglieri di staff, consulenti, attivisti) sia per chi vuole decifrare meglio i segnali inviati da chi ci governa o aspira a governarci.
I pregiudizi spingono a non esplorare, a non procurarsi strumenti di conoscenza – se il sospetto è che, alla fine, si possa arrivare alla stessa conclusione di un modo di dire antico. Procurarsi strumenti di conoscenza, e usarli, vuol dire invece costruire giudizi e, dunque, essere adulti. Queste pagine, oltre a raccontare come nascono alcuni luoghi comuni e perché non sono veri, suggeriscono perciò un modo di affrontare la realtà, di stare al mondo. Francesco Piccolo, “la Lettura - Corriere della Sera”
Chi di noi è libero da pregiudizi? A ciascuno il suo, parrebbe dire questo libro che smonta un catalogo di un’ottantina di pregiudizi affidati alle mani di esperti demolitori. Non sempre sono ispirati al malanimo e non è detto neppure che siano antichi e consolidati: i luoghi comuni fioriscono ogni anno, puntuali come mimose. Simonetta Fiori, “la Repubblica”
… L’abito non fa il monaco; I bambini sono buoni; Con la cultura non si mangia; La democrazia è il governo del popolo; Le donne non sanno guidare; I giovani non leggono; Le ideologie sono morte; Gli immigrati ci rubano il lavoro; Gli insetti sono bestie schifose; L’islam è intollerante; Il jazz è difficile; La letteratura italiana è morta; La mafia è invincibile; Di mamma ce n’è una sola; Non ci sono più le mezze stagioni; La musica classica va ascoltata in silenzio; Il Nord ha colonizzato il Sud; Il pesce fa bene alla memoria perché contiene fosforo; I politici sono tutti ladri; Il pubblico ha sempre ragione; La rete non ha padroni; La salute non ha prezzo; Il Sud vive alle spalle del Nord; Gli uomini sono tutti uguali…
Lo sappiamo tutti: la prima reazione davanti a un testo in greco antico spazia dalla paralisi al terrore puro. Ho scelto nove ragioni per amare e per raccontare ciò che il greco sa dire in modo unico, speciale, diverso da ogni altra lingua – e sì, per spazzar via ogni paura trasformandola forse in passione.
Il greco antico ha qualcosa di speciale: è una lingua fatta per andare all’origine della realtà e nominarla senza fronzoli, senza però tralasciare un’infinita varietà di sfumature, proprio per raggiungere, come si fa con uno strumento di alta precisione, l’identità di ogni cosa. Impararla significa ampliare i gradi di percezione del mondo, perché i nostri sensi sono determinati dalle nostre parole. È un vino che non avete mai bevuto, annata unica, se lo assaggiate ne vorrete ancora, come quello offerto da Ulisse al Ciclope. Alessandro D’Avenia, “Tuttolibri”
Un libro intelligente e inatteso, che si legge in bilico tra la consapevolezza un po’ angosciosa di avere sprecato un’occasione ai tempi del liceo e la sensazione euforica della seconda opportunità. Da regalare a quelli che oramai è troppo tardi. Cambieranno idea. Gianrico Carofiglio
«È oggi ancora più forte l'esigenza di una educazione linguistica che arricchisca le nostre capacità comuni di comprensione e intelligenza, di rapporto autentico e attivo con gli altri e col vasto mondo. Una educazione linguistica che dia diffusamente, a tutte e a tutti, quella lingua che, continuiamo a sperarlo e a operare per ciò, ci fa eguali.» La lingua parlata e scritta, il suo valore di emancipazione sociale e la scuola che ne costituisce il principale veicolo, sono stati al centro della ricerca intellettuale e civile di Tullio De Mauro. Questo libro ne raccoglie alcuni dei principali contributi.
Zaffiro o zaffiro? Province o provincie? Cancellare o scancellare? Ossequente o ossequiente?: La sindaca o la sindaco? Non sempre è così facile scegliere la pronuncia, la grafia, la forma giusta. E le cose si complicano ancora di più quando si entra nel campo dei verbi (ho dovuto partire o sono dovuto partirei) e della sintassi (alla festa c'era una ventina di persone o c'erano una ventina di persone?). Questo Prontuario presenta in ordine alfabetico circa 1000 argomenti e dubbi relativi a tutti gli aspetti e i livelli della lingua italiana, fornendo risposte che riguardano la grammatica, l'analisi logica e del periodo, la formazione delle parole e il loro corretto uso. Una app grammaticale su carta che, nel tempo di un clic, informa sull'italiano in modo rapido, completo e scientificamente fondato.
L'epoca in cui viviamo si definisce post-ideologica. È il tempo della post-politica e della post-verità. Ovvero (cambiando l'ordine degli addendi, la somma non cambia) politica e verità da post. Parole e slogan virali che fanno il giro della rete propagandando spesso opinioni su fatti mai esistiti. Quello a cui ci si riferisce con questa sfilza di post è, in realtà, un pensiero prepolitico. E la lingua che lo veicola, più che una neolingua, è una veterolingua che invece di mirare al progresso vorrebbe farci regredire, riportandoci agli istinti e alle pulsioni primarie. Indietro, o popolo! Dal «Votami perché parlo meglio (e dunque ne so più) di te» si è passati al «Votami perché parlo (male) come te». Come la pubblicità, come la televisione, anche la politica alimenta il narcisismo dei destinatari, i quali - lusingati - preferiscono riflettersi che riflettere. Il meccanismo del ricalco espressivo innesca una continua corsa al ribasso. Un circolo vizioso che toglie al discorso politico qualunque forza propulsiva, qualunque dinamismo. Non una risposta ai bisogni degli italiani, ma pura ecolalia: ripetizione ridondante. Così le parole stanno paralizzando la politica.
Non è possibile pensare con chiarezza se non si è capaci di parlare e scrivere con chiarezza. Sono parole del filosofo John Searle, teorico del rapporto fra linguaggio e realtà istituzionali. Le società vengono costruite e si reggono essenzialmente su una premessa linguistica: sul fatto cioè che dire qualcosa comporti un impegno di verità e di correttezza nei confronti dei destinatari. Non osservare questo impegno mette in pericolo il primario contratto sociale di una comunità, cioè la fiducia in un linguaggio condiviso. L'antidoto è la scrittura civile, cioè quella limpida e democratica, rispettosa delle parole e delle idee. Scrivere bene, in ogni campo, ha un'attinenza diretta con la qualità del ragionamento e del pensiero. Implica chiarezza di idee da parte di chi scrive e produce in chi legge una percezione di onestà.
Una presentazione chiara e rigorosa dei principali cambiamenti fonologici e morfosintattici occorsi nell'evoluzione dal latino alle lingue romanze. Il testo colma un vuoto nell'offerta didattica per l'università: esistono infatti numerosi manuali che trattano la storia esterna delle lingue romanze o che si romanze o che si concentrano sullo sviluppo dei generi testuali, mentre minore attenzione è dedicata alla grammatica storica. L'evoluzione è studiata sistematicamente per sardo, romeno, italiano, romancio, francese, occitano, catalano, spagnolo e portoghese. La conoscenza del latino non è presupposta. I principi della linguistica storica sono esplicitamente introdotti e illustrati.
"Innanzitutto questo libro parla di amore: il greco antico è stata la storia più lunga e bella della mia vita. Non importa che sappiate il greco oppure no. Se sì, vi svelerò particolarità di cui al liceo nessuno vi ha parlato, mentre vi tormentavano tra declinazioni e paradigmi. Se no, ma state cominciando a studiarlo, ancora meglio. La vostra curiosità sarà una pagina bianca da riempire. Per tutti, questa lingua nasconde modi di dire che vi faranno sentire a casa, permettendovi di esprimere parole o concetti ai quali pensate ogni giorno, ma che proprio non si possono dire in italiano. Ad esempio, i numeri delle parole erano tre, singolare, plurale e duale - due per gli occhi, due per gli amanti; esisteva un modo verbale per esprimere il desiderio, l'ottativo, e non esisteva il futuro. Insomma, il greco antico era un modo di vedere il mondo, un modo ancora e soprattutto oggi utile e geniale. Non sono previsti esami né compiti in classe: se alla fine della lettura sarò riuscita a coinvolgervi e a rispondere a domande che mai vi eravate posti, se finalmente avrete capito la ragione di tante ore di studio, avrò raggiunto il mio obiettivo."