"Se io fossi un ragazzo, non avrei tanta voglia di parlare con adulti piagnucolosi e impauriti, oppure rabbiosi e incattiviti con il mondo. Per questo invito tutti a ricominciare a dimostrare amore per le nuove generazioni, fiducia nelle loro capacità e possibilità. Dare "valore all'altro e costruire relazioni non è un gesto isolato, è un processo continuo che si deve percorrere con determinazione e volontà. E grazie alla speranza che molte persone hanno potuto cambiare vita, anche attraverso percorsi tortuosi. Il mio lavoro è costruire speranza, che nella pratica quotidiana traduco con 'cercare il cuore per costruire progetti'". Cambiare è possibile: è quello che insegna l'esperienza di un prete in prima linea nell'impegno verso i giovani, nelle carceri minorili e in un'importante comunità di accoglienza.
Il popolo e gli dei si sono allontanati irrimediabilmente. La Grande Crisi ha separato con un abisso i diversi gironi della società e si è spezzata la catena di connessioni tra il popolo e l'élite. Abbiamo ceduto sovranità a sfere sovranazionali e a oscuri poteri finanziari, coperti dall'impunità e inquinati dai conflitti di interesse. Siamo diventati sudditi di regni lontani. La politica e gli italiani non hanno più molto da dirsi. Il rapporto si è deteriorato e si è spento nella reciproca separatezza. Siamo un popolo vitale, dobbiamo però riprendere la strada dello sviluppo e recuperare sovranità. E soprattutto dobbiamo ridurre le distanze tra sempre più ricchi e sempre più poveri. Non si riaccende la fiamma dei desideri senza interpretarli, senza individuare un orizzonte condiviso, senza riscoprire il fascino di un sogno collettivo.
Per molto tempo la cultura europea ha sottovalutato, considerandole marginali, molte esperienze di governo di regine o reggenti. Solo recentemente gli studi hanno riconsiderato la 'mostruosità' della trasmissione dinastica del potere alle donne e hanno messo in dubbio che il principio che legittimava l'esclusione fosse fondato su ragioni legate al sesso per una divisione 'naturale' dei ruoli di genere. I casi delle impreviste successioni femminili al trono sono state rappresentate, nel Medioevo e nella prima età moderna, da ritratti a tinte fosche: sovrane schiave di vizi innominabili, inadeguate a esercitare il comando, incapaci per natura di essere alla testa di eserciti, facili prede di passioni incontrollate, streghe, avvelenatrici o incestuose. Se il governo andava a una donna ne derivavano effetti di instabilità e di disordine. Per controversie relative a contestate successioni femminili vennero combattute, ad esempio, la guerra dei Cento anni, le guerre d'Italia e la guerra settecentesca che contrastò il trono a Maria Teresa d'Austria. Le colpe attribuite al disordine sessuale e alla sfrenatezza femminile sono voci del lungo catalogo dei topoi misogini che hanno radicato a lungo nel senso comune l'associazione tra crisi politiche e comportamenti irragionevoli e disordinati delle donne. La pretesa anomalia della regalità femminile è stata un'eccezione felice solo quando le sovrane non erano né propriamente donne né propriamente sessuate: guerriere 'virili' o sante donne...
Che cosa hanno in comune un'università non statale e un doposcuola in quartieri degradati? Un centro fitness e un'organizzazione sportiva per disabili? Un pub e una mensa per i poveri? Una clinica religiosa e un'associazione di volontariato sanitario? Per tutti è ovvio che siano organizzazioni preziose perché non distribuiscono utili, favoriscono la coesione sociale e rispondono ai bisogni dei più deboli. Il loro contributo all'interesse generale, però, non è scontato. Una teoria difettosa ha infatti unito in un insieme magmatico iniziative della massima utilità sociale, altre genericamente positive e altre che utilizzano a fini propri l'alone di benemerenza di cui questo insieme gode. Giovanni Moro fornisce una prospettiva critica su questa realtà, sempre più importante ma conosciuta poco e male.
È stata l''invenzione della città' la grande innovazione che ha avviato la pratica di addomesticamento del potere. Al riparo delle sue mura, nello 'spazio protetto' da cui sono state tenute fuori le forze del caos, è stato possibile cominciare a porre sotto controllo le potenze distruttive con cui si era espressa fino ad allora la natura selvaggia del dominio. E immaginare un modello di ordine a dimensione umana. I due miti fondativi, di Medusa e di Perseo, da un lato, e delle Sirene e di Ulisse, di cui si occupa questo libro, dall'altro, raccontavano appunto questo passaggio dal 'numinoso' (e dal 'mostruoso') all''umano': questa sorta di trasformazione del carattere 'demoniaco' del potere, da entità selvaggia e incontrollata a strumento assoggettato a un qualche progetto 'civile'. Che accadrà ora, nel momento in cui la solidità dei 'luoghi' sembra vacillare e sciogliersi sotto la spinta travolgente dei 'flussi' finanziari, e quelle linee di confine farsi incerte e permeabili, esposte alle minacce dei primordiali 'demoni del potere'?
Si può imparare a usare la punteggiatura divertendosi come quando si guarda un film? La risposta è sì, se a spiegarci come e dove mettere il punto e la virgola ci pensa una sceneggiatrice con un passato da linguista. Ecco che allora, tra una divagazione narrativa e l'altra, il grande narratore russo Isaak Babel' si trova catapultato nello stesso universo di Perry Cox - il medico scorbutico e irresistibilmente comico della serie televisiva Scrubs creata da Bill Lawrence - per aiutarci a capire come va usato quell'insieme astruso di segnetti che costituisce la punteggiatura. Francesca Serafini usa tutto questo e molto altro (attingendo gli esempi a un serbatoio variegato di materiali: dalla grande letteratura al videogioco, dai social network alla linguistica scientifica) per dimostrare come, per imparare a usare punti e virgole, bisogna superare la vecchia concezione secondo cui la punteggiatura serve a riprodurre nello scritto le pause della respirazione nel parlato. I segni interpuntivi sono infatti, prima di tutto, un prezioso strumento sintattico che, usato consapevolmente, rende chiara la scrittura ed efficace la comunicazione. Nella guida pratica contenuta nel libro, a ogni segno corrispondono regole ed eccezioni d'autore, in una successione di consigli utili a chiunque scriva per mestiere, per passione o semplicemente per comunicare, in un'epoca in cui - tra Facebook, Twitter, e-mail e sms - la scrittura, a dispetto della complessità, conosce un'espansione sorprendente.
"C'è una parola che sembra la più conveniente a definire la fase in cui viviamo e che intendo far mia per orientare alla scrittura e alla lettura. È la parola percezione. Questa parola difficile è diventata ultimamente una pacifica protagonista del lessico giornalistico e della cronaca d'ogni giorno. Nella realtà 'virtuale' che ci penetra e ci avvolge, conta quello che uno 'percepisce' non il fatto in se stesso, e sembra anzi grazioso far spallucce al 'fatto in sé'. I fatti con cui abbiamo a che fare sono - sarebbero - le nostre percezioni. Viviamo come se veri fossero, quindi sono veri per noi. Se è così, allora è andata proprio in questo modo. Per 'loro' - un buon numero di uomini e di donne, per diverse generazioni, fino a noi - l'Italia c'era, era vera, come spazio pubblico del loro anche individuale esserci e vivere. Racconterò questo, una storia dell'Italia via via percepita e raccontata nell'Otto e nel Novecento". È da questa prospettiva, dalla testimonianza di intellettuali, patrioti e politici che hanno partecipato alla costituzione della nazione, dai testi che hanno costruito il romanzo collettivo della nostra identità, che Mario Isnenghi tesse la storia d'Italia, a partire da Alessandro Manzoni fino alla cronaca degli ultimi decenni.
Multimedialità, interattività, usabilità, comunicazione mediata dal computer; e ancora, blog, comunità virtuali, videogiochi, web 2.0, social media: i nuovi media incidono sulla vita delle persone, sulle loro relazioni, sul modo in cui stanno in società. Questo libro è un utile strumento didattico che introduce ai concetti, alle teorie strumenti metodologici per orientarci nel mondo in continua trasformazione dei nuovi media.
"Per quanto cambi il contesto esterno, per quanto profondamente possano variare i costumi, per quanto la tecnologia possa alterare la nostra percezione dello spazio e portare nelle nostre case fiumi inesauribili di informazioni, per quanto la società si trasformi (in meglio o in peggio non importa) fino a diventare irriconoscibile, il fatto di essere umani ci obbliga a domandarci come dovremmo rapportarci al prossimo. Perché siamo umani grazie al fatto che altri umani ci donano umanità. E che noi gliela restituiamo." A vent'anni dal suo successo editoriale, "Etica per un figlio", Savater torna a parlare con i giovani delle sfide etiche che la società, la politica di oggi e i cambiamenti tecnologici pongono loro: "Dobbiamo essere preparati, per poter essere protagonisti delle nostre vite e non semplici comparse".
Giovanni Pesce, comandante partigiano responsabile dei Gap di Torino e di Milano, è stato un protagonista della Resistenza e della Liberazione. Giovanissimo ha aderito al Partito comunista e combattuto nelle Brigate internazionali contro Franco. Tornato in Italia, è catturato e mandato al confino. Per lui, giovane proletario emigrato con poca cultura, l'incontro a Ventotene con il fior fiore dell'antifascismo diventa fondamentale. Liberato intorno all'estate del 1943, dopo l'arresto di Mussolini e l'armistizio dell'8 settembre, inizia la clandestinità, prima a Torino, poi a Milano. Per Giovanni, primula rossa dell'antifascismo italiano, saranno mesi di azioni militari avventurose, leggendarie, coraggiose, drammatiche. Proprio nella Milano occupata dai nazisti, stremata, affamata, disseminata di luoghi dell'orrore, avviene l'incontro di una vita: i due partigiani Giovanni e Nori si conoscono, si innamorano e non si lasciano più. Le loro vite si intrecciano indissolubilmente con la lotta antifascista: i Gap colpiscono, attaccano e fanno azioni di guerriglia, i tedeschi arrestano, torturano, uccidono. Nella città crocevia di spie e delatori al servizio del nemico, Nori cade in un'imboscata e viene deportata. E l'ultima separazione perché insieme, Giovanni e Nori, rimarranno tutta la vita, condividendo e facendo sulla propria pelle la storia di quegli anni.
"Venne il dio sulla terra dal cielo a mostrarti l'effigie, o tu andasti a mirarlo, Fidia, in cielo". Questo si diceva del colosso di Zeus a Olimpia, una delle sette meraviglie del mondo, opera di Fidia, insuperabile nel rappresentare la maestà e la bellezza degli dei. Peccato che l'unica testimonianza personale rimasta dello scultore sia un piccolo vaso a Olimpia con l'iscrizione parlante: "Io sono di Fidia". E le tante statue in oro e avorio, in bronzo e in marmo, che fine hanno fatto? Tutte scomparse. E tutte le nuove opere sull'acropoli di Atene, "realizzate in breve tempo per durare a lungo", furono veramente sotto la sua sovrintendenza? Anche il sodalizio con Pericle, inscindibile per gli autori antichi, quanto fu vero? E dov'è la sua mano nella decorazione del Partenone? Lì di certo Fidia realizzò una magnifica statua in avorio con 1.000 chili d'oro che costò più del tempio: l'Atena Parthénos. Ma non tutto filò liscio. Le invidie all'interno della bottega e la voglia degli oppositori di Pericle di testare il giudizio del popolo sullo statista per interposta persona portarono a sospetti e accuse. Anche altri nella cerchia di Pericle, come la bella etera Aspasia e il filosofo Anassagora, furono presi di mira, ma senza troppe conseguenze. Per Fidia, no, il processo non finì bene.
Non c'è italiano che non pensi di essere in credito con lo Stato, perché ritiene di pagare più tasse di quanto riceva in servizi. Ma non è così per la maggior parte di noi. In realtà chi predica a favore di una riduzione delle tasse e della spesa pubblica, di fatto predica a favore di una sperequazione dei redditi che avvantaggia le classi più ricche. Vivere in un paese che fornisce buoni servizi è meglio che vivere in un paese dove si pagano poche tasse.