Gadda e Montale sono stati certamente due dei maggiori scrittori e poeti del Novecento italiano. Ma quale fu il loro atteggiamento nei confronti del fascismo? Come attraversarono il Ventennio? Quali compromessi furono costretti ad accettare? Da un lato, Gadda aveva coraggiosamente combattuto su tutti i fronti della Grande guerra, spinto da una forte passione nazionalpatriottica, e si era riconosciuto nel movimento fascista, provvidenziale difesa ai rischi della rivoluzione bolscevica. Dall'altro, Montale seguì un percorso meno lineare, dapprima condividendo i miti del combattentismo e le lusinghe del fascismo, ma allontanandosene già nel 1923, come testimoniano alcuni scambi epistolari. Con l'addentrarsi negli anni Venti entrambi vennero esprimendo un orientamento convergente, oscillante tra una sostanziale indifferenza per il fascismo e l'antifascismo. Ma gli anni Trenta, con la guerra d'Etiopia e il terribile biennio 1938-1939, li posero di fronte a scoscesi aut aut che portarono entrambi ai duri giudizi sul regime e gli italiani. Da qui le parole di fuoco di Gadda e di Montale contro un regime guidato da un 'eredo-alcoolico' e una società nella quale 'più nessuno è incolpevole'. Un libro che affascinerà il lettore per le sorprendenti scoperte, frutto di un lungo lavoro d'archivio e dello studio di una imponente bibliografia.
Il 4 novembre 1854, mentre infuriava la guerra di Crimea, una giovane donna inglese di nome Florence Nightingale, di estrazione liberale, irrequieta e sognatrice, mise piede nella caserma Selimiye a Scutari (Istanbul), una struttura convertita in ospedale per esigenze belliche. A causa di gravi inefficienze organizzative e della mancanza di assistenza infermieristica sul campo, migliaia di soldati stavano perdendo la vita. Florence Nightingale, convinta che l'azione umana potesse e dovesse cambiare anche le prassi e i preconcetti più radicati, non poteva accettare a cuor leggero simili negligenze. Fu così che, tra ratti e sudiciume, ostacoli legati al genere e una salute cagionevole a complicare il tutto, questa donna coraggiosa avviò una vera e propria rivoluzione. Accettando l'incarico di sovrintendente del personale femminile negli ospedali inglesi in Oriente, era diventata la prima donna inquadrata nelle forze armate di Sua Maestà britannica, la regina Vittoria. Iniziò così un percorso destinato a cambiare non solo la sua vita, ma quelle di generazioni di donne e di uomini che avrebbero beneficiato da quel momento di un'assistenza ospedaliera davvero degna di questo nome. Ed è una storia che giunge fino a noi.
Dante è l'uomo su cui, per la fama che lo accompagnava già in vita, sappiamo forse più cose che su qualunque altro uomo di quell'epoca, e che ci ha lasciato la sua testimonianza personale su cosa significava, allora, essere un giovane uomo innamorato o cosa si provava quando si saliva a cavallo per andare in battaglia.
Lód?, primavera del 1947. Sul banco degli imputati della Corte Distrettuale siede Hans Biebow, nato a Brema nel 1902 e che, durante la guerra, era stato amministratore (Amtsleiter) del ghetto di Lód?. Lo stato polacco considera quest'uomo, alto, biondo e dagli occhi azzurri, come uno dei dieci peggiori criminali nazisti ancora in circolazione, al pari di Rudolf Höß (capo di Auschwitz), Arthur Greiser (Gauleiter del Warthegau) o Hans Frank (governatore del Governatorato Generale). Ma Biebow non era un militare e nemmeno un alto esponente del partito nazionalsocialista. Perché allora tutta questa attenzione per chi sulla carta non fu mai nulla più di un amministratore civile? La risposta si trova all'interno di quella intricata matassa che furono le politiche di gestione nazista relative ai territori occupati. Grazie alla mole di documenti oggi disponibili, è possibile ricostruire quella che fu a tutti gli effetti una grande mise en scène. Una tragedia corale fatta di miti e di lotte di potere. Una ricerca sconvolgente sulla banalità del male, sulla meschinità e sulla codardia di coloro che 'ubbidirono soltanto agli ordini'.
Schiacciato dalla preponderante figura del figlio Alessandro Magno, Filippo II, in circa 24 anni (360-336 a.C.), seppe trasformare la Macedonia da stato periferico, vessato dalle grandi poleis, in regno potentissimo, in grado di guidare il mondo greco nella spedizione contro l'impero persiano. In questo libro l'autore ne stila un agile ritratto, mettendone in evidenza non solo le indiscusse doti strategiche, che gli permisero di imporsi sui pericolosi vicini e di impossessarsi di ricche regioni, ma soprattutto la capacità di abbinare - e in molti casi sostituire - alla spada la forza della parola, trovando le giustificazioni più persuasive ad azioni che, in realtà, ebbero nel desiderio di conquista e nella volontà di allargare i confini del regno le motivazioni più autentiche.
L'hacking non nasce con i computer. Già agli inizi del Novecento dei giovani appassionati modificavano i propri apparecchi radio per ottenere prestazioni non previste dal loro produttore. Alcuni decenni dopo, negli anni '60, si diffondono i 'phone phreaks', degli 'hacker dei telefoni' che prefigurano molte caratteristiche della odierna cultura digitale. Con la diffusione dei PC i gruppi hacker diventano un fenomeno mediatico e di massa. Alla metà degli anni '80, quello che fino ad allora era stato considerato come un 'ragazzo prodigio' si trasforma in una potenziale minaccia come autore di clamorose truffe o altre pratiche criminali. Ma in quegli stessi anni le pratiche hacker cominciano ad assumere un valore politico: nascono il cosiddetto hacktivismo e le comunità Free Software e Open Source, che in poco tempo rivoluzioneranno l'industria del software e la cultura digitale nel suo complesso. Oggi il fenomeno hacker è arrivato a occupare un ruolo di primo piano nella geopolitica contemporanea grazie alla nascita di gruppi su scala globale come Anonymous e all'incorporazione dell'hacking nelle strutture militari e di intelligence.
Le disuguaglianze sono tra le cause principali dell'infelicità collettiva: seminano sfiducia, indeboliscono la coesione sociale e mettono a rischio la democrazia. Perché, allora, i tentativi di contrastarle sono pochi e deboli? Questo libro esamina come le disuguaglianze vengono costruite, occultate, accettate, interpretate, contrastate. Esplora il gioco dei meccanismi di assoluzione o di colpevolizzazione rispettivamente dei dominanti e dei dominati seguendo due diverse prospettive: la prima si sofferma sui processi cognitivi e motivazionali che fanno sì che i privilegiati, che della disuguaglianza beneficiano, si convincono di possedere la 'stoffa giusta' e di meritare i propri vantaggi. La seconda ricostruisce i processi di chi subisce la disuguaglianza e la accetta, interiorizzandola.
In un'opera scritta da un frate milanese del Trecento, Galvano Fiamma, si nasconde una breve menzione di una terra chiamata Marckalada, situata a ovest della Groenlandia. I marinai che viaggiano per i mari del Nord ne parlano come di una terra ricca di alberi e animali, dove si trovano grandi edifici e vivono dei giganti. È una notizia sensazionale: la prima menzione del continente americano nell'area mediterranea, un secolo e mezzo prima del viaggio di Colombo. Ma chi è Galvano Fiamma e da dove ricava queste informazioni? Cosa si sapeva davvero in Italia delle regioni al di là dell'oceano? Per rispondere a queste domande sarà necessario interrogare molti suggestivi personaggi: gli esploratori vichinghi che dall'Islanda approdarono sulle coste americane; il prete del porto di Genova, che tracciava carte geografiche; i mercanti che dal Mediterraneo si recavano al Nord per acquistare pellicce e uccelli da preda; gli imbarcati sulle galee genovesi scomparse nell'Atlantico mentre cercavano di raggiungere l'India navigando verso ovest. Il risultato è una ricerca appassionante come una spy story, una trama internazionale ricca di colpi di scena.
Senza dubbio, la Costituzione repubblicana ha contribuito a costruire l'Italia e a darle la sua forma attuale. Al tempo stesso, però, il nostro paese l'ha utilizzata e interpretata secondo le proprie necessità, mutate nel tempo, e le proprie identità. Nella matrice originale della Carta operano 'più valori che norme': i valori sociali delle maggiori forze in campo, cattoliche e social-comuniste, dettano l'agenda, sovrastando le culture liberaldemocratiche delle varie 'terze forze'. Negli anni si susseguono e puntualmente falliscono i tentativi di riformare la Costituzione, mentre si compie il ciclo della nascita e morte dei partiti, attraverso il terremoto di fine Novecento e l'affermazione di nuovi movimenti. Al sistema elettorale proporzionale subentra allora il fascino del maggioritario e, con esso, anche l'eterna paura del tiranno, dell'uomo solo al comando. Intanto l'arretramento dello Stato e la fine dei partiti hanno fatto emergere nella società civile e nella politica nuove costellazioni di interessi e di poteri, economici, territoriali, sociali, rafforzando antichi e nuovi 'corporativismi'. Sempre più incisivo, si afferma il ruolo esercitato nell'indirizzare le sorti del paese dal diritto, dai diritti, dalla magistratura e dalla Corte costituzionale.
Dal 1995 a oggi il ciellino Roberto Formigoni prima e i leghisti Roberto Maroni e Attilio Fontana poi hanno governato in Lombardia attuando misure scellerate in tema di sanità, mobilità e cura del territorio. Scelte inadeguate di fronte all'impatto delle crisi globali, delle sfide del cambiamento ambientale e - soprattutto - della pandemia da Covid-19, in seguito a cui il velo è stato sollevato. A fronte della retorica dell'eccellenza sanitaria, i cittadini hanno toccato con mano l'impoverimento del servizio pubblico. La privatizzazione della sanità è il simbolo di una vita pubblica devastata dalle logiche del puro profitto e interamente subordinata agli affari di pochi. Il modello di Lega, Forza Italia e, in misura minore, Fratelli d'Italia ha costruito un potere impenetrabile, sancito dai voti plebiscitari delle elezioni. La vita quotidiana in terra lombarda è un incubo per chi deve prendere i treni dei pendolari ma il Pirellone finanzia senza battere ciglio autostrade private e sballati comprensori sciistici senza neve. Nella regione più inquinata d'Europa per le emissioni di gas si strappano deroghe per i veicoli più vecchi e si preferisce fare la guerra al Comune di Milano. Insomma, un quadro desolante di fronte a cui sembra non emergere mai una possibile alternativa.
Nuove e profonde contrapposizioni lacerano il tessuto sociale delle società occidentali: grandi città contro province povere, élite altamente specializzate contro masse di lavoratori poco qualificati, paesi ricchi contro paesi poveri. Queste lacerazioni generano nuove ansie, nuova rabbia e nuove passioni politiche, come testimonia l'ondata di consensi ricevuti dai populisti di tutto il mondo, da Trump al partito della Brexit, sino all'estrema destra italiana. In questo libro appassionato e polemico, Paul Collier, uno dei maggiori esperti mondiali su povertà e migrazioni, prova a delineare i percorsi attraverso i quali superare queste nuove fratture economiche, sociali e culturali. Solo se il capitalismo riesce a darsi un fondamento etico tale da rendersi equo e compassionevole, e non solo efficiente ed economicamente fiorente, potrà garantire una vita degna. Un capitalismo in cui la dignità e la reciprocità prevalgano sull'aggressività, sulla paura e sull'umiliazione, caratteri tipici della nostra 'società dei rottweiler'.