Perché il fascismo? E perché in Italia? Perché proprio nel nostro paese si è imposto un regime dittatoriale che ha proposto una formula politica che è stata presa a modello non solo in Europa e continua a esercitare un suo fascino sinistro? Queste domande ci interrogano da vicino e ne sollecitano molte altre quando proviamo a individuare cause ed effetti per elaborare una risposta. Ad esempio: l'Italia prefascista era una democrazia o era un sistema politico fragile? È bastata la guerra a produrre il fascismo? Ma soprattutto, che ruolo ha avuto l'uso della violenza da parte dei fascisti? È stata una risposta al clima insurrezionale generato da socialisti e comunisti o qualcosa di profondamente nuovo e diverso? Chi erano dunque gli squadristi? L'impressionante numero di uccisioni, bastonature e devastazioni è interpretabile come la reazione della borghesia di fronte alla 'grande paura' prodotta dalla rivoluzione russa? E in tutto questo, Mussolini fu 'l'uomo della Provvidenza' o un opportunista di successo? Tutte questioni ancora aperte e che ancora ci sfidano, soprattutto quando vogliamo rispondere alla domanda principe: il fascismo si poteva evitare?
Come scrivere una legge che voleva essere rivoluzionaria e ritrovarsi il Paese contro? La risposta è nella vera storia della «Buona Scuola», l'iniziativa che ha segnato forse più di ogni altra il governo Renzi. All'epoca dei fatti Alessandro Fusacchia era il capo di gabinetto al Miur e ha dunque avuto un ruolo nevralgico in tutte le tappe che hanno portato all'ideazione, al varo e all'attuazione della legge. Dal tentativo di tornare ad assumere nella scuola solo per concorso alle misure per 'premiare' i docenti, fino all'introduzione dell'alternanza scuola-lavoro obbligatoria o del piano per la digitalizzazione delle scuole, l'autore restituisce con il piglio della cronaca e con sguardo lucidissimo la distanza tra quello che si studia sui commentari di diritto costituzionale e quello che accade nella realtà. Il lettore ha così accesso al dietro le quinte di un ministero e di un governo e può toccare con mano la fatica della burocrazia, i tanti aspetti banali del potere, la complessità di ogni scelta politica. Un libro necessariamente critico e autocritico, che mostra quanto sia difficile in Italia cambiare.
Forse perché lo leggiamo troppo presto o forse perché siamo costretti a farlo a scuola, sta di fatto che, in generale, abbiamo una opinione abbastanza grigia e sfocata dei "Promessi sposi". Spesso ci rimanda un'immagine di compunzione religiosa e di moderatismo accomodante simile a certe vecchie fotografie che troviamo nelle case dei nostri nonni e che faticano a parlarci ancora. Ecco, vi invitiamo a (ri)leggere i "Promessi sposi" in modo un po' diverso dal solito, cioè in compagnia non di un letterato, ma di uno studioso di storia d'Italia. Scopriremo così che i "Promessi sposi" hanno un carattere fortemente politico e ci dicono moltissimo sulla nostra storia, non solo quella del Seicento, sul nostro carattere nazionale, sull'impronta che il cattolicesimo ha lasciato, nel bene e nel male, nella nostra coscienza morale. Torneranno alla luce l'importanza e il valore del messaggio ideologico al cuore di questo romanzo: una morale privata basata su libertà di scelta e responsabilità individuale, per uomini e donne; un illuminato senso della misura nella valutazione delle cose del mondo, ma con una consapevolezza acuta della giustizia e dell'ingiustizia dei contesti sociali e delle azioni dei singoli.
La pandemia ha segnato un prima e un dopo nella vita di tutti noi. Ha costretto a ripensare il ruolo dello Stato, a reinventare il modo di lavorare, ci ha interrogato sull'importanza dei legami affettivi e della vicinanza fisica. Al centro di tutti questi cambiamenti c'è l'esperienza del lockdown, di cui questo libro restituisce una cronaca puntuale, mese per mese, paese per paese. Attraverso una ricostruzione cronologica divisa per aree geografiche, dalla Corea all'Australia, dall'Italia alla Danimarca, dagli Stati Uniti a Israele, Gabriele Crescente ripercorre gli eventi legati all'introduzione e alla gestione dei lockdown. Ne emerge un quadro globale sui modi in cui i governi di tutto il mondo si sono trovati a dover decidere sull'opportunità di limitare le libertà fondamentali per far fronte a una minaccia dai contorni ancora indefiniti e sui tanti fattori che hanno determinato le radicali differenze nelle strategie adottate, nella loro efficacia e nel modo in cui sono state accolte. Non sappiamo ancora se questa è una storia davvero finita, ma di certo sappiamo che resterà uno dei passaggi cruciali della storia di questo secolo.
Siamo sempre più immersi nel mondo digitale. Le aziende del Web ci promettono una futura esistenza online dove il nostro avatar interagirà costantemente con tanti altri sé virtuali. La nostra esistenza si sta inevitabilmente trasformando in una vera e propria 'vita digitale'. Ma quali sono le conseguenze sociali dei social media, delle piattaforme, del software informatico e degli algoritmi? Ovvero, questa 'rivoluzione digitale' sta profondamente modificando la struttura e l'identità della nostra società?
Lungo tutto il secolo breve, una donna bellissima e fortissima pensa, scrive, agisce, lotta. Viaggia prima per studio, poi attraversando fronti e frontiere dell'Europa occupata dai nazifascismi: Parigi, Lisbona, Londra, Marsiglia, Roma, il Sud dell'Italia dove sono arrivati gli Alleati. Documenti falsi, missioni segrete, diplomazia clandestina. Joyce, insieme al marito Emilio Lussu e ai compagni di Giustizia e Libertà, sostenuta nelle sue scelte dalla sua famiglia di origine, è in prima linea nella Resistenza. Poetessa, traduttrice, scrittrice, ha sempre coniugato pensiero (prefigurante, modernissimo) e azione. Azione che prosegue nel dopoguerra con la ricerca di poeti da tradurre per far conoscere le lotte di liberazione degli altri paesi, in particolare dell'Africa e del Curdistan. Nazim Hikmet, Agostinho Neto, i guerriglieri di Amílcar Cabral che compongono canti di lotta durante le marce, sono alcuni degli autori che Joyce 'scopre' e propone attraverso traduzioni rivoluzionarie. Rievocando le scelte, gli incontri, le occasioni, ripercorriamo l'esistenza di questa donna straordinaria (laica, cosmopolita, 'anglo-marchigiana') e il suo essere, da sempre, riferimento per molte donne e molti giovani.
Cominciamo col dire che non erano tre. Le caravelle, ovviamente. Si tratta di un mito durevole, entrato prepotentemente nell'immaginario. Tre come i Magi, come i Moschettieri, per non citare altri e più sublimi paragoni. Volendo essere precisi, due caravelle e una nao: una grossa nave commerciale. Ma poco importa: il mito si costruisce a suon di semplificazioni. L'invito è a salire a bordo e a ripercorrere, passo dopo passo, le tappe del primo viaggio di Cristoforo Colombo, proprio quello che il 12 ottobre del 1492 porterà l'Ammiraglio ad avvistare la terra (le Indie o una sconosciuta?). Come per ogni navigazione, dovremo prepararci imparando a conoscere i tipi nautici, il regime dei venti, strumenti come la bussola, le carte, le tavole di martelogio per il calcolo del punto nave. Ma soprattutto saremo introdotti alla vita di bordo e incontreremo gli uomini che stanno per compiere la traversata. A guidarci sarà il Giornale di bordo, il diario su cui Colombo annotava tutto ciò che viveva in quelle settimane.
La Grecia che abbiamo imparato a conoscere e ad amare dall'epica, dalla tragedia, dalla storia è ricchissima di straordinarie figure di giovani uomini e giovani donne. Achille è l'eroe che a una vita lunga e incolore preferì la brevità di un'esistenza spezzata ma piena di gloria. Gli fa da contraltare il mite Telemaco: il figlio obbediente che vive nell'ombra di un padre mai conosciuto. E c'è Antigone, la vergine che, in un fragoroso assolo, osa levare la sua voce di dissenso. E Oreste, il figlio che uccide la madre per dare giustizia al padre. Fin qui il mito. Poi c'è la storia, che ci ha lasciato memoria dell'ambizioso Alcibiade, interprete perfetto di un tempo di cambiamenti nella cornice della guerra più atroce di Grecia. E come non ricordare Alessandro? Colui che osò sognare l'impossibile e che l'impossibile riuscì a realizzarlo, riunendo il mondo sotto di sé. Ma ci sono anche le figure femminili tratteggiate dai versi di Saffo, che ancora ci emozionano per la potenza dei sentimenti che esprimono. In queste pagine avvincenti le gesta, i desideri, le passioni di ragazzi e ragazze della Grecia antica cui dobbiamo essere tutti debitori per aver messo in discussione la tradizione e osato il nuovo.
La teologia politica può essere superata? E quella che oggi - riferendosi al neoliberismo e alla sua genealogia - molti definiscono 'teologia economica' è davvero un'alternativa alla teologia politica? Questo saggio risponde a queste due domande facendone la genealogia, al fine di illuminare il nucleo teologico-politico della modernità e la costante riemersione di domande di senso in ambito secolare.
In tutte le raffigurazioni è l'uomo dalla faccia dimezzata, da quando, nemmeno trentenne, un occhio e la radice del naso li aveva perduti per un colpo di lancia ricevuto durante una giostra. Nella storia del Rinascimento italiano, Federico da Montefeltro, duca di Urbino, è il più stimato e strapagato condottiero, circondato dalla fama di non aver perso (quasi) mai una battaglia. Intelligente, coltissimo, ottimo stratega, bravo statista, abile diplomatico, scaltro (ma sempre elegante) curatore dei propri interessi, assieme al suo grande amore, la giovanissima e affascinante seconda moglie Battista Sforza, Federico riuscì a trasformare la corte del Montefeltro in uno dei centri della cultura e della politica italiane: a lui si deve la facies urbanistica e architettonica di Urbino, è lui che riesce a coinvolgere nel suo progetto culturale artisti e architetti come Piero della Francesca o Francesco di Giorgio Martini. Ma come ogni vita avventurosa che si rispetti, anche quella di Federico fu costellata da intrighi e misteri mai del tutto risolti: come riuscì da figlio 'bastardo' a impadronirsi del potere? Che ruolo ebbe nella famosa 'congiura dei Pazzi'?
L'arte contemporanea è specchio sensibilissimo delle tensioni, delle contraddizioni, della bellezza e degli orrori del nostro tempo. Un tempo così vicino che può accaderci talvolta di ritrarci, interrogandoci sul suo senso. Ma basta avvicinarla, con pazienza, ripetutamente, e si impara a conoscerla, se ne trovano le chiavi di lettura, gli intenti. E allora il suo fascino ci avvolge. Questo libro non racconta, per sintesi, 'tutta' l'arte contemporanea, ma vuole proporre il lavoro di dieci particolari artisti vissuti tra gli anni Quaranta del Novecento e i nostri giorni: Pollock, Rothko, Fontana, Burri, Hopper, Bacon, Abramovi?, González-Torres, Mueck e Hirst. La descrizione delle loro opere e il racconto delle loro vite, supportati dalle testimonianze dirette dei protagonisti, segnano, nel vasto territorio della contemporaneità, una sorta di itinerario che lascia emergere una potente tensione spirituale e creativa. Questi artisti hanno scrutato il buio del vuoto di senso dopo i traumi della guerra mondiale e di fronte alla paura della catastrofe nucleare e alla ripulsa per la macchina divoratrice della società dei consumi. Alla ricerca di una luce che non è una risposta definitiva o una certezza metafisica, ma innanzitutto è scoperta di forme espressive e simboliche che diano voce, nell'arte, alle inquietudini e alle domande della contemporaneità.
Chiara Volpato analizza i processi psicologici e sociali che, nelle società occidentali, sorreggono il potere maschile, si oppongono al cambiamento e limitano l'apporto delle donne alla creatività sociale. Esamina i meccanismi di costruzione della presunta superiorità maschile e quelli che perpetuano la subordinazione femminile nel lavoro, nella politica, nei mass media. Il libro è una edizione riccamente ampliata e aggiornata rispetto alla prima pubblicazione di quasi dieci anni fa. Il divario di genere in questi anni, a livello internazionale e nazionale, non è cambiato in modo sostanziale. I progressi sono lenti; persistono troppe discriminazioni e, soprattutto, persiste una cultura ancora per molti aspetti patriarcale. Abbiamo assistito al movimento Me Too, che ha cambiato il panorama delle relazioni tra uomini e donne in molti paesi. Subito dopo, però, l'epidemia di Covid-19 ha pesantemente penalizzato le donne, incidendo sui tassi lavorativi e sulle relazioni familiari. Ma proprio l'esperienza della pandemia ci suggerisce una riflessione: che sia arrivato il momento di capovolgere gli schemi culturali tradizionali e riconoscere che la capacità di cura - tratto stereotipicamente attribuito alle donne - valga più dei principali tratti stereotipici maschili (la forza e il potere)?