La misura dei miei giorni nasce come un diario alla soglia degli ottant'anni di Florida Acott-Maxwell (1884-1979), scrittrice e psicologa analista allieva di di Carl Jung.
Sospesa nel vuoto di un presente su cui non può incidere, elle sorveglia il mondo, lo scruta con circospezione, ne misura la possibilità di futuro, scava nelle sue attuali contraddizioni. Ne emerge una serie di domande che ella appunta come su un notes. Su tutte ne campeggia una: "Che cos'è diventato l'umano in noi?". Perché è l'umanità stessa dell'uomo ad essere in questione: questo è ciò che resta tra le vicende del mondo e nel cuore di ciascuno man mano che il empi passa.
I contributi di questa raccolta nascono dalla necessità e dal desiderio di cogliere i varchi e i rimedi offerti dal pensiero estetico, politico, spirituale di Simone Weil di fronte ai mali che stanno alla base della nostra convivenza.
Attraverso le letture della città che le autrici e gli autori danni, sotto diverse angolazioni, pur ispirandosi tutti in misura minore o maggiore all'opera di Simone Weil, si mette in rilievo il processo di lenta fermentazione delle sue nozioni di bellezza, di giustizia, di bene nei diversi ambiti del pensare e del vivere.
La sfida che essi lanciano riguarda una questione ineludibile: è possibile recepire i modi creativi di abitare la vita e di abitare la storia, porre al centro dell'attenzione le relazioni umane, dare spazio alle interazioni costruttive presenti all'interno delle comunità?
In altre parole, è possibile scardinare il sistema di pensiero, gli assetti mentali, le posture aderenti alla logica del potere e del prestigio sociale, così da ripensare ex novo la città, «un ambiente umano del quale non si ha maggior coscienza che dell'aria che si respira»?
L'amore è la forza fondamentale della vita. L'essere umano vi cerca la relazione assoluta con l'altro e la guarigione dalla ferita dell'esistenza. Non è mai troppo tardi per riflettere sull'amore, tanto sconcertante è la sua ambivalenza: esso esalta e guarisce, tanto quanto ferisce e condanna. Diventa perciò necessario far affiorare i suoi volti. Ispirandosi a sorgenti antiche e nuove, il volume presenta le intuizioni sull'amore che hanno scavalcato i secoli e che attraversano l'esistenza contemporanea, segnata dalle realtà primarie di eros e agape e dalle crisi dell'amore: da una parte l'amore che guarda verso l'altro e include, dall'altra il caos delle relazioni amorose, il risentimento, l'impatto oggettivante della tecnica.
Un grandioso affresco dell’intrecciarsi di bene pubblico e bene privato nella storia della civiltà occidentale.
Enrico Berti fa comprendere le complesse radici culturali della situazione attuale e apre domande cruciali, da un lato sul destino e la sopravvivenza dello Stato e dall’altro sul fine dell’uomo e sulle condizioni di possibilità della vita sociale.
Lo stile della libro è coinvolgente e divulgativo. Il libro è arricchito da un dialogo sul tema tra l’autore e i partecipanti alla Lectio Magistralis tenuta nel corso di una delle sessioni del 2013 della Winter School, centro di studi sociali, culturali e politici.
Enrico Berti è Professore emerito di Storia della filosofia all’Università degli Studi di Padova. E’ inoltre membro della Pontificia Accademia delle Scienze, della Pontificia Accademia san Tommaso d’Aquino (Città del Vaticano), dell’Institut International de Philosophie (Paris) e socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei (Roma). Tra le sue pubblicazioni più recenti: Profilo di Aristotele (Studium, 2012), Studi aristotelici (Morcelliana, 2012), Sumphilosophein (Laterza, 2012), Invito alla filosofia (La Scuola, 2011).
L'ontologia della libertà, di cui Pareyson ha posto ifondamenti, sollecita ulteriori sviluppi, che ne svolgano più ampiamente sia i presupposti storiografici sia le implicazioni etiche e, prima ancora, ne approfondiscano i principi. In particolare si tratta di pensare la libertà originaria come al di là dell’essere ma non senza l’essere, non senza, dunque, un principio di alterità, che pure non ne distrugga l'unità. Se l’originario è pensato come essere, si resta nell’orizzonte della necessità (magari come destinalità) smarrendo la libertà. Se invece si pensa la libertà senza l’essere, l’originario diventa mobilità inconsistente e arbitraria e la verità si dissolve in infinite forme dell’apparenza. Si tratta allora di pensare l’originario come libertà che esce dalla sua abissalità costituendosi come libertà esistente, che si vincola anzitutto al proprio altro, all’essere; e conseguentemente di pensare le libertà finite come attraversate da un’alterità che rende pensabile la loro unità solo nella forma paradossale dell’amore.
L’interrogativo che regge il pensiero scritturale qui presentato è se possa esistere, nella contemporaneità, un appello utopico ad un lingua poetica che sappia accogliere l’alterità, esprimere le sue condizioni di esilio, annunciarne il desiderio di futuro. Intorno a questi nuclei di analisi, La lingua di Cleopatra tesse – è la forza stessa della traduzione interpretata dalla figura shakesperiana – legami strettissimi con il pensiero utopico di Walter Benjamin (e della Scuola di Francoforte), con la filosofia di Jacques Derrida nell’intreccio con il poststrutturalismo di Paul de Man, col pensiero postcoloniale di Gayatri C. Spivak nella sua vicinanza d’ispirazione con l’écriture feminine di Hélène Cixous. La prospettiva è quella che s’interessa così al dibattito teorico sulla traduzione, all’intertestualità, alla (dis)appropriazione autoriale, alla sperimentazione di nuove forme della comunicazione artistica, con la musica, il cinema, il reportage giornalistico.
L’uomo, nella propria storicità, dispiega la sua esistenza nella forma dell’abitare; la modalità originaria dell’umano va dunque ricercata in tale fenomeno, nel suo gioco spazio.temporale. Il presente lavoro cerca di rinvenire nel pensiero di Martin Heidegger i tratti delle fenomenologia dell'abitare, evitando di costringerli in un sistema. Il tentativo sarà dunque di porre in luce tale fenomeno in forma rapsodica: i suoi differenti aspetti - il rapporto con la terra, la comprensione con la spazialità, l'essere con gli altri nella verità e nell'amicizia, il luogo dei mortali e il luogo dei divini, la propria lingua come terra patria - verrano indagati separatamente, senza la pretesa di esaurirne di volta in volta l'evidenza.