"Anche nei tempi più bui abbiamo il diritto di aspettarci un po' di luce." In questi saggi, Hannah Arendt ripercorre le esistenze di dieci intellettuali che hanno conosciuto le tenebre del proprio secolo. Queste personalità illuminate hanno vissuto gli orrori ricorsivi dei "tempi bui", tentando di contrastarli. Per quanto diversi tra loro, Karl Jaspers, Rosa Luxemburg, Bertolt Brecht, Papa Giovanni XXIII, Walter Benjamin e tutti gli altri protagonisti del volume sono accomunati dall'aver combattuto in prima linea, non cedendo mai alla tentazione delle retrovie o di una ritirata nelle scorciatoie del disimpegno. Ogni ritratto è un esercizio di biografia filosofica, un elogio della pluralità e di chi ne è stato portatore.
"Senza la poesia non potremmo neppure esistere", scriveva Johann Gottfried Herder (1744-1803), uno dei pensatori più significativi del secondo Settecento tedesco. Viviamo come "fanciulli", usiamo la nostra immaginazione immedesimandoci "poeticamente in situazioni e persone estranee" per poterle conoscere. Sensazioni e intelletto, follia e razionalità, sogni e sapere scientifico, immaginazione e pensiero logico non sono elementi contrapposti, bensì saldamente intrecciati costituiscono il modo in cui conosciamo e ci rappresentiamo il mondo. Ripercorrendo la produzione herderiana dagli scritti giovanili a quelli della fase più matura, l'autrice propone una nuova chiave di lettura del pensiero di Herder incentrata sul ruolo delle "immagini del pensiero" (Denkbilder) e sull'uso di analogie quali strumenti essenziali della conoscenza umana.
In questo scritto, la "questione della tecnica", che potremmo definire il grande argomento che dalla seconda metà del Novecento ha agitato il pensiero filosofico, è posta come interrogazione del senso - significato e direzione - delle trasformazioni che le nuove tecnologie informatiche imprimono ad alcune nostre personali, individuali, esperienze umane. Viviamo in un'epoca di addomesticamento tecnologico. Le macchine ci sono diventate familiari, ci seguono ovunque, le portiamo con noi, ne dipendiamo sempre di più per il nostro lavoro, i nostri svaghi e i nostri affetti. Al di là di utopie e distopie, questo saggio assume, perciò, come prospettiva, quella del fruitore dei nuovi artefatti tecnologici e tenta di indagarne alcune esperienze. La categoria dell'essere altrove definisce uno degli aspetti più rilevanti e, forse, meno indagati della nostra esperienza segnata dai rapporti con e attraverso le macchine. L'ambiente digitale rende presente ciò che è assente, permette di trascendere tempi e luoghi, trasforma le dimensioni del potere e delle relazioni, ci fornisce un'esperienza disincarnata sempre più esposta alle dimensioni simulative ed emulative dell'intelligenza artificiale.
Il volume è una raccolta antologica dei test appartenenti alle quattro religioni: quella ebraica, cristiana, musulmana e buddista.
Antiche di secoli e di millenni, esse sono tuttavia le grandi religioni del nostro tempo. Ciascuna ha un corpo di scritture sacre a cui si richiama e si è sempre richiamata nel corso della storia: l'Antico Testamento, il Nuovo Testamento, il Corano, il Tipitaka.
Come chiosa l'autore stesso nella prefazione: "A queste antiche parole tutti dobbiamo accostarci con reverenza. In esse milioni e milioni di uomini da secoli e secoli hanno creduto e credono e trovano conforto e speranza. Esse sono, per il credente, le parole della sua fede, e per esse egli è portato a ignorare, a trascurare, a svalutare, le altre".
Secondo Barthes, il gesto del puntare è il principio essenziale del documento visivo, e proprio da tale assunto ha origine questo corrosivo saggio sulla fotografia composto da fotografie. Fontcuberta, tra i più grandi fotografi e critici viventi, riflette sulla condizione crepuscolare della fotografia a partire da alcune critiche al pensiero canonico di Roland Barthes. Per il filosofo francese, ogni fotografia ci indica che "questo è stato" (ça-a-été), un messaggio generico ed essenziale che però oggi non basta più: occorre infatti risolvere la fastidiosa indeterminatezza di ciò che intendiamo con "questo". Se tutta la fotografia non è altro che il risultato di diverse operazioni di "posa", cioè di teatralità, vale la pena chiedersi se la macchina fotografica possa in effetti confrontarsi con una realtà "reale" o se la sua missione si limiti alla sola descrizione di un set.
Testi di: Floriana Ferro, Luca Taddio, Silvia Capodivacca, Nicoletta Cusano, Floriana Ferro, Gabriele Giacomini, Jacopo Menghini, Massimo Durante, Francesco Tormen, Francesco Valagussa.
Cosa sia l'atto medico è la questione che viene discussa nella doppia chiave pratica e teoretica, scientifica ed empirica assunta nel tentativo di leggere la questione dell'atto medico sia con gli occhi del medico sia con gli occhi del paziente, l'uno centrato verso il cosa fare tecnico, l'altro tutto preoccupato dal cosa fare emozionale-affettivo. E qui un interrogativo sorge ed è elementare: può il primo "farsi", quello tecnico, ignorare il secondo, quello emozionale? In termini meno elementari: può il medico trattare il paziente come corpo, e il corpo del paziente può essere inteso come un "corpo docile" manipolabile o come "corpo-macchina" trasparente? Il "cosa" dell'atto medico e il "come" della cura, forse, si ripropongono anche attorno a queste questioni, elementari e fondamentali anche nel senso di fondative.
Originariamente pensato come capitolo iniziale de "L'essenza della manifestazione", il testo venne poi da esso scorporato e pubblicato in maniera autonoma. Il tema del corpo riveste per Henry un interesse fondamentale: mentre ne "L'essenza della manifestazione" per porre il problema della conoscenza di sé su una base corretta egli si era sforzato di ritrovare la modalità fondamentale dell'apparire, quella per cui l'apparire appare - non come parvenza né come appariscenza - immanentemente a sé stesso, "Filosofia e fenomenologia del corpo" chiarisce più in dettaglio come questo piano includa una riflessione sul corpo e non possa ritenersi completo senza di essa. Il testo si pone così come compagno di viaggio ed estensione dell'Essenza, prendendo in analisi una figura altamente simbolica in quanto pionieristica, quale tale può essere considerato Maine de Biran, pioniere della 'corporealité'. Avendo notato l'assenza di una riflessione filosofica volta a considerare il corpo, elaborò la sua proposta di corpo soggettivo che è l'Io stesso, riprendendo e superando il problema delle due sostanze eterogenee posto dal dualismo cartesiano.
Il libro approfondisce i temi del benessere e della felicità attraverso il contributo delle scienze sociali inserite in una più ampia cornice antropologico-filosofica. Tramite la riflessione sulla "vita buona" come fine ultimo dell'esistenza umana, il saggio prova a rispondere all'urgenza pratica di ripensare orizzonti di senso possibili e percorribili di fronte alla complessità del tempo presente. Attingendo all'eredità dei classici, in particolare Aristotele e Tommaso, alla sociologia relazionale e al magistero sociale della Chiesa, il volume intesse un dialogo con l'etica antica per riscoprirne i fondamenti e offrire una "terza via", alternativa all'emotivismo relativista e alla deriva dogmatica, esplorando il legame esistente tra virtù e desiderio e riabilitando, infine, la narrazione e la parola poetica nella costruzione dell'agency soggettiva.
Non esiste cultura che non abbia elaborato universi simbolici di senso, esercitando una razionalità rivolta a interpretare e comprendere il mondo, a esaminare i principi alla base dell'agire, a definire il vero, il buono, il bello, e soprattutto l'Umano. Il concetto che gli uomini hanno di se stessi come persone varia nel tempo e nello spazio sollevando questioni teoriche profonde: cosa è universalmente costante dell'Umano e cosa è culturalmente variabile? Come si possono spiegare queste variazioni? In che modo le proprie nozioni della persona diventano escludenti rispetto alle altre? A partire da quale paradigma assiologico transculturale si può essere motivati a impegnarsi per realizzare progetti globali comuni per il rispetto della vita umana, per condizioni di vita più dignitose per tutti, per il clima, per il diritto di essere diversi? L'autrice si confronta con il pensiero filosofico africano, indiano, con un accenno anche a quello cinese, cercando di individuare un paradigma comune, una prospettiva persona da ri-proporre e attualizzare nei contemporanei, complessi, multiculturali scenari socioculturali emergenti. Prefazione di Cecilia Costa.
Tradizionalmente considerata un'opera cruciale per il passaggio dal Wittgenstein del Tractatus logico-philosophicus a quello delle Ricerche filosofiche, il Libro blu raccoglie una serie di osservazioni filosofiche sulla natura del linguaggio, a partire da concetti cardine come significato e intenzione, e sul rapporto tra filosofia e scienza. È un esempio tipico della concezione wittgensteiniana della filosofia, intesa essenzialmente come un metodo per liberare l'uomo dai "crampi mentali" e dissolvere la nebbia che avvolge l'uso comune del linguaggio.
Dimenticato dagli eredi più o meno degni della tradizione del movimento operaio, Marx viene invece letto, citato e celebrato dagli organi di stampa della grande finanza mondiale, dall'"Economist" al "Financial Times". Un paradosso solo apparente, che si spiega con il crescente interesse delle classi dominanti verso la grande ambizione del metodo scientifico marxiano: disvelare le "leggi" di movimento del capitalismo per tentare di anticipare le sue traiettorie. La più rilevante di queste "leggi" trae origine dalla feroce competizione tra capitali che ogni giorno sui mercati determina vincitori e vinti, con i primi che "uccidono e mangiano" i secondi: è la cosiddetta tendenza verso la centralizzazione dei capitali in sempre meno mani, che inedite tecniche di ricerca consentono oggi di verificare empiricamente. Ma questa tendenza non riguarda solo la sfera economica. La sua forza dirompente agisce a tutti i livelli e contribuisce a delineare i tratti distintivi di questo tempo carico di minacce: dal declino delle democrazie liberali alle recrudescenze imperialiste, fino ai nuovi venti di guerra globale.