DESCRIZIONE: Se volessimo rappresentare in un grafico gli echi e i temi biblici nella letteratura dall’Illuminismo al Decadentismo, ci accorgeremmo subito dell’impossibilità di tracciare una linea retta o abbastanza regolare, ma piuttosto dovremmo seguire una curva oscillante fra le depressioni delle stagioni di egemonia laica, nell’età giacobina e in quella positivistica, e le alture di risorgente religiosità, dal fervore romantico allo spiritualismo decadente, con i vertici toccati da Manzoni, in prosa e in versi, campione capace da solo di tener testa alla folta e valente schiera della parte avversa, da Foscolo a Carducci. L’irregolarità della linea è poi accentuata da autori che assumono una posizione aconfessionale, quando non polemica, ma che sono nutriti di letture scritturali e dialogano con l’agiografia.
Emerge in molti autori della seconda metà dell’Ottocento una perdurante forma mentis cristiana, con le debite conseguenze anche sul piano del linguaggio: prima di sposare una visione immanentistica, questi scrittori non escludono a priori la lettura e il dialogo con le Sacre Scritture. Una lettura della Bibbia i cui riflessi diversamente si scorgono nelle opere di Alfieri, Parini, Leopardi, Belli, Verga, Pascoli.
Tessere, queste, che potranno arricchire il mosaico delle riscritture del sacro che in questo libro presenta già una fisionomia tutt’altro che vaga o scontata.
COMMENTO: Da Alfieri a Pascoli, a Leopardi, a Manzoni, a Monti, a Verga un'analisi originalissima della presenza della Bibbia negli autori dell'Ottocento italiano.
PIETRO GIBELLINI insegna Letteratura italiana all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Filologo e critico, ha curato vari classici italiani (fra cui l’edizione critica dell’Alcyone di D’Annunzio (Mondadori 1988); fra i suoi volumi critici ricordiamo Logos e mythos (Olschki 1985) e Il calamaio di Dioniso (Garzanti 2001). Per la Morcelliana ha pubblicato La parabola di Renzo e Lucia (1994) e ha diretto Il mito nella letteratura italiana (5 voll. 2003-2009).
NICOLA DI NINO collabora con i Dipartimenti di Italianistica di Ca’ Foscari e della Columbia University. Oltre a scrittori dell’Otto e del Novecento, ha studiato la letteratura romanesca, pubblicando il poema di Giuseppe Carletti, L’incendio di Tordinona (Il poligrafo 2005), la monografia Giuseppe Gioachino Belli poeta-linguista e il Glossario dei Sonetti di G.G. Belli e della letteratura romanesca (ivi 2008).
DESCRIZIONE: Génesis in greco, prima di indicare il racconto biblico della creazione, allude a ciò che diviene e il latino natura significa “quello che dovrà nascere”, in una visione dinamica della vita e dell’universo. E il nesso tra passato-presente-futuro di ogni racconto si coglie nell’ebraico toledot – storie, letteralmente “generazioni” – che implica un costante pensiero rivolto a coloro che verranno. Ogni narrazione delle origini è un discorso di “natura”, proprio per la natura proiettiva del discorso. Fino a Galileo – alla sua condanna – e a Darwin, libro della Natura e libro della Scrittura dovevano, potevano coincidere. Poi i due libri divergeranno sempre più, fino al 1859, quando esce L’origine delle specie di Darwin. Ne derivò il cosiddetto “conflitto epistemologico” che oppone sino ad oggi scienza e fede, scienza e Bibbia. Eppure il rapporto tra Bibbia e scienza non può più porsi in questi termini: come infatti vi è una scienza della natura che procede secondo i propri canoni, per quanto complessi e riformabili, così vi è una scienza esegetica che ha ormai alle spalle una lunga storia, ben diversa dal letteralismo interpretativo, il quale dimentica, come già diceva Maimonide, che la Genesi non insegna come Dio ha creato il mondo, ma come dal mondo si va a Dio.
COMMENTO: Che rapporto c'è tra Bibbia a scienza? Che cosa dicono sul piano cosmologico le pagine bibliche rispetto alla ricerca scientifica sulle origini e la costituzione dell'universo? A queste domande cercano di rispondere alcuni dei maggiori specialisti, tra esegesi biblica e prospettive scientifiche.
SAGGI DI : Paolo De Benedetti - Stefano Ferluga - Giulio Giorello - Pietro Greco - Amos Luzzatto - Giuliano Pancaldi - Alberto Piazza - Gian Luigi Prato - Pietro Redondi - Piero Stefani.
BIBLIA, Associazione laica di cultura biblica, da più di vent'anni si propone un compito di alta divulgazione e conoscenza biblica.
L'aggettivo "laico" che figura nella sua titolazione allude alla dimensione accogliente dell'Associazione, di cui fanno ugualmente parte cristiani di ogni confessione, ebrei e agnostici, purché interessati al dialogo, allo studio dei testi criticamente e scientificamente fondato.
Per questo da sempre articola la sua azione in seminari, convegni, viaggi di studio, che si tengono in ogni parte d'Italia e all'estero, cui sono invitati a partecipare i maggiori specialisti italiani e stranieri.
Per dare maggiore visibilità e diffusione al suo lavoro, alla ricchezza dei materiali raccolti, l'Associazione ha deciso di avviare la pubblicazione di: I libri di Biblia/Studi e I Libri di Biblia/Testi.
Nella prima serie si presentano i risultati più significativi dei convegni annuali; nella seconda si pubblicano libri anticotestamentari, neotestamentari, deuterocanonici, apocrifi, accompagnati da un saggio introduttivo e da un'appendice storico-critica.
DESCRIZIONE: Mai come oggi gli uomini si sono trovati a vivere tanto «prossimi» gli uni agli altri, in tempo reale, nel bene e nel male, tutti insieme. Il prossimo si è fatto a noi tanto prossimo da non consentire più di sentirci liberi di scansarlo o di accostarlo quando lo si incontra, come allora, sulla strada da Gerusalemme a Gerico. Per riacquistare la giusta distanza e la doverosa lungimiranza può giovare l’aiuto di un grande pensatore e di un grande credente: Søren Kierkegaard. Negli Atti dell’amore, l’opera che pubblicò nel 1847, al culmine della sua produzione letteraria, egli tratta del problema del «prossimo» a partire dalla capacità e dal dovere di ogni uomo di compiere atti vittoriosi su ogni egoismo. Il suo percorso è originale: egli non considera l’uomo come naturalmente egoista, nemmeno nel senso di egoismo come «amore di sé», che pensatori sia antichi sia moderni pongono come presupposto più che legittimo per indicare poi le vie virtuose idonee a fare evolvere in senso altruistico tale connaturato egoismo. Kierkegaard parte dall’alto, da ciò che è «supremo» in ciascun uomo, dagli atti dell’amore, e proprio in questi riscopre la presenza dell’umano-in-tutti: un tesoro nascosto, tutt’altro dall’incorreggibile «legno storto» di kantiana memoria.
Queste «riflessioni» sono filosofiche, ma possono avere come oggetto gli atti dell’amore solo in quanto esse sono cristiane. Kierkegaard è convinto, e lo dimostra qui a più riprese confrontandosi con «i pagani», ossia con la filosofia greca, che solo il cristianesimo ha scoperto che esistono atti d’amore, e soprattutto che questi possono e debbono essere compiuti da ogni uomo, dunque anche dai non credenti, in ogni tempo.
COMMENTO: Una nuova traduzione, curata da uno dei maggiori esperti italiani di studi kierkegaardiani, di questo testo ormai classico in cui il filosofo danese espone la teoria dell'amore cristiano, inserita nella NUOVA COLLANA DI FILOSOFIA.
UMBERTO REGINA insegna filosofia morale presso l’Università di Verona. Tra le sue opere pubblicate da Morcelliana ricordiamo: La vita di Gesù e la filosofia moderna (1979); L’uomo complementare. Potenza e valore nella filosofia di Nietzsche (1988); Servire l’essere con Heidegger (1995); Kierkegaard. L’arte dell’esistere (2005) e ha curato con Ettore Rocca, Kierkegaard contemporaneo. Ripresa, pentimento, perdono (2007).
DESCRIZIONE: Nel panorama della lirica tedesca del Novecento la parola poetica di Marie Luise Kaschnitz (1901-1974) si distingue per aver saputo esprimere la consapevolezza della realtà senza mai cedere, di fronte alla devastazione e al mistero del dolore, alla tentazione del silenzio o di un indecifrabile ermetismo. La quotidianità della seconda guerra mondiale e, alcuni anni dopo, la morte del marito, furono esperienze di vita che segnarono profondamente l’evoluzione della scrittura lirica della Kaschnitz verso toni e forme di grande modernità; ad esse però si aggiunse un’esperienza estetica decisiva, ovvero l’intenso confronto con i quadri del pittore francese G. Courbet (1819-1877), del quale la poetessa scrisse la biografia fra il 1941 e il 1943, in una Francoforte sotto perenne minaccia di bombardamenti.
Osservatorio privilegiato per individuare le prime tracce del cambiamento è la produzione lirica che corre parallela alla stesura del volume sul pittore francese. Trarre dall’oblio una delle voci più significative della letteratura tedesca del Novecento significa mostrare, come si fa in queste pagine, l’originalità dello stile poetico di M.C. Kaschnitz.
COMMENTO: La poesia della grande autrice tedesca (1901-1974), tra i più importanti poeti del '900, alla luce della sua interpretazione dei quadri di Courbet. Un libro originale, di storia della letteratura tedesca, arricchito di preziose illustrazioni (9 pagine a colori).
LUCIA MOR è professore associato di Letteratura tedesca presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ha pubblicato studi sulla ricezione dell’antico Egitto nella letteratura tedesca del XVIII secolo, con particolare riguardo a Schiller, Novalis e Wieland. Si è occupata anche di lirica tedesca del XX secolo con saggi su M. Kommerell e M.L. Kaschnitz. Per Morcelliana ha curato due numeri di Humanitas, Letteratura tedesca e religione (5/2005) e Faust nelle letterature europee (5-6/2007).
Sommario: Bertoletti I., Lo Stato liberale secolarizzato e il pluralismo religioso; Celada Ballanti R., Leibniz. Teodicea della storia e storiografia; Ghia F., Lessing. Le "linee curve" della storia tra Provvidenza e teodicea: Tonelli I., Spinoza. "L'antico Dio vive ancora". L'interpretazione di Friedrich Nietzsche; Ghia F., Max Weber. La teodicea come risposta religiosa alla disuguaglianza; NUTI A., Simone Weil. Il problema del male; Porzio E. M., John Hick. La teodicea come "formazione delle anime". Note e rassegne: Canobbio G., Sullo Straniero; Caberlin F., La Grande Guerra tra mito e storiografia; Vercesi M., Oracoralità in Biagio Marin.
Con la parola anima (ebraico nefeš, greco psyché) la teologia cristiana, permeata dalla cultura ellenistica, ha pensato, insieme, l’identità dell’uomo e il suo destino ultimo. Regge questo modello antropologico di fronte alle scoperte delle neuroscienze, con il loro ridurre a «mente» ogni funzione spirituale? Un riduzionismo naturalistico che rappresenta la sfida dalla quale parte questo libro per ripensare la funzione e il significato del concetto di anima. Un ripensamento della tradizione nelle sue molteplici voci (la Scrittura, i Padri, Tommaso, i documenti del Magistero, il dibattito teologico contemporaneo), che diventa rivisitazione della classica antitesi dell’escatologia cristiana: «immortalità dell’anima o risurrezione dei corpi?». L’ipotesi è che questo concetto possa, ancor oggi, render conto del rapporto dell’uomo con sé, con gli altri e con Dio: «L’anima è l’uomo nel suo volgersi consapevole al principio e al fondamento del tutto».
I lavori di Asin Palacios, di Corbin, di Izutsu hanno fatto conoscere al pubblico occidentale la singolare figura d’Ibn ‘Arabî. Nato in Andalusia nel 1165, morto a Damasco nel 1240, colui che è stato soprannominato Al-Shayk al-Akbar – il Maestro spirituale per eccellenza – esercita da otto secoli una grande influenza sulla mistica islamica, suscitando al contempo presso gli avversari del sufismo, ancora oggi, attacchi di una violenza estrema.
Se i tratti principali della metafisica d’Ibn ‘Arabî cominciano a essere conosciuti, la sua «agiologia» non è stata fino ad oggi che solo parzialmente esplorata e costituisce la prima formulazione globale e coerente, nel pensiero islamico, di una dottrina della santità che ne definisce nell’insieme la natura e la funzione e precisa i criteri di una tipologia dei santi fondata sulla nozione di eredità profetica. Essa inoltre chiarisce il problema controverso dell’origine del «culto dei santi».
L’opera di Michel Chodkiewicz, basata su un’analisi minuziosa dei testi, presenta i dati essenziali di quest’aspetto dell’insegnamento di Ibn ‘Arabî, un insegnamento in cui l’esposizione teorica non è mai separabile dall’esperienza visionaria che la ispira. Esso si conclude con una descrizione dettagliata in due fasi – ascesa verso Dio, discesa verso le creature – del viaggio iniziatico il cui compimento fa del santo il necessario mediatore tra il Cielo e la Terra: così la fine dei santi non è che un altro nome della fine del mondo.
Cecilio Cipriano Tascio (inizio III sec. - 14 settembre 258) si convertì al cristianesimo in età matura e ben presto divenne vescovo di Cartagine. Ricoprì la carica episcopale per circa un decennio, guidando con fermezza e autorevolezza la Chiesa africana in un periodo di grave crisi, segnato da persecuzioni, pestilenze e scismi, e rivelando oltre ad una personalità determinata ed energica, anche doti di pastore benevolo, sollecito e premuroso nei confronti dei suoi fedeli. La sua produzione letteraria risente profondamente del clima difficile e confuso degli anni a cavallo della metà del III secolo e deriva direttamente dall’attività pastorale, rispondendo a problemi e situazioni che erano sorte in seno alla comunità cristiana africana. Non scrisse pertanto opere teologiche, speculative o polemiche, ma prevalentemente opere pastorali in cui predomina l’aspetto parenetico; esse ne rivelano lo spirito pratico, le doti umane e la profonda conoscenza dell’animo e delle debolezze degli uomini. La sua missione fu coronata dalla palma del martirio, circostanza che contribuì ad accrescerne la fama anche oltre i confini africani e che consegnò ai secoli successivi una figura ideale di vescovo e martire.
Solo nel XIX secolo si è risvegliato un nuovo interesse per Gregorio di Nissa, il più giovane dei Padri Cappadoci (335-395 ca.): un proliferare di studi che valicano i confini isolati dei soli cultori di patristica. Un serio interesse scientifico verso uno dei più grandi autori dell'epoca tardo-antica che in queste pagine prende corpo seguendone l'opera e il pensiero e dando una analitica interpretazione dei punti più problematici - ma anche più significativi per la posterità - attraverso una minuziosa indagine esegetica, sempre compiuta facendo riferimento ai testi originali. Un tentativo di ricostruzione storico-critica del Cappadoce, come figura poliedrica: "ricercatore" appassionato, letterato versatile, profondo conoscitore della cultura antica e autentico mistico. Il lavoro è diviso in quattro sezioni: alla parte introduttiva ne segue una dedicata al pensiero su Dio e una alla dottrina antropologica, mentre l'ultima è dedicata alla cristologia, ecclesiologia ed escatologia. È una sintesi che tenta di armonizzare in un quadro organico la complessa produzione di Gregorio. Sintesi auspicata da Jean Daniélou, uno dei suoi più grandi interpreti novecenteschi, cui si deve la definizione di fondatore della "teologia mistica" attribuita al nisseno per la sua profonda indole teoretico-speculativa.
Questo libro raccoglie interventi di alcuni maestri delle scienze umane, che, in misura diversa ma ogni volta decisiva, hanno affrontato il tema del sacro e dei suoi rapporti con l’uomo: G. Bateson, R. Caillois, E. Cassirer, L. Dumont, È. Durkheim, M. Eliade, R. Girard, C.G. Jung, K. Kerényi, J. Frazer, S. Freud, M. Weber. Il sacro emerge come una costante provocazione delle dimensioni sociali, culturali ed emotive della vita quotidiana. Seguendo un’intuizione fondamentale di Émile Durkheim, le istituzioni sociali sono proprio questo: sono il teatro, la messa in scena del sacro e delle sue continue crisi e riformulazioni. È dunque a partire da un osservatorio sociologico che il testo organizza il suo itinerario, individuando quattro grandi aree tematiche in cui il sacro avvince e condiziona i soggetti, li rende di volta in volta vittime o carnefici, padroni del campo o invasori, spettatori stupefatti o attori responsabili della storia. Emozioni, credenze, miti e riti sono il reticolato teorico all’interno del quale il sacro si configura come occasione di riflessione e di pensiero. La struttura antologica del libro rende inoltre agevole l’accesso a testi altrimenti poco consultabili al di fuori delle cerchie specialistiche; nondimeno ogni area tematica è corredata da un’ampia trattazione, mentre a ciascun autore è preposta una scheda di presentazione che ne descrive il profilo teorico e biografico.
Il secondo tomo del terzo volume dell'Opera Omnia di Romano Guardini pubblica, in prima mondiale, l'Antropologia. Con documenti inediti.